
La stella di Salvini si è offuscata. La Lega scende clamorosamente all’8,8% ma il Capitano non si dimette e resta alla guida del Carroccio. Almeno per ora. Il terremoto del risultato elettorale scuote i maggiorenti del partito, l’esito delle urne brucia e smorza gli umori nelle stanze di via Bellerio. La sconfitta politica è forte, risuona in ogni angolo. Ma il segretario non intende fare un passo indietro. Per adesso i big lasciano fare. Quanto durerà questa tregua armata? Luca Zaia, potente governatore leghista del Veneto, lancia la sua stoccata: “E’ innegabile come il risultato ottenuto dalla Lega sia assolutamente deludente. E’ fondamentale capire fino in fondo quali aspetti hanno portato l’elettore a scegliere diversamente”.
La resa dei conti è cominciata. Salvini però prova a smarcarsi dal presente per guardare avanti: “Sono cento tondi i parlamentari della Lega al lavoro da domani”, ha detto in conferenza stampa. Siamo “il secondo partito del centrodestra e ce la giochiamo col Pd come secondo” in assoluto. “Per almeno cinque anni conto si tiri dritto senza cambiamenti con una maggioranza chiara del centrodestra”. La sua è una speranza che riguarda anche il proprio futuro politico. Si auto-assolve il Capitano e dà ai cronisti la sua interpretazione del tracollo: “E’ stata premiata l’opposizione, Fratelli d’Italia è stata brava a farla”.
Dunque, il suo partito avrebbe pagato la partecipazione al governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi. “Il dato della Lega non soddisfa”, deve ammettere. “Non è quello per cui ho lavorato, ma con il 9% siamo in un governo di centrodestra in cui saremo protagonisti”. Ergo: pretenderà quello che gli spetta nel nuovo esecutivo a guida Meloni. Senza dimenticare che ci sono gli incarichi istituzionali da ripartire: in ballo c’è anche la presidenza del Senato. Nessun cenno al fatto che la distanza da Berlusconi è davvero minima e che per un soffio non sia stato superato da Forza Italia.
Dietro le parole il volto è tirato, l’espressione nervosa: il segretario avverte il pericolo della parabola discendente senza possibilità di risalita. L’effetto sorpresa c’è stato, un calo così drastico davvero non se lo aspettava. Ma annuncia che “entro la fine dell’anno” si svolgeranno “i congressi in tutte le 1400 sedi. Poi l’anno prossimo quelli provinciali e regionali”. Passano pochi istanti e deve riconoscere che “una fase di riorganizzazione del movimento, puntando su sindaci e amministratori, è fondamentale”. Tuttavia “se qualcuno ha altri progetti... Questa non è una caserma. Tutti sono utili e nessuno è necessario”. Lo dice ma non ci crede. Perché Salvini non vuole vedere la caduta. Non si rassegna all’evidenza. In molti nelle file leghiste pensano che sia solo questione di tempo, poco tempo. Il tonfo è destinato a fare molto rumore, difficile passarci su. Ci vorranno mesi per metabolizzare e ripartire.
Ma davvero pensa che resterà a capo della Lega? Da Giancarlo Giorgetti al su citato presidente del Veneto, Luca Zaia, fino a Massimiliano Fedriga, governatore del Friuli Venezia Giulia, c’è da scommettere che reclameranno un cambiamento e non aspetteranno a lungo. Prima o poi si faranno sentire. La leadership salviniana è al capolinea. L’unico a non accorgersene sembra proprio il diretto interessato.