Elezioni 2023

Regionali, cosa accade se il Pd continua a giocare di rimessa

In Lombardia la candidatura di Moratti per il Terzo Polo, nel Lazio la discussione su D’Amato: il centrosinistra rischia ancora di presentarsi spaccato

Regionali, cosa accade se il Pd continua a giocare di rimessa

Le elezioni regionali del 2023 coinvolgono due regioni di peso che insieme superano i 15 milioni di abitanti. Si tratta della Lombardia e del Lazio, dove il centrosinistra rischia ancora di presentarsi spaccato

 

Partiamo dalla Lombardia. La candidatura (a sorpresa?) di Letizia Moratti, fresca di dimissioni dalla vicepresidenza della Giunta di centrodestra di Attilio Fontana e da assessora al Welfare, che correrà per la presidenza del Pirellone con il Terzo Polo, ha sparigliato le carte nel fronte riformista e in quello di sinistra. L’ex sindaca di Milano, già ministra dell’Istruzione con Silvio Berlusconi, nonché ex presidente Rai, ha notoriamente fatto parte in tutti questi anni del centrodestra in area forzista. La sua uscita dal blocco Lega, Fratelli d’Italia, FI, e il suo ingresso nelle file del Polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi ripropone un po’ quello che è già accaduto qualche mese fa con Maria Stella Gelmini, anche lei personaggio politico di peso nei collegi lombardi. Dunque, la mossa di Moratti ci dice innanzitutto due cose. La prima è che l’area moderata del centrodestra nella regione più popolosa d’Italia perde pezzi, in favore dell’area riformista e liberale che si colloca nel centrosinistra. La seconda è che va a rafforzare il Terzo Polo, uscito dalle politiche del 25 settembre meno forte di quanto lo stesso Calenda si aspettasse, ma che non si arrende ed è pronto al contrattacco

 

Dunque, la considerazione più evidente da fare è questa: più che danneggiare il centrodestra, al cui bacino elettorale senza dubbio la candidatura dell’ex sindaca di Milano punta ad attingere, Moratti e la sua lista civica metteranno in difficoltà il Pd, ancora una volta costretto a giocare di rimessa. I dem lombardi sono ormai in assemblea permanente e in attesa di “primarie di coalizione”, ma se si farà un accordo oppure no con gli altri partiti è tutto da vedere. In ogni caso, per il Pd non esiste solo il ‘problema’ Moratti perché c’è anche il ‘nodo’ M5S ancora da sciogliere. Il partito di Giuseppe Conte per ora non si pronuncia e sta alla finestra mentre il Terzo Polo lancia le sue sfide al Pd. 

 

Nel Lazio sta accadendo suppergiù la stessa cosa. Calenda ha già offerto il suo appoggio ad Alessio D’Amato, assessore dem alla Sanità della Giunta Zingaretti, ma che proprio il Pd sembra avere escluso dalla corsa per la presidenza. Il centrosinistra nel Lazio è sempre più litigioso e uno dei motivi è proprio un eventuale accordo con il M5S. Calenda lo esclude, ma al Nazareno la scelta di non fare l’alleanza con Conte alle politiche di settembre ora viene criticata da molti dell’area più a sinistra. Lo stesso Nicola Zingaretti, presidente uscente, lavorerebbe per riproporre la coalizione che alla Regione Lazio governa già insieme anche se con una candidatura civica per la presidenza.

 

Tuttavia il Pd locale vive un profondo scontro tra diverse anime, esattamente come a livello nazionale. Il percorso congressuale – ricordiamo che Enrico Letta è segretario dimissionario – è appena iniziato e si concluderà a marzo. Questo non è un punto di forza ma di debolezza per i democratici. Mentre gli altri decidono il Pd è lì che discute e si dilania sui poteri di forza delle diverse correnti interne

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