
Passano i giorni, ma la notizia dei bagni “neutri” al Politecnico di Torino continua a dividere e a sollevare polemiche. Si tratta di una iniziativa che – seppure sporadicamente – qualche altro istituto aveva già adottato nei mesi scorsi.
In questo caso, però, l’eco è stata molto maggiore.
L’idea è di aggiungere, alle classiche targhette dei bagni riservati agli uomini e alle donne, quella per chi non si riconosce in nessun dei due generi binari.
Nel caso del Politecnico di Torino si tratterebbe di uno dei primi atenei in Italia ad adottare questa scelta, come quello di Pisa un mese fa.
L’iniziativa “rivoluzionaria” di Torino
Nel mese del “pride”, dell’orgoglio arcobaleno che ha già visto diverse manifestazioni in molte città, ecco che arriva anche la novità annunciata da una delle università più note e grandi del Paese. Su iniziativa degli studenti del collettivo Alter.Polis, l’ateneo del Politecnico si è impegnato a valutarne la fattibilità.
La strada, comunque, sembra in discesa dal momento che il Senato Accademico non ha sollevato obiezioni o pareri contrari.
I pro ai bagni “neutri”
“Un passo per un ateneo più inclusivo, riconoscendo le individualità non-binarie del nostro ateneo senza danneggiare nessuno e, anzi, potenzialmente migliorando quello che è un servizio veramente essenziale”: così lo ha definito il collettivo Alter.Polis, secondo cui l’arrivo dei bagni “neutri” al Politecnico di Torino rappresenta un “cambiamento di mentalità”. I promotori spiegano che “le funzioni di un bagno non hanno nulla a che vedere con il genere di chi lo utilizza”.
D’accordo anche Arianna Montorsi, referente del Rettore per la Parità di Genere e Diversità del Politecnico di Torino, secondo cui la distinzione dei servizi “avviene in base a una classificazione binaria che non ha più ragion d’essere”. Il Senato accademico sta ora valutando l’eventuale ubicazione all’interno degli spazi già esistenti o la realizzazione di nuove aree dove costruire le toilette inclusive.
I contrari: rischio di violenze e aggressioni alle donne
C’è però chi teme un aumento delle aggressioni alle donne o chi sottolinea come i problemi del comparto istruzione, che siano scuole del'obbligo o università, siano ben altri: dalla mancanza di risorse alle carenze di organico, ecc. Quanto alle violenze, però, Montorsi su Repubblica risponde chiarendo: “Se l’origine della distinzione, come sembra di capire, sia il rischio di aggressione sessuale in un posto dove si è esposti, non ci sono evidenze statistiche che aumentino le violenze. Ma non solo uomini-donne anche il servizio separato per disabilità è di nuovo un discorso poco inclusivo”.