L’Inchiesta Covid

Conte, Speranza e Fontana tra gli indagati per epidemia colposa

A 3 anni dalla prima ondata della pandemia nella Bergamasca, chiusa l’indagine della Procura sull’ospedale di Alzano, morti in Rsa e mancata zona rossa

Conte, Speranza e Fontana tra gli indagati per epidemia colposa

A tre anni di distanza dalla prima ondata covid che tra febbraio e aprile 2020, investì prepotentemente la Bergamasca provocando oltre 6 mila morti in più rispetto alla media dell'anno precedente, è stata chiusa l'inchiesta per epidemia colposa con 19 indagati tra cui l'ex premier Giuseppe Conte, l'ex ministro della Salute Roberto Speranza, il Governatore della Lombardia Attilio Fontana e l'ex assessore della sanità lombardo Giulio Gallera.

Nell'atto che chiude le indagini ci sono anche il presidente dell'Istituto Superiore della Sanità, Silvio Brusaferro, l'allora capo della Protezione Civile, Angelo Borrelli, e il presidente dell'Istituto Superiore della Sanità, Franco Locatelli. C'è anche Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato tecnico scientifico nella prima fase dell'emergenza e tra i tecnici del ministero della salute l'ex dirigente Francesco Maraglino, tra gli indagati nell'inchiesta sula gestione del Covid della Procura di Bergamo.

 

L'inchiesta

Il procuratore aggiunto di Bergamo Cristina Rota con i pm Silvia Marchina e Paolo Mandurino, sotto la super visione del Procuratore Antonio Chiappani, hanno portato avanti l’indagine con l’obbiettivo di far luce e individuare le responsabilità di quella immane tragedia, della quale tutti gli italiani ricordano ancora quelle terribili immagini delle lunghe file di camion dell'esercito con sopra le bare delle vittime da trasportare fuori regione per essere cremate.

L'inchiesta, che già contava alcuni indagati come i vertici dell'Ats di Bergamo e dirigenti dell'assessorato regionale alla sanità, come scrive in una nota il Procuratore Chiappani, "sono state articolate, complesse e consistite nell'analisi di una rilevante mole di documenti" informatici o cartacei "nonché di migliaia di mail e di chat telefoniche in uso ai soggetti interessati dall'attività investigativa, oltre che nell'audizione di centinaia di persone informate sui fatti". Un'attività che ha consentito di ricostruire i fatti a partire dal 5 gennaio 2020, quando l'Oms aveva lanciato l'allarme mondiale a tutti i paesi e che si è avvalsa di una maxi consulenza firmata da Andrea Crisanti, microbiologo dell'Università di Padova e ora senatore del Pd. Gli accertamenti hanno riguardato tre livelli, uno strettamente locale, uno regionale e il terzo nazionale con le audizioni a Roma di Conte, Speranza i veri tecnici e anche l'ex ministro dell'Interno Luciana Lamorgese.

 

Nel mirino degli inquirenti

Nel mirino degli inquirenti e degli investigatori della Guardia di Finanza non solo i morti nelle Rsa della Val Seriana e il caso dell'ospedale di Alzano chiuso e riaperto nel giro di poche ore, ma soprattutto la mancata istituzione di una zona rossa uguale a quella disposta nel Lodigiano e il mancato aggiornamento del famoso piano pandemico, fermo al 2006, e l'applicazione di quello esistente anche se datato e che comunque, stando agli elementi raccolti, avrebbe potuto contenere la trasmissione del Covid. 

Riguardo alle omissioni, come ha sottolineato Crisanti nella sua consulenza in base a un modello matematico, se fosse stata istituita la zona rossa in Val Seriana, al 27 febbraio i morti sarebbero stati 4.148 in meno e al 3 marzo 2.659 in meno.

 

Le famiglie delle vittime

I familiari delle vittime: "Ringrazio a nome dei familiari la procura di Bergamo che con questi risultati di indagine dà onore ai deceduti - ha commentato l'avvocato Consuelo Locati, referente del team legale dell'associazione dei familiari delle vittime del Covid 'Sereniesempreuniti' -. Noi familiari delle vittime ci abbiamo sempre creduto, la procura di Bergamo è stata l'unica istituzione che ha ascoltato la nostra voce".

 

"Si riscrive la storia della strage" "Da oggi - si legge in una nota dell'associazione - si riscrive la storia della strage bergamasca e lombarda, la storia delle nostre famiglie, delle responsabilità che hanno portato alle nostre perdite. La storia di un'Italia che ha dimenticato quanto accaduto nella primavera 2020, non a causa del Covid19, ma per delle precise decisioni o mancate decisioni"

 

Le reazioni di Conte, Speranza, Fontana e Gallera

L'ex premier Giuseppe Conte, in merito all'inchiesta sulla gestione del Covid in provincia di Bergamo, ha dichiarato: "Sono tranquillo di fronte al Paese e ai cittadini italiani per aver operato con il massimo impegno e con pieno senso di responsabilità durante uno dei momenti più duri vissuti dalla nostra Repubblica".

 

Anche l'ex ministro della Salute, Roberto Speranza, si è detto "molto sereno". "Ho sempre pensato che chiunque abbia avuto responsabilità nella gestione della pandemia debba essere pronto a renderne conto". Entrambi hanno riferito di aver appreso dalla stampa le notizie sull'inchiesta.

 

L'ex assessore al Welfare della Regione Lombardia Giulio Gallera: "Non ho ancora ricevuto alcun atto ufficiale. Ma sono sereno e garantirò, come ho sempre fatto, la massima collaborazione alla magistratura". "Abbiamo affrontato il Covid a mani nude, sulla base delle pochissime informazioni delle quali potevamo disporre, abbiamo messo in campo le decisioni più opportune per affrontare l'emergenza. Ho sempre garantito ogni forma di collaborazione con la Procura di Bergamo come persona informata sui fatti, e continuerò a farlo. Come afferma la stessa Procura, l'avviso della conclusione delle indagini preliminari non è un atto di accusa bensì un atto di garanzia per l'indagato, che viene messo a conoscenza degli atti di indagine e posto nelle condizioni di esercitare la propria difesa chiedendo l'archiviazione".

 

L'avvocato Jacopo Pensa, legale di Attilio Fontana: "Non avevamo il minimo segnale di partecipare al banchetto degli indagati. Fontana era stato sentito come persona informata sui fatti e da allora silenzio assoluto". "Apprendiamo prima dai media e senza alcuna notifica formale di essere tra gli indagati". E ancora: "Prendiamo atto che la Procura di Bergamo ha sottolineato che la conclusione delle indagini non è un atto di accusa. Vedremo, vedremo. Non è neanche un atto di difesa".

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