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L’Italia e l’Europa

Gli effetti della guerra, l’Ue dovrà pensare a misure straordinarie

Palazzo Chigi vara nuovi interventi mentre Bruxelles studia modifiche ai Pnrr. Ma basteranno per fronteggiare la crisi e il pericolo di una recessione?

Gli effetti della guerra, l’Ue dovrà pensare a misure straordinarie

Quella che si apre per Mario Draghi è una settimana piena di impegni sul fronte interno come sul piano internazionale. Oggi il premier presiederà il Consiglio dei Ministri chiamato a deliberare sul nuovo decreto per gli aiuti alle famiglie e alle imprese, per una cifra che dovrebbe ammontare a 7,5 miliardi di euro. Tra le misure non sono però previste quelle sul cuneo fiscale per la riduzione del costo del lavoro, probabilmente rinviate ad un momento successivo.  Prima della seduta è prevista una riunione con i rappresentanti delle tre sigle sindacali: Cgil, Cisl e Uil. Il clima con le parti sociali, compresa Confindustria, non è disteso. La crisi morde, la congiuntura economica è complessa, i 20 miliardi che in quattro mesi l’esecutivo ha stanziato per fronteggiare il caro energia e le ricadute economiche potrebbero non bastare. Pochissimi giorni fa il ministro dell’Economia, Daniele Franco, ha dichiarato che il governo sarebbe pronto a scelte di politica economica più “ambiziose”, ma si aspetta che l’Unione Europea faccia altrettanto. 

 

A Bruxelles c’è fibrillazione: la guerra in Ucraina, la necessità di ridurre progressivamente la dipendenza dai combustibili russi, l’inflazione, il calo della crescita, l’instabilità dei prezzi, sono tutti fattori destabilizzanti e per i quali bisogna correre ai ripari. Lo scenario economico sta cambiando così rapidamente da rendere superati, in parte, gli interventi straordinari previsti per arginare le conseguenze di colli di bottiglia, strozzature dell’offerta, balzo della domanda, lockdown e volatilità dei prezzi durante la pandemia. Il Next Generation Eu subirà una sorta di allineamento e nelle prossime settimane la Commissione europea di Ursula Von der Leyen dovrebbe prevedere alcune modifiche formulate sulla base delle esigenze dei singoli Stati. I Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza dovranno essere adattati alle mutate condizioni economiche. Per il momento non si parla però di un Recovery fund dedicato all’energia. Bisognerà attendere lo sviluppo del dibattito nelle sedi preposte. Sul tavolo anche le modifiche del Patto di Stabilità e Crescita, su cui la discussione è partita da tempo.

 

Domani Mario Draghi interverrà alla plenaria del Parlamento europeo. In quella circostanza potrebbe chiedere all’Ue un’accelerazione su interventi più audaci per scongiurare il pericolo di una recessione. L’Italia è convinta che - anche stavolta - senza un intervento deciso e straordinario delle istituzioni europee sarà difficile superare la crisi in atto, sulla cui durata nessuno è in grado di fare previsioni perché nessuno sa quali siano le reali intenzioni di Vladimir Putin. Il che rende impossibile elaborare ipotesi sul prossimo futuro dell’economia europea e mondiale.

 

C’è poi il tema dell’energia che preme più di tutti e che, per i singoli Stati membri, è anche un problema di sicurezza nazionale. Per Roma, ad esempio, l’emancipazione dalle forniture russe è una assoluta priorità. Accelerare sulle rinnovabili, aumentare gli impianti per la rigassificazione, intensificare l’utilizzo delle centrali a carbone per tornare a decarbonizzare una volta finita l’emergenza, sono le linee guida entro le quali Palazzo Chigi si muove. Fermo restando la messa in essere di contratti con nuovi fornitori esteri e l’aumento della portata di quelli in vigore. In questo scenario è chiaro che le misure nazionali hanno il loro peso fino ad un certo punto. Caro energia, inflazione e decrescita sono fenomeni di portata internazionale. Siamo tutti legati in una sorta di effetto domino globalizzato. E gli organismi europei hanno un ruolo basilare per studiare e mettere in atto scelte di politica economica di contenimento degli effetti della crisi.

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