Dopo il Corriere della Sera anche il Sole 24 Ore ci segue sulla sanità “dimenticata” in campagna elettorale. Il quotidiano economico diretto da Fabio Tamburini dedica infatti il titolo principale della sua edizione di domenica 4 settembre alle “sette emergenze” del servizio sanitario di cui i politici evitano di parlare. Il dibattito sulla campagna elettorale senza sanità nonostante il record di vittime causate dal Covid era stato aperto sul nostro sito dalla dottoressa Tiziana Carrabs, nostra collaboratrice, a cui avevano fatto seguito gli interventi di Gianfelice Rocca e Marco Elefanti sul Corriere e quelli di Ricciardi, Parente e Savignano.
Il Sole indica sette problemi del Servizio sanitario di cui non si parla: la sanità territoriale ancora da attuare, i medici di famiglia “pochi e senza ruoli”, la grave carenza di medici e infermieri, i pronto soccorso in gravi difficoltà, la formazione carente dei giovani medici, la telemedicina senza competenze e i fondi al settore in calo rispetto al Pil nonostante il Pnrr.
Il quotidiano rosa sente anche i medici, i tre quarti dei quali ritengono che il futuro del Servizio sanitario sarà peggiore mentre il 42 per cento pensa che c’è il rischio di sprecare i fondi del Pnrr, attraverso un’indagine di Iqvia, provider globale di dati sanitari. Pierono Di Silverio, segretario nazionale di Anaao Assomed, principale sindacato dei medici ospedalieri, parla di “grave oblio” della politica dopo che durante il Covid si parlava di medici e infermieri come “angeli ed eroi”. E aggiunge un fatto grave: “ogni giorno si dimettono in media sette medici per andare a lavorare all’estero o nel privato dove ci sono condizioni più dignitose. In questa campagna elettorale manca una riflessione sul ruolo del Servizio sanitario nazionale perchè se vogliamo considerare l’ospedale un’azienda non si va da nessuna parte”.
Il segretario dell’Anaao vorrebbe “un piano Marshall per la sanità che indichi un’asticella alta per gli investimenti mentre già nel 2023 si tornerà a investire il 6,6 per cento del Pil, che è la metà di quanto investono gli altri paesi europei”. E propone infine di rendere più attrattiva la professione del medico defiscalizzandone parte del lavoro: “ad esempio, chi fa la libera professione in intramoenia, cioè dentro le mura dell’ospedale, guadagna solo il 35 per cento su cui vanno pagate le tasse, ma vanno detassati anche gli straordinari per abbattere le liste d’attesa, come accade per altre categorie”.