Cinque giorni. Tanto manca al voto di domenica mentre tra le forze politiche si accende lo scontro nel rush finale della campagna elettorale. Il clima che si respira è del ‘tutti contro tutti’. Di programmi se ne parla davvero poco, in compenso infuriano gli attacchi sistematici tra i leader. Negli anni in cui il bipolarismo sembra aver chiuso i battenti, anche le coalizioni hanno perso smalto e sono litigiose. Il clima non è idilliaco nel centrodestra, dove le spinte sovraniste e nazionaliste in chiave antieuropea degli alleati non piacciono al Cavaliere, né lo è nel centrosinistra. Dove i contendenti in campo sono divisi: Terzo Polo da un lato, Pd e sinistra massimalista dall’altro. Poi ci sono il Movimento Cinque Stelle, che aspira a rappresentare un’area progressista, e Unione Popolare che raccoglie DeMa, Potere al Popolo e Rifondazione comunista.
Giornata movimentata quella di ieri. Enrico Letta, segretario del Partito democratico, a Berlino per un incontro col cancelliere Olaf Scholz, incassa il sostegno del presidente dei socialdemocratici tedeschi, Lars Klingbeil. Secondo il leader della Spd “la preoccupazione in vista del voto in Italia c’è” ma “le elezioni si possono vincere anche agli ultimi metri. Sarebbe davvero un segnale importante se vincesse Letta e non Meloni che come partito post fascista poterebbe l’Italia in una direzione sbagliata”. Dichiarazioni che alcuni hanno interpretato come un’ingerenza impropria nella politica italiana. L’ex ministra della Gioventù ritiene che “una lettura europeista consiste nel partire dagli interessi nazionali, per cercare soluzioni comuni, che è quello che l’Italia non ha fatto. Ha fatto invece quello che abbiamo visto fare da Letta e altri, ovvero cedere, barattare in alcuni casi il sostegno di partiti esteri con l'interesse nazionale”. In realtà fa ancora discutere l’endorsement di pochi giorni fa di Meloni a Viktor Orban, il primo ministro ungherese il cui governo è stato giudicato dall’Ue “non democratico”.
Più Europa, il partito di Emma Bonino, lancia l’allarme: “Se vince il centrodestra l’Unione europea sarà antagonista”. Sull’Ungheria interviene anche il capo del Carroccio, Matteo Salvini: “Il mio modello non è l’Ungheria ma l’Italia”. Poco prima aveva attaccato il premier Mario Draghi, che oggi è a Washington per i lavori della 77esima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. “Se Draghi sa che qualcuno è corrotto dalle potenze straniere è gravissimo. Faccia i nomi”, ha detto riferendosi alle parole pronunciate dal presidente del Consiglio nel corso della conferenza stampa di venerdì. Il leghista in ogni caso annuncia di “aver cambiato opinione su Putin durante la guerra”.
Il tema dell’appoggio della destra agli Stati sovranisti - il caso dell’Ungheria non è isolato, c’è anche la Polonia che riscuote le simpatie di Salvini e Meloni - induce anche Giuseppe Conte a dire la sua: “Sono stato il primo a criticare chi distribuiva patenti di legittimità democratica. Però dopo il voto di Lega e Fratelli d’Italia al Parlamento europeo a favore del loro amico Orban, protagonista di una svolta illiberale di quel Paese, se loro hanno questa idea della democrazia, allora dico: non siete idonei a governare in Italia”. Ieri l’ex premier ha incontrato a Genova il fondatore del Movimento, Beppe Grillo. “E’ stato un rapido incontro. Era una giornata fitta di impegni, ci siamo aggiornati sulla campagna elettorale. C’è un’ottima intesa”. Dall’ex comico un commento stringato: “Verso il 2050! #dallapartegiusta”.