
La discussione sull’embargo al petrolio russo rischia di restare ancora in stand by. Oggi il presidente dell’Ungheria, Victor Orban, secondo quanto riporta il Financial Times, avrebbe rimarcato che il problema è quello di finanziamenti alternativi per la sostituzione del petrolio che arriva da Mosca. Dunque Budapest, per sedersi al tavolo e chiudere la partita del sesto pacchetto di sanzioni, chiede che prima ci siano aiuti perché l’Ungheria possa fare a meno del combustibile fossile della Federazione russa. Le richieste del presidente ungherese sarebbero già pervenute a Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, la cui prossima riunione è in programma per fine maggio. In ogni caso, Orban è netto: “non se ne parli al vertice Ue”. E avverte: parlare di sanzioni “in assenza di consenso sarebbe controproducente” e metterebbe solo “in evidenza le divisioni interne senza offrire una possibilità realistica di risolvere le divergenze”.
La strada è stretta. Il vice presidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, fa sapere quale è la posizione dell’organismo guidato da Ursula Von der Leyen, pur non essendo la “Commissione a definire l’ordine del giorno del summit dei leader”, ovvero del Consiglio europeo. “Si è parlato dell’embargo al petrolio all’Ecofin”, il Consiglio Economia e Finanza. “E’ importante non indugiare più sul sesto pacchetto di sanzioni”, dice. “Se si pensa all’embargo sul petrolio si consideri che prima della guerra il 62% dell’export della Russia verso l’Unione Europea era composto da idrocarburi. Si tratta della principale fonte di finanziamento alla guerra ed è importante, quindi, decidere senza ritardi”. Questa è la posizione della Commissione: non indugiare ancora e varare le nuove sanzioni “entro la pausa estiva”. Vedremo.
In queste ore a Bruxelles si susseguono gli incontri, la maggior parte in videoconferenza, tra Michel e i premier di diversi Stati membri. Dalla prima ministra finlandese, Sanna Marin, al primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, da quello sloveno Janez Janša a quello belga Alexander De Croo. Faccia a faccia sono in programma anche con i premier austriaco, croato e svedese. In serata è previsto un incontro con lo stesso Orban.
In ogni caso, il tempo stringe e la mancanza di una risposta unitaria sulle nuove sanzioni contro Putin sarebbe un insuccesso. Ugualmente se si indugiasse ancora su una decisione. L’Ue è al lavoro ormai da settimane. Come è noto senza unanimità il Consiglio non può adottare alcun indirizzo. E Budapest in questo momento è in contrasto con Bruxelles su diversi fronti. Nei confronti del Paese magiaro è in atto una procedura per verificare l’opportunità di sospendere alcuni diritti di adesione per violazione grave e persistente dei principi su cui poggia l’Ue. Le dichiarazioni della ministra ungherese della Giustizia, Judit Varga, a margine dell’audizione di oggi in Consiglio Affari generali sono tutt’alto che distensive.
“La procedura di cui all'articolo 7” dei Trattati europei “sta diventando onerosa per chi l’ha attivata e va oltre l’analisi dei rispettivi ordinamenti giuridici”. Secondo l’esponente del governo di Orban il meccanismo sarebbe stato avviato dal Parlamento europeo “pro-immigrazione e dominato dalla sinistra” allo scopo di “esercitare pressioni politiche” sull'Ungheria. “A questioni politiche si possono dare solo risposte politiche”, afferma. Come a dire: per l’Ungheria non è solo questione di petrolio.