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Coalizioni in divenire

I ‘cespugli’ di centro e di sinistra alla ricerca di un futuro

Renzi corre da solo, Di Maio e Tabacci di fronte a scogli imprevisti, Bonelli e Fratoianni trattano con il Pd. Per tutti in ballo la sopravvivenza politica

I ‘cespugli’ di centro e di sinistra alla ricerca di un futuro

Senza dubbio l’accordo siglato tra Enrico Letta e Carlo Calenda ha lasciato scoperta la collocazione di alcuni partiti politici più piccoli che hanno orbitato negli anni nel centrosinistra. Il problema riguarda sia una sparuta area centrista e riformista, quella che fa capo a Matteo Renzi, sia la fronda ambientalista e di sinistra più radicale che fa riferimento rispettivamente ad Europa Verde di Angelo Bonelli e Sinistra italiana di Nicola Fratoianni. Quest’ultima è fuoriuscita da Liberi e Uguali, formazione conosciuta come Leu e che progressivamente si è frantumata fino alla spaccatura determinata dalla nascita del governo Draghi, quando appunto Fratoianni votò contro la fiducia e Articolo Uno continuò ad esprimere il ministro della Salute, Roberto Speranza. Adesso, con la legge elettorale che prevede lo sbarramento al 3 per centro per l’ingresso in Parlamento, la questione della sopravvivenza di questi partiti è sostanziale. 

 

Renzi ha deciso che Italia viva correrà da sola (è stato praticamente costretto a questa scelta perché è fallita la sua idea di un polo rifomista con Calenda) con tutte le difficoltà del caso. Le previsioni non sono buone: i sondaggi lo danno a poco più del 2 per cento. In termini numerici, invece, il piccolo blocco ambientalista e di sinistra potrebbe godere di salute migliore. L’errore di sovrapporsi all’extreme gauche, o almeno ad una parte di essa, questa i Verdi non lo hanno commesso e si sono alleati con Sinistra italiana. Al tavolo delle trattative con il Pd sono insieme e portano in dote, sempre secondo i sondaggi, circa un 3,5 per cento di consensi. Entro domani dovremmo conoscere l’esito del confronto e tutto dipenderà da quanto il Partito democratico sarà disposto ad accettare delle ‘condizioni’ poste dalla controparte, che in un documento ha fatto presente le sue richieste.

 

In questo panorama un discorso a parte va fatto per Impegno civico, il neonato partito di Luigi Di Maio, ex M5S, e di Bruno Tabacci, democristiano e mediatore di indiscussa abilità che vanta un’esperienza decennale in Parlamento. Nell’arco di pochissimi giorni il nuovo partito, presentato con una certa enfasi alla stampa e al mondo politico, ha visto spegnersi davanti a sé ambizioni e progetti proprio per via dell’accordo Letta-Calenda. In virtù di quel patto nessun leader di partito, a maggior ragione se divisivo, né fuoriusciti in questa legislatura dal Movimento o da Forza Italia (vedi le ministre Gelmini e Carfagna) potranno presentarsi nei collegi uninominali. Una tagliola che ha fatto fuori in un colpo solo Di Maio dalla corsa in distretti potenzialmente blindati. Per lui adesso, come è stato per Renzi, Bonelli e Fratoianni, si pone lo stesso dilemma: rischiare la dissoluzione politica e l’oblio entrando nelle liste del proporzionale col Pd o giocare la partita in solitudine? Ad ora c’è da dire che nel polo riformista la scena se l’è presa tutta Calenda che ha già detto no all’ex premier e che di Di Maio non ne vuole sapere.

 

Nemmeno “l’Agenda Draghi” ha funzionato da collante. Per il ministro degli Esteri c’è, inoltre, un’aggravante perché è percepito come un corpo estraneo nel centrosinistra e neanche il tandem con Tabacci sta riuscendo a salvarlo. Anzi, l’attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio rischia di andare a fondo con lui.  

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