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I rischi

Salvini problema per Meloni. Il Pd cerca accordo nel centrosinistra

FdI tra fede atlantista e Lega putiniana. Letta spinge per una pax con i partiti più piccoli. Campagna elettorale tra zavorre, tregue armate e deja vu

Salvini problema per Meloni. Il Pd cerca accordo nel centrosinistra

E’ una campagna elettorale complicata quella ci apre, piena di incertezze per i partiti e per le alleanze. Gli eventi possono essere molto più forti di qualsiasi tattica e strategia e il voto portare a cambiamenti ma persino a vecchi errori. Ne spieghiamo i motivi. 

 

Le ‘ombre russe’ che si stanno dispiegando sulla Lega di Matteo Salvini avranno conseguenze pesanti nel Carroccio e nei rapporti tra alleati. L’articolo pubblicato ieri da La Stampa ha dato conferma dei contatti tra il capo di Via Bellerio e i russi, e costretto nuovamente Giorgia Meloni a rimarcare che Fratelli d’Italia con questa roba non c’entra. “Noi siamo garanti del sostegno a Kiev e alla Nato”, va ripetendo come un mantra la presidente di Fratelli d’Italia, insieme ad altri rappresentanti del suo partito. Ma ci sono due elementi che nelle ultime ventiquattro ore assumono maggiore chiarezza: il primo è che Salvini sta diventando un problema per il centrodestra che aspira al governo del Paese, seppure a spalleggiarlo c’è sempre Silvio Berlusconi, l’altro putiniano dello schieramento. Il secondo è che la Lega scende nei sondaggi, per ora si attesta attorno ad un 15%.

 

Al dunque Salvini è nel pieno di una parabola discendente che potrebbe trascinarsi dietro l’intero partito. Come stanno reagendo amministratori moderati come Luca Zaia e Massimiliano Fedriga che, insieme al ministro Giancarlo Giorgetti, non amano il populismo e le derive filo russe del leader? Il tema della leadership prima o poi esploderà nelle file leghiste e l’esito del voto potrebbe accelerare una resa dei conti che molti pensano sia, per ora, solo rinviata.  In questo scenario l’alleanza di centrodestra potrebbe rivelarsi mutevole e il voto del 25 settembre capovolgere rapporti di forza sia della coalizione, sia interni ai partiti che la compongono.

 

Nel centrosinistra, nel frattempo, si riaffacciano vecchi schemi che rievocano lo spettro delle grane che portarono alla caduta dei governi Prodi I e II. Il primo, nel 1998, fu sfiduciato perché Rifondazione comunista di Fausto Bertinotti ritirò l’appoggio al raggruppamento ulivista, mentre nel 2008 l’esecutivo del professore perse i voti dell’Udeur di Clemente Mastella. Come allora il Partito democratico sta tentando la strada di un accordo elettorale per unire quanti più pezzi possibili di progressisti, riformisti e sinistra. In quello che doveva essere il ‘campo largo’, e che ormai ha perso ogni chance di sussistenza, i più in difficoltà sono senza dubbio Giuseppe Conte e Matteo Renzi. Il primo è già fuori dalla possibile alleanza: Letta considera il rapporto con i Cinque Stelle chiuso, la decisione irreversibile. Tant’è che le aperture di Conte al Pd, che poi ha pure frenato lo slancio, sono state un buco nell’acqua.

 

Il ritiro del sostegno del M5S al governo Draghi ha segnato una separazione delle strade e l’avvocato è più solo che mai. Ma finito all’angolo c’è anche Matteo Renzi che, se scegliesse la corsa in solitaria di Italia Viva, rischierebbe persino di non superare la soglia del 3%. E’ il motivo per cui l’ex premier sta ingoiando il rospo e dà la disponibilità ad entrare in coalizione con colui a cui soffiò il posto a Palazzo Chigi nel 2014, ovvero Enrico Letta. Chi per il momento mostra sicurezza è Carlo Calenda che incassa, dopo la ministra Gelmini, anche l’ingresso di un’altra fuoriuscita da Forza Italia, Mara Carfagna. Entrambe, nei territori di appartenenza, rispettivamente Lombardia e Campania, muovono voti. Ma l’ex ministro dello Sviluppo economico ancora non ha deciso se presentarsi da solo o mettersi in sicurezza unendo le liste a quelle del Pd. Il lavoro di Letta per unire va avanti, anche rispetto ad Articolo 1 e Sinistra italiana. Ma oltre ad un cartello elettorale va costruita un’alleanza per governare altrimenti si rischia il deja vu.

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