
Il vero volto - sovranista, nazionalista e populista - di Giorgia Meloni si sta manifestando con chiarezza in questi ultimi giorni di campagna elettorale. Il ‘caso Ungheria’ e le distanze prese dal Parlamento europeo rispetto al governo anti-liberale di Viktor Orban, hanno indotto la presidente di Fratelli d’Italia a difendere l’indifendibile amico e primo ministro di Budapest. Il ritorno alle origini, patinate finora con la maschera del partito conservatore, e le affermazioni per cui la “sovranità europea va ridiscussa”, rivelano una volontà di strumentalizzazione della realtà assai pericolosa. Ma se è vero che Meloni sta nuovamente spingendo sull’acceleratore del sovranismo, con l’obiettivo di raccogliere voti tra chi vede nell’Ue qualcosa di distante e persino di ostile, dall’altro lato qualcuno sta compiendo un errore non da poco. Le forze politiche europeiste non riescono a trasmettere agli elettori un messaggio molto chiaro e semplice: senza l’Unione Europea in questi ultimi due anni l’Italia sarebbe già andata a carte quarantotto, o quasi. Grazie, infatti, al Next Generation Eu - che ha stanziato complessivamente 750 miliardi di euro per la crisi pandemica, con l’emissione per la prima volta di titoli di debito comune per reperire i finanziamenti fuori bilancio – l’Ue ha dato la possibilità ai Paesi più colpiti di far ripartire l’economia. Oltre 200 miliardi di Euro sono stati assegnati all’Italia, la fetta più grande, anche se ovviamente sottoposti a condizionalità e al raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Senza inoltre la Bce, la cui missione è mantenere la stabilità dei prezzi e definire la politica monetaria, le economie particolarmente vulnerabili non avrebbero tenuto. L’Istituto di Francoforte ha ridotto il costo del denaro, i tassi di interesse per due anni sono scesi come mai si era visto prima. Poi, con programmi straordinari, ha acquistato titoli di stato per miliardi di euro immettendo liquidità nei sistemi nazionali. Anche in questo caso l’Italia è tra i Paesi che più ha beneficiato delle politiche monetarie dell’Eurotower.
Con la guerra in Ucraina, tuttavia, si è aperta una nuova fase e, come nel 2020, le istituzioni europee stanno discutendo animatamente, non senza difficoltà, per trovare un’intesa su caro energia, tetto al prezzo del gas, capacità di sintesi per fronteggiare un’altra crisi. La Bce sta mutando orientamento perché adesso il nemico in termini monetari ed economici si chiama inflazione. Arginarla senza rischiare un calo della crescita non sarà semplice. Quello che è certo, però, è che in Ue si lavora - pur con i limiti che i Trattati attuali impongono nei processi decisionali - per salvarlo questo Vecchio Continente, per metterlo al riparo dai nuovi pericoli che si sono palesati con l’invasione russa dell’Ucraina e per far sì che non resti schiacciato dal tripolio Usa, Cina, Russia.
Queste cose vanno dette con molta franchezza e determinazione agli elettori, altrimenti passa tout court il messaggio che ci sia un interesse nazionale contrapposto a quello europeo. Non è così. L’Italia con Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo e Olanda ha fondato nel 1952 il primo nucleo delle istituzioni comunitarie, successivamente diventate dell’Unione. Questa Europa la si sta costruendo mattone su mattone grazie alla visione che dopo la seconda guerra mondiale politici, costituzionalisti e intellettuali di incredibile intelligenza ebbero il coraggio di esprimere.
I nazionalismi furono la causa della seconda guerra mondiale e si disse ‘Mai più'. Da allora l’Unione si è allargata seguendo i valori dell’unità e della libertà e la storia bisogna conoscerla e rispettarla. Il cammino è perfezionabile ma è l’unico perseguibile. Non possiamo permetterci nessun passo indietro, soprattutto da quando Putin ha deciso di cambiare gli equilibri mondiali.