
A spiegare il motivo del cambio era stata la stessa presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: "La famiglia è il nucleo essenziale della nostra Nazione, è l'unità di base del nostro vivere sociale. Per questo crediamo che anche l'ordinamento fiscale debba riconoscere il ruolo sostitutivo di ammortizzatore sociale che le famiglie esercitano e che è sempre più cruciale nella moderna società.
In questa prospettiva, Fratelli d'Italia propone da sempre un radicale cambio di paradigma del sistema impositivo, perché la tassazione sul reddito tenga conto della composizione e delle caratteristiche delle famiglie, con l'introduzione a regime del cosiddetto quoziente familiare. In sostanza più è numerosa la famiglia, meno tasse si pagano".
Cos’è il quoziente familiare
Si tratta di un nuovo parametro che non tiene conto dei soli redditi del nucleo, ma anche della composizione, quindi del numero di figli, e della eventuale presenza di disabili.
Ad essere previsto sarebbe un “coefficiente familiare”, che parte da 1, nel caso di single, per crescere a 2, in caso di coppia senza figli, che poi salirebbe a 2,5 per le famiglie con un figlio: per ogni figlio, infatti, si dovrebbe aggiungere lo 0,5. Nel caso di 2 figli, quindi, si arriverebbe a 3, ecc.
Per capire quale sia lo scaglione di aliquota per l’Irpef, dunque, si dovrebbe dividere l’importo del reddito complessivo per il coefficiente. A essere favorite, quindi, sarebbero le famiglie più numerose.
Come spiegato dal vice capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera, Alfredo Antoniozzi, "l'introduzione del quoziente familiare per le imposte annunciato dal governo Meloni porterà un recupero medio di mille euro annuali per ogni famiglia, fatto assolutamente positivo per la nostra economia e per i nuclei più numerosi".
I limiti: le donne potrebbero essere incentivate a non lavorare?
A far discutere in queste ore, però, è un aspetto in particolare, ossia la possibilità che questa nuova modalità di tassazione, che è stata prevista per i bonus fiscali sulle ristrutturazioni (in particolare il Superbonus) e poi estesa alla fiscalità generale, possa disincentivare le donne a lavorare. Si tratterebbe di un problema che si aggiungerebbe e sarebbe legato alle retribuzioni femminili già più basse rispetto a quelle maschili.
A spiegare perché, con un lungo post su Facebook, è stato il deputato di Italia Viva Luigi Marattin: prendendo ad esempio una famiglia in cui lavora solo uno dei due componenti, con un imponibile di 35mila euro, con il sistema attuale l'aliquota da applicare sarebbe quella del terzo scaglione che in Italia è del 35%. Con il quoziente familiare, invece, il reddito andrebbe diviso per due (17.500) con un’aliquota più bassa, pari al 25%. Ma Marattin chiede: "Il componente che non lavora (che di solito è la donna) ha incentivo a trovare un lavoro?".
Ovviamente il deputato risponde negativamente, ricordando come incaso di secondo reddito, anche di un solo euro, questo avrebbe comunque "un'aliquota marginale del 25%, perché il meccanismo di somma col reddito del marito colloca quell'euro già al secondo scaglione".