
Dopo l’approvazione lampo del decreto legge che cancella con un colpo di spugna le cessioni dei crediti per i lavori edilizi, dal superbonsu all’ecobonus, che tanto stanno costando alle casse dello Stato e le dimissioni della sottosegretaria Augusta Montaruli, condannata per peculato, lo scontro nella maggioranza o meglio tra Fratelli d’Italia e Forza Italia ha raggiunto toni inimaginabili e ancora oggi, la tensione tra i due partiti rimane palpabile.
La gara a chi ha più pregiudicati tra le fila del proprio partito, finita sulle prime pagine dei giornali di stamattina, le minacce di Fi di chiedere la modifica del decreto Giorgetti-Meloni che ha stoppato il superbonus, i difficili rapporti tra la premier e Berlusconi a seguito delle esternazioni del leader di Fi contro Zelensky che hanno messo Giorgia Meloni in grande difficoltà anche sul piano internazionale, a pochi giorni dalla sua prima visita in Ucraina, non fanno promettere niente di buono. Meloni seppur convinta della scelta «inevitabile», causata da riforme «scellerate» dei governi precedenti che hanno causato 120 miliardi di crediti accumulati nei cassetti fiscali e in aumento di 3 miliardi al mese, sa che dovrà trovare un punto di contatto sulla norma, soprattutto ora alla luce delle numerose proteste di costruttori e associazioni.
Ed ecco perché ai vertici di domani a Palazzo Chigi, guidati dal ministro dell’Economia Giorgetti e il sottosegretario alla presidenza, Alfredo Mantovano e ai quali interverranno anche l’Abi, Cdp e Sace, per valutare come sbloccare la cessione dei crediti dei bonus edili, il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, e le associazioni di categoria a partire da Ance, Confedilizia e Confindustria, scenderanno in campo per l’obiettivo i mediatori e i tecnici per ragionare sulle soluzioni possibili. Tra le più probabili, quella di permettere alle banche di compensare i crediti già maturati con gli F24 dei clienti. Ma il punto principale è attendere che nei prossimi giorni arrivi il parere definitivo di Eurostat con cui deciderà se i crediti di imposta, attualmente presenti nei cassetti fiscali italiani, una volta sbloccati e assorbiti dal sistema bancario, potranno essere conteggiati nel deficit del 2022 o in quello del 2023.
E la differenza è sostanziale per il governo Meloni: perché contabilizzare i crediti nei conti dello scorso anno garantirebbe all'esecutivo, di potersi muovere quest’anno nel perimetro dei rinnovi di qualche misura sociale. Al contrario, avrà le mani legate fino alla fine del 2023.