Le linee d’azione Ue

Piano europeo di ricollocamento dei profughi. Soddisfatto Piantedosi

In vista della riunione del 25 novembre si cerca di accelerare su un “Action Plan” comune. Frontex giocherà un ruolo di primo piano. Ecco cosa si delinea

Piano europeo di ricollocamento dei profughi. Soddisfatto Piantedosi

Le linee d’azione su cui poggia l’ “Action Plan” a cui sta lavorando l’Europa, per giungere a un accordo comune sulla gestione di profughi e migranti, sono tre, ma diventano ben 20 le azioni previste.

Lo scopo, invece, è uno solo ossia affrontare le "sfide attuali ed immediate", le stesse sulle quali l’italia ha sollecitato un intervento proprio da parte di tutti gli Stati membri, concordato.

Ma il tempo stringe e così la commissaria europea agli Affari Interni, Ylva Johansson, ha lanciato un "appello ad accelerare", partendo dalle linee comuni per arrivare a nuove strategie, che si sono rese necessarie anche dopo la crisi in Sicilia e il braccio di ferro tra Roma e Parigi.

 

La gestione dei richiedenti asilo

A presentare la bozza è stata proprio la Commissaria Johansson, in vista del Consiglio Interni straordinario convocato per venerdì 25 novembre. La stessa responsabile degli Affari interni ha esortato al senso di responsabilità dei Paesi membri, pur sottolineando l’esigenza di dare risposte ai quesiti sollevati dall’Italia. Per questo fin dalle scorse ore è arrivato il plauso del ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, che si è detto “soddisfatto” dell’iniziativa, per i contenuti del piano che "mette al centro della discussione alcune importanti questioni in tema di gestione dei flussi migratori e lo fa nella prospettiva già auspicata dal governo italiano".

 

La soddisfazione di Piantedosi

In particolare, per il titolare del Viminale è importante che si punti su "una più intensa cooperazione con i Paesi di origine e transito dei flussi migratori", ed è "molto significativo il riferimento a una implementazione del meccanismo di solidarietà adottato nel giugno scorso, in considerazione del fatto che la sua applicazione concreta, fino ad oggi, ha dato per l'Italia risultati assolutamente insufficienti". Secondo il Ministro è "altrettanto importante" anche "l'aspetto relativo a un maggiore coordinamento delle attività di ricerca e soccorso nelle aree Sar, che prevede, come da tempo richiesto dall'Italia, un ruolo anche per gli Stati di bandiera''.

 

Le linee d’azione: da Frontex ai ricollocamenti

Da un lato, dunque, l’agenzia Frontex dovrebbe svolgere un’azione di primo piano, soprattutto per quanto riguarda i rimpatri dei migranti irregolari, insieme ai ricollocamenti, che necessitano di avvenire in maniera più snella ed efficace.

Ma un altro punto importante riguarda le azioni da intraprendere per evitare le partenze, prevenendo gli sbarchi irregolari: in questo ambito diventano fondamentali le collaborazioni con i paesi di provenienza delle imbarcazioni. "Gli ultimi eventi confermano che la situazione non è sostenibile", nella rotta del Mediterraneo Centrale che è quella "in cui c'è il più alto numero di arrivi irregolari e che è anche la più pericolosa dove fino ad ora si sono stati 90mila attraversamenti, un aumento di più del 50 per cento rispetto allo scorso anno scorso", ha spiegato Johansson. "Quest'anno 3mila persone sono ritornate volontariamente nei loro Paesi di origine dalla Libia – ha proseguito - e più di 60mila da quando è iniziato il programma con l'Onu", ha rivendicato la commissaria.

 

Il ruolo delle Ong

Resta, poi, da intervenire sul fronte delle navi delle Ong e private che si occupano attivamente di soccorso in mare, per capire come collocarne l’operato. In pratica se, come chiede l’Italia, spetti ai Paesi di cui battono bandiera, occuparsi delle richieste di asilo e dell’accoglienza.

La commissaria ha riconosciuto che "una significativa maggioranza delle persone che arrivano non hanno realmente bisogno di protezione internazionale", arrivando da Paesi come Egitto, Tunisia e Bangladesh, che dall'Ue sono ritenuti Paesi sicuri. Per quanto riguarda la questione dei salvataggi in mare la rappresentante svedese dell'esecutivo ha ribadito che "è un obbligo legare quello di salvare le persone e assicurare la loro sicurezza", quindi anche di "farli sbarcare", e questo è "chiaro e inequivocabile, indipendentemente dalle circostanze che hanno portato le persone in questa situazione", ha aggiunto ancora la Commissaria.

Johansson ha sottolineato, comunque, come l'obbligo "non deriva dalle regole Ue ma dalle leggi internazionali".

Il tema, però, è delicato tanto che la stessa Commissaria ha parlato delle “molte sfide" a riguardo, spiegando che "non c'è sufficiente chiarezza legislativa sul ruolo delle barche private", quindi quelle delle Ong. A questo fine "serve maggiore cooperazione tra gli Stati membri, Stati di bandiera, Stati costieri e altri attori rilevanti", ha continuato la commissaria secondo cui "con il Patto per le migrazioni e l'asilo abbiamo proposto un approccio più coordinato per le operazioni di Ricerca e soccorso. Ad esempio con un gruppo di contatto europeo, e cooperazione con Oim e Unhcr", cioè l'Organizzazione internazionale per le migrazioni e l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.

 

La solidarietà europea

Non da ultimo, va rivisto e sottolineato il principio della solidarietà, a cui sono legati i ricollocamenti dei migranti tra i diversi Paesi membri. Al momento, al di là degli intenti dello scorso giugno, la stessa Johanson ha spiegato come ci sono stati "solo un centinaio di ricollocamenti a fronte di impegni per 8mila".

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