
L’Unione Europea dovrebbe varare oggi l’annunciato nuovo pacchetto di sanzioni, il sesto, nei confronti della Russia di Putin. Mentre c’è attesa per il discorso che il presidente americano, Joe Biden, pronuncerà sulla guerra in Ucraina e sull’invio di nuove armi a Kiev. In uno scenario sempre più imprevedibile l’Europa non riesce ad uscire dall’impasse che lega il piano politico del conflitto alle conseguenze sugli approvvigionamenti energetici e, dunque, sull’economia. La decisone di Putin di interrompere le forniture di gas a Polonia e Bulgaria è stato un segnale molto forte mandato agli europei che dipendono dal combustibile russo. Lasciando intendere che già quattro Paesi Ue (ma non si sa quali) starebbero pagando in rubli, come richiesto da Mosca. Mai come in questo momento le materie prime sono un’arma di pressione politica per il Cremlino e l’Europa fatica a prendere una decisone sull’embargo totale sugli idrocarburi russi.
Il fattore energia sta condizionando in maniera determinante il dibattito nel Vecchio Continente che rischia di rimanere schiacciato tra Stati Uniti da un lato e Russia dall’altro. Con la Gran Bretagna di Boris Johnson che si muove con fin troppo dinamismo per dare il suo sostegno a Washington e che attacca e minaccia direttamente Mosca. In questo contesto il premier italiano, Mario Draghi, volerà nella capitale degli Stati uniti il prossimo 10 maggio per incontrare l’inquilino della Casa Bianca. Un incontro che il governo di Roma, tra i più filo-atlantisti d’Europa, sta preparando con cura. Draghi nel bilaterale con Biden darà spazio certamente anche al problema dell’energia e dell’aumento dei prezzi che sta condizionando il mercato globale. Sappiamo che Palazzo Chigi insieme alla Farnesina, dall’inizio del conflitto in Ucraina, si muove per una diversificazione dei nostri approvvigionamenti di gas. Con l’obiettivo di allentare, fino ad esaurirla, la dipendenza dalla Russia. Ma quello che gli Usa possono aumentare verso di noi è l’esportazione di gas liquefatto, che per l’Italia non è il massimo della convenienza in termini di prezzo e di costi per la rigassificazione.
Di certo la priorità di Draghi è rinsaldare ulteriormente i rapporti di amicizia che legano Roma a Washington e promuoversi come interlocutore di rilievo dell’America. Cercherà di farlo portandosi dietro però il fardello di una maggioranza poco omogenea, che in parte non guarda con favore alle scelte d’Oltreoceano sulla guerra ucraina. Tuttavia le parole di ieri del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, la dura posizione espressa nel suo intervento al Consiglio d’Europa nei confronti della Russia, che “ha scelto di collocarsi fuori dalle regole”, sono un buon viatico per la missione a Washington del premier. Fermo restando che il capo dello Stato ha anche spinto perché sia il modello della Conferenza di Helsinki a guidare i passi delle grandi potenze per una soluzione del conflitto, non il vertice di Yalt. In cui nel 1945 Roosevelt, Stalin e Churchill decisero da soli l’assetto post bellico mondiale.
Prima della tappa statunitense il presidente del Consiglio parlerà martedì al Parlamento di Strasburgo. Anche se più defilata da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, l’Italia ha bisogno di tornare ad avere un ruolo centrale in questo momento difficilissimo della storia Ue. Si tratta di rilanciare il dialogo e la cooperazione per restituire all’Europa una soggettività politica che Bruxelles rischia di perdere, scavalcata dal peso di parole sempre più dure tra Stati Uniti e Russia. E’ il momento di uscire dallo stallo con la collaborazione di tutti. La guerra è sul suolo europeo, è bene ricordarlo.