Lo strappo di Azione

Terremoto Calenda sui Dem, saltano i piani e i conti di Letta

Il leader di Azione rompe l’accordo col Pd dopo l’allargamento a Verdi, Si e Di Maio. +Europa resta col Nazareno ma adesso manca la gamba di centro

Terremoto Calenda sui Dem, saltano i piani e i conti di Letta

Lo strappo di Calenda col Pd è un terremoto che cambia volto non solo alla campagna elettorale ma a tutto il centrosinistra, con ripercussioni immediate nel polo progressista e in quello riformista. Uno scossone che ha dato il via ad una serie di reazioni a catena che capovolgono, non poco, il quadro che si era delineato solo qualche giorno fa, quando il leader di Azione e il Pd avevano raggiunto un accordo, sia elettorale che programmatico, mettendo al centro l’’Agenda Draghi’. Tuttavia l’allargamento del patto da parte di Enrico Letta a Verdi e a Sinistra italiana, notoriamente contro il governo dell’ex numero uno della Bce, ha fatto sì che le carte si rimescolassero ancora. Adesso Calenda non ritiene più che ci siano le condizioni per portare avanti l'intesa e considera la sua presenza incompatibile con forze politiche che “attaccano” quel programma e quella visione. “Oggi mi trovo a fianco di persone che hanno votato 54 volte la sfiducia a Draghi”, ha detto riferendosi a SI ed Europa verde. “Mi sono un po’ perso”. A monte della rottura anche l’inclusione di Luigi Di Maio e di Bruno Tabacci nell’alleanza capeggiata dal Nazareno. Un’operazione che, per il Pd, ha avuto l’obiettivo di ampliare le possibilità di tenere aperta la partita col centrodestra, dato per favorito, ma che secondo Azione ha portato ad accordi esclusivamente elettoralistici. 

Calenda ha fatto il suo annuncio in diretta, nel corso della trasmissione di Lucia Annunziata, In Mezz’ora’. Immediata la reazione del segretario dem: “Calenda vuole allearsi solo con Calenda. Noi avanti per la nostra strada per il bene degli italiani”. Lui “parla di onore” ma “onore è rispettare la parola data. Un accordo, una firma, una stretta di mano tra persone leali e serie: questo è onore. Il resto, compreso l’attacco alla destra e alla sinistra tutte uguali, è populismo. Populismo d’élite, ma pur sempre populismo”. Da dire che la spaccatura di Azione non trova l’appoggio di +Europa di Emma Bonino e Benedetto Della Vedova, federati con il partito fondato dall’ex ministro dello Sviluppo economico. “Noi continuiamo a dare una valutazione positiva al patto col Pd”, fanno sapere i vertici di partito che stanno valutando la rottura della federazione con Calenda. 

 

Chi ha colto subito la palla al balzo è stato Matteo Renzi che torna ad accarezzare l’ipotesi di un ‘terzo polo’ di stampo riformista. “Tra tante difficoltà, internazionali e domestiche, ora è il momento della Politica con la P maiuscola. Il terzo polo è un’opportunità straordinaria”, ha dichiarato il leader di Italia Viva che si era quasi rassegnato alla corsa in solitaria. Nei Cinque Stelle Giuseppe Conte ha parlato invece di “disastro politico” e si è rivolto direttamente al segretario dem: “A Enrico rivolgo un consiglio non richiesto: offri pure i collegi che si sono liberati a Di Maio, Tabacci e agli altri alleati. Questo disastro politico mi sembra lontano anni luce dal progetto riformistico realizzato durante il Conte II”.

 

Dal Nazareno intanto si continua a difendere la linea del segretario. Ma quella arrivata ieri non può essere considerata esattamente una doccia fredda. Che dopo l’accordo elettorale - senza nessun vincolo di programma - del Pd con Verdi e Sinistra italiana le cose non stessero andando nella direzione di una rassenerazione dei rapporti con Azione era abbastanza immaginabile. Forse in casa dei democratici non ci si aspettava una risposta dirompente come quella che poi è arrivata, ma adesso tempo e modo di ricomporre la lacerazione non ce n’è. 

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