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Gli effetti del voto

Salvini e Conte, il tentativo di rilanciare il consenso personale

Lanciano avvertimenti al governo ma nei loro partiti sono ‘osservati speciali’. A Napoli respinto ricorso contro l’ex premier. Basterà per la leadership?

Salvini e Conte, il tentativo di rilanciare il consenso personale

I generali affermano che le loro truppe sono pronte a uscire dal patto di governo guidato da Mario Draghi ma poi tengono il punto: Giuseppe Conte assicura che i 5S non usciranno dalla maggioranza ma non staranno nemmeno “zitti e buoni”. Pure Matteo Salvini offre le sue rassicurazioni ma si dà un tempo: “Attendo risposte entro l’estate, temo un autunno molto difficile. Ci sono tre mesi per sminare il terreno”.

 

I due sconfitti del primo turno di amministrative cercano un riposizionamento per riprendere fiato e prepararsi ad affrontare la strada in salita in vista delle elezioni politiche del 2023. Il loro non è solo un problema legato al consenso, che le formazioni politiche che guidano evidentemente hanno, anche se con dei distinguo di rilievo. In ballo, da qui alla prossima primavera, c’è la loro leadership. Salvini, dopo l’errore madornale sui referendum sulla giustizia e lo smacco subito dalla Meloni, che lo ha superato dimostrando la capacità trainante di Fratelli d’Italia nella coalizione di centrodestra, è una sorta di ‘osservato speciale’ nel suo partito. Giancarlo Giorgetti, Luca Zaia e Massimiliano Fedriga non è detto che aspetteranno ancora per presentare il conto al Capitano. A lui di errori ne sono stati perdonati tanti ma solo perché in passato è stato capace di fare del Carroccio il primo partito italiano.

 

Quei tempi sono lontani e Salvini ha perso il flauto magico che lo ha reso abile comunicatore e conquistatore di voti. La reazione immediata del leader leghista alla sconfitta è stata per ora di annunciare battaglia al Senato sulla riforma Cartabia e le prime fibrillazioni si sono già viste, in particolare sulle disposizioni che riguardano il Consiglio Superiore della Magistratura. Se la Lega davvero scaricherà il peso delle fragilità emerse in questa tornata elettorale sulle dinamiche parlamentari, si pensi alle comunicazioni del 21 giugno che precedono il Consiglio europeo del 23 e del 24, gli scossoni sulla giustizia potrebbero essere solo un anticipo di quello che accadrebbe a fine anno per approvare la legge di Bilancio.

 

In casa Cinque Stelle il leader Conte si trova in una posizione molto simile: il suo Giorgetti si chiama Luigi Di Maio, che nominalmente nel partito ha il rango di colonnello, di fatto è un generale che governa i suoi soldati posizionati saldamente nei banchi del Parlamento, dove il Movimento è ancora il partito di maggioranza relativa. La vicenda giudiziaria presso il Tribunale di Napoli che ha emesso oggi la seconda sentenza e che riconosce la legittimità del suo incarico a capo dei pentastellati si chiude a suo favore. Ma Conte è in affanno e pure il partito. Sull’invio delle armi a Kiev il 21 giugno è una data che molti 5Stelle attendono con trepidazione per vedere come Draghi si presenterà alle Camere. Mettere in discussione la linea atlantista sarebbe una follia per i grillini di governo, per altri - la pattuglia potrebbe essere nutrita - un nuovo invio di armi segnerebbe il punto di non ritorno.

 

Un Movimento così spaccato, tra le cui file brucia la batosta dell’ultimo voto amministrativo, rende poco prevedibili le prossime mosse dell’ex avvocato del popolo. Che sulla giustizia non ha intenzione di creare problemi in Aula, ma su tutto il resto...

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