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Il punto

Quel riferimento di Brunetta ai macronisti di En Marche prima maniera

L’ex forzista guarda Oltralpe, Calenda apre al Pd, Renzi e Letta ancora lontani. Ma i riformisti draghiani uniti e alleati coi dem avrebbero più chances

Quel riferimento di Brunetta ai macronisti di En Marche prima maniera

Il ministro della Pubblica amministrazione ed ex forzista, Renato Brunetta, ospite di Lucia Annunziata a Mezz’ora sui Rai tre, ha fatto un ragionamento sul futuro dell’area riformista, per ora divisa in diverse monadi e con poche chances elettorali, che potrebbe rendere meno virtuale di quanto immaginiamo il futuro di questo campo, ad ora parecchio ondivago. Le parole dell’ex berlusconiano sono state molto semplici ma politicamente rilevanti. L’idea è quella di una “Unione repubblicana, un rassemblement, per tutti quelli che hanno sostenuto l’agenda Draghi”, con un programma comune che guardi all’Europa e al Pnrr. Brunetta ha richiamato il modello organizzativo di En Marche prima maniera, il partito fondato nel 2016 da Emmanuel Macron che ha costituito, per l’allora ministro del governo Valls, il ponte verso l’Eliseo. Al progetto “si sta lavorando” e tra i nomi figurerebbero Toti, Renzi, Calenda. 

 

I riformisti che si riconoscono nell’esperienza di Mario Draghi hanno senza dubbio un’opportunità in questo momento. Ma sono consapevoli che con questa legge elettorale, il Rosatellum, un’affermazione di coalizione (sbarramento al 10%) richiederebbe uno sforzo e una visione che ad ora non sono messi a fuoco. In più servirebbe un leader su tutti, o esterno a tutti, che potrebbe far superare personalismi ancora troppo forti. Il progetto ha di per sé un suo valore perché intende riprendere i grandi temi dell’agenda del premier, la cui esperienza non va dispersa ma rilanciata per battere il populismo e il sovranismo che alberga in casa del centrodestra. Ma se ci si pensa con attenzione anche il Pd ha gli stessi obiettivi per cui punti sostanziali di convergenza sono già in nuce. In più, si è creato il principale presupposto perché questo campo di centro e riformista possa allearsi con i democratici, ovvero il venir meno dei Cinque Stelle. Enrico Letta, segretario del Pd, considera la rottura con il M5s “irreversibile”.

 

Un punto fermo ma anche un punto di partenza per spianare la strada ad un avvicinamento con Renzi e Calenda che hanno sempre respinto la politica di Conte e dei grillini. La ricucitura, tuttavia, sembra più probabile col secondo che con il primo. Calenda oggi dalle pagine de La Stampa non esclude un’alleanza con il Pd alle prossime elezioni “su una base comune di valori e programmi, riassumibili nell’agenda” dell’ex numero uno della Bce e per creare “un fronte largo per battere le destre. Se vinciamo”, aggiunge, “indichiamo Draghi premier”. In salita, invece, la strada per un confronto Letta - Renzi che, anche sul piano personale, dopo il 2014 non è mai più decollato. Il senatore fa sapere: “Se c’è il veto di Letta noi andiamo da soli”.

 

Intanto, al Nazareno prosegue il dialogo con Articolo Uno, Verdi, Sinistra italiana e socialisti. Letta sa che quella che si richiede al suo partito è soprattutto una spinta aggregante che porti a un polo di centrosinistra che sia in grado di battere le destre. I riformisti potrebbero avere un ruolo importante in questo progetto di ampio respiro ma dovrebbero decidere di unirsi in un patto elettorale con il Pd. Divisi avrebbero minore capacità di attrarre consenso e di incidere in un’alleanza che aspira al governo del Paese.  In ogni caso, i movimenti che si registrano nell’area riformista e tra i fuoriusciti di Forza Italia vanno seguiti con attenzione, compreso il progetto di Unione repubblicana lanciato da Brunetta.  

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