
E’ stata bloccata la deroga al tetto degli stipendi dei manager della pubblica amministrazione e delle Forze Armate, che era passata in Senato nell’ambito del decreto Aiuti-bis. Un emendamento soppressivo presentato dal governo è stato approvato in Commissione Finanze di Palazzo Madama riparando al ‘colpo basso’ che ha fatto infuriare non poco Palazzo Chigi. Irritazione nel corso della giornata di ieri è stata manifestata anche dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, proprio durante una conversazione con il premier, Mario Draghi. Il Quirinale ha giudicato inopportuna la norma che abrogava il tetto e si è unito al ‘disappunto’ già manifestato dalla presidenza del Consiglio dei ministri.
Torna, dunque, il limite dei 240 mila euro l’anno per i più alti vertici dell’amministrazione. Il problema, tuttavia, è stato anche capire in che modo si potesse approvare lo stop al correttivo e, dunque, se procedere al terzo passaggio in Senato del decreto Aiuti-bis (necessario dopo la modifica al testo), o se inserire la norma soppressiva direttamente nel dl Aiuti-Ter. Un’altra ipotesi sarebbe stata quella di approvare un ordine del giorno, a patto che fosse stato votato “all’unanimità dalle forze politiche”. Alla fine però si è scelta la strada dell’emendamento al dl Aiuti-bis. Questo comporta che l’Aula del Senato dovrà essere nuovamente convocata a giorni per confermare la modifica al provvedimento. Se, come sembra ormai certo, il Senato tornerà a riunirsi il 20 settembre, a soli cinque giorni dalle elezioni politiche, potrebbero anche riaprirsi altre partite sospese per via della fine anticipata della legislatura, vedi ad esempio quella della delega fiscale.
Resta il fatto che di errori, in questa vicenda dell’abrogazione del limite agli emolumenti dei vertici amministrativi, ce ne sono stati parecchi. Dopo la presentazione a sorpresa da parte del senatore di Forza Italia, Marco Perosino, l’emendamento prima è stato ampliato in Commissione, poi ha ricevuto il parere favorevole del governo attraverso il ministero dell’Economia. Una ‘gaffe’ del Mef, ma senza dubbio anche una mossa sconsiderata di tutte le forze politiche che all’unanimità hanno dato il via libera alla norma in sede di commissione. Ora però arriva il disco rosso voluto in prima persona da Mario Draghi. Per i super dirigenti pubblici – dai capi dipartimento al Segretario generale della presidenza del Consiglio, dal capo della Polizia ai comandanti generali della Guardia di Finanza, dei Carabinieri e delle Capitanerie di Porto - tutto rimane com’è in tema di retribuzioni. Tanto rumore per nulla? Non proprio.
In un momento decisamente difficile per cittadini e imprese – il decreto Aiuti-Bis è stato varato proprio per fornire sostegni a chi è in difficoltà – il ‘blitz’ per alzare, senza lacuna soglia, gli stipendi dei super manager di Stato ce lo saremmo risparmiati tutti volentieri. Comunque chiuso ‘l’incidente’, se così possiamo definirlo, gli sforzi di Palazzo Chigi si concentrano sulla limatura di un nuovo pacchetto di interventi che saranno alla base del dl Aiuti-ter. Il Consiglio dei ministri potrebbe approvare le misure già giovedì. Si parla di ulteriori 12 miliardi, di cui buona parte – circa 6 – ricavati dalle maggiori entrate incassate tra luglio e agosto.