Verso le elezioni

Basta a Washington l’atlantismo di Meloni? Forse no, ecco perché

In Parlamento e al governo gli Usa vorrebbero nomi già rodati nei rapporti bilaterali, come ad esempio Gianni Castellaneta, Simone Crolla o Mario Platero.

Basta a Washington l’atlantismo di Meloni? Forse no, ecco perché

Ma bastano agli Stati Uniti d’America la scelta atlantica di Giorgia Meloni e l’appoggio (dall’opposizione) a Mario Draghi sugli aiuti e il sostegno politico all’Ucraina, affinchè da Washington diano il tacito benestare alla prima presidente del Consiglio donna e di destra se dovesse davvero vincere, e bene, le elezioni? Probabilmente no, a giudicare dagli interventi di molti analisti e uomini dell’amministrazione Usa, a cominciare dall’ultima sortita su Foreign Policy da parte dell’ex Vice Ambasciatrice in Italia Kathleen Doherty. Le prossime elezioni saranno dunque un passaggio molto importante, se non fondamentale, per il futuro dell'Italia nello scenario internazionale: l’alleanza con gli Stati Uniti d'America, un ruolo forte nella Nato e nell'Unione Europea sono gli elementi cardine del nostro posizionamento internazionale, necessari per tutelare i nostri interessi nazionali, tra i quali ci sono l’attrazione degli investimenti esteri e il miglioramento della nostra posizione all'interno delle catene del valore globali. Ma le idee e gli intendimenti camminano sulle gambe degli uomini, pertanto la scelta dei parlamentari e, successivamente, degli esponenti di governo sarà di estrema importanza per la coalizione e i partiti che si aggiudicheranno le elezioni. Il centrodestra, favorito nei sondaggi, ha l'occasione di scegliere personalità di valore che si siano distinte professionalmente nel costruire rapporti transatlantici importanti, sia con il governo Usa, sia con gli investitori. Nonostante gli attestati di fede atlantica della Meloni, Washington fa capire che servono anche personaggi di fiducia in Parlamento e nel probabile prossimo governo.

 

Mentre i giornali continuano a sciorinare i soliti nomi (tra l’altro talvolta non graditi oltreoceano) nei discorsi riservati in atto tra i leader ne emergono di nuovi, tra i quali alcuni interlocutori abituali di Washington tra i quali l’ex ambasciatore italiano in Usa (è stato per sei anni a Villa Firenze, ben oltre il governo Berlusconi dei primi anni Duemila), Giovanni Castellaneta, oppure Paolo Messa, animatore del Centro Studi americani di Roma (che però non ha alcuna intenzione di lasciare il suo delicato ruolo in Leonardo). O Mario Platero, storico corrispondente del Sole 24 Ore da New York e anfitrione di tutti i grandi imprenditori in viaggio negli States.

 

Oppure, quello di Simone Crolla, alla guida dell’American Chamber of Commerce, la Confindustria Usa in Italia. Crolla, anche per via del suo incarico, parla tutti i giorni con gli ambienti americani, è di area centrodestra e stimato nella business community di Milano. Sono, appunto, profili su cui si ragiona per il Parlamento e il Governo.

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