Dl Aiuti-bis

Il pasticcio della deroga al tetto di 240mila euro per i dirigenti PA

Il correttivo introdotto per manager pubblici e capi di Polizia e Forze Armate. L’irritazione di Palazzo Chigi che prende le distanze dall’emendamento

Il pasticcio della deroga al tetto di 240mila euro per i dirigenti PA

Passa al Senato il decreto legge Aiuti-bis ed entro giovedì è atteso il via libera definitivo alla Camera. Ma non tutto è andato liscio, anzi. Seppure l’accelerazione voluta dal governo sulla conversione del provvedimento - che contiene misure sul caro energia e sulle politiche sociali e industriali per 17 miliardi di euro - rappresenta un traguardo dopo lo stallo degli ultimi giorni, si registra uno ‘scivolone’ di non poco conto sul trattamento economico delle figure di vertice delle pubbliche amministrazioni e della Polizia e delle Forze Armate. 

 

Tra le norme del decreto legge è stato inserito un emendamento che autorizza la deroga al tetto dei 240 mila euro per gli stipendi dei super dirigenti pubblici. “Disappunto” filtra in serata da Palazzo Chigi che, evidentemente, non era a conoscenza della modifica, passata sotto silenzio nel pacchetto di interventi della legge. Il Ministero dell’Economia prende le distanze. Da via XX Settembre fanno sapere di aver dato “solo un contributo tecnico sulle coperture”. In ogni caso “si tratta di un emendamento parlamentare per la cui attuazione è necessario un provvedimento successivo”. Anche alcune forze politiche corrono ai ripari.

 

In una nota Debora Serracchiani e Simona Malpezzi, alla guida dei gruppi Pd in Parlamento, esprimono “soddisfazione” per l’approvazione del dl Aiuti ma specificano che “purtroppo nel testo è passato anche un emendamento di Forza Italia riformulato dal Mef, come tutti gli emendamenti votati con parere favorevole, che elimina il tetto agli stipendi di una parte della dirigenza apicale della Pa”. “Non lo condividiamo in alcun modo”, dichiarano. “Presenteremo un ordine del giorno che impegni il governo a modificare la norma e ripristinare il tetto nel primo provvedimento utile e cioè nel dl Aiuti-ter”. 

 

Ma il pasticcio è fatto. A quanto risulta, in Commissione l’emendamento è stato votato da tutte le forze politiche anche se poi in Aula Fdi, Lega e M5S si sono astenuti.  Matteo Renzi, il cui governo nel 2014 aveva fortemente sostenuto il limite massimo per gli emolumenti dei manager pubblici - introdotto già dall’esecutivo precedente guidato da Mario Monti col decreto Salva-Italia del 2011 - prova a difendersi. “Quello è un tetto che avevo messo io, oggi il governo ha fatto questa riformulazione e non avevamo alternativa che votarlo per evitare che saltasse tutto e saltassero i 17 miliardi di aiuti alle famiglie”, scrive su Fb. Ad ogni modo il correttivo è passato e il ‘blitz’ sta scatenando parecchie polemiche. Ora bisogna vedere se si potrà rimediare e se tutti saranno d’accordo nel farlo.

 

Comunque, se la norma dovesse restare in vigore così come è stata approvata, il limite attuale dei 240mila euro lordi all’anno per gli stipendi pubblici è esplicitamente cancellato per diverse figure: dal segretario generale di Palazzo Chigi ai segretari generali e ai capi dipartimento dei ministeri, dal capo della Polizia ai comandanti dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, fino al capo di Stato maggiore della Difesa. La soglia potrebbe essere superata senza che ne sia stata fissata una nuova, ma solo avendo la copertura in termini finanziari.  

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