
Il conflitto tra Israele e Hamas entra nel suo 38esimo giorno senza segni di tregua. La situazione umanitaria nella Striscia di Gaza è drammatica, con migliaia di civili intrappolati negli ospedali sotto assedio. Il bilancio delle vittime supera le 11mila unità. Sul fronte diplomatico, si cerca una soluzione per il rilascio degli ostaggi, mentre dal Libano si intensificano gli attacchi di Hezbollah contro Israele.
Ospedali al collasso, civili in pericolo
L’ospedale Al Shifa, il più grande di Gaza, è diventato il simbolo della tragedia che si sta consumando nella Striscia. Da giorni, la struttura è priva di elettricità, acqua, ossigeno e forniture mediche, a causa dell’assedio delle forze israeliane che sospettano che sotto di essa si nasconda il leader di Hamas, Yahya Sinwar. All’interno dell’ospedale, ci sono centinaia di pazienti malati e feriti, tra cui neonati che necessitano di assistenza respiratoria, e di sfollati che hanno perso la loro casa a causa dei bombardamenti. Il direttore dell’ospedale, Muhammad Abu Salmiya, ha lanciato un appello disperato alla comunità internazionale, denunciando che ogni minuto c’è chi muore e che sono pronti ad evacuare se Israele lo consente. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha espresso la sua profonda preoccupazione per la sicurezza del personale sanitario e ha chiesto una pausa umanitaria per consentire l’accesso degli aiuti. Ieri, un missile è esploso all’esterno dell’ospedale, provocando almeno 20 morti. L’esercito israeliano ha negato ogni responsabilità, accusando Hamas di aver lanciato il razzo. Al Shifa non è l’unico ospedale sotto attacco: anche altre strutture sanitarie sono state colpite o danneggiate dai raid aerei e dai combattimenti. Secondo l’Oms, almeno 23 ospedali e cliniche sono stati distrutti o resi inoperativi dal 7 ottobre, quando è iniziato il conflitto.
Ostaggi, si cerca una mediazione
Uno dei nodi più delicati della crisi è quello degli ostaggi, che secondo le stime israeliane sarebbero circa 240, tra cui anche un bambino americano di tre anni, i cui genitori sono stati uccisi da Hamas durante gli attacchi del 7 ottobre in Israele. Hamas ha chiesto in cambio del loro rilascio la liberazione di migliaia di prigionieri palestinesi detenuti in Israele, ma finora non c’è stato alcun accordo. Gli Stati Uniti sono al lavoro per trovare una soluzione e facilitare il dialogo tra le parti. Il presidente americano Joe Biden ha discusso con l’emiro del Qatar, Tamim Bin Hamad Al-Thani, della guerra a Gaza e degli sforzi compiuti dal Qatar per liberare gli ostaggi. In una nota, la Casa Bianca ha affermato che i due leader hanno convenuto che tutti gli ostaggi devono essere rilasciati senza ulteriori ritardi. Biden ha anche espresso la sua visione di un futuro Stato palestinese in cui israeliani e palestinesi possano vivere fianco a fianco con uguale stabilità e dignità. Ha inoltre osservato che Hamas è stato a lungo un ostacolo a questo risultato. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato in un’intervista alla Nbc che potrebbe esserci un accordo per liberare gli ostaggi, ma ha anche attaccato duramente Hamas, definendolo un male puro che va combattuto.
Hezbollah, il fronte del Libano
Mentre la guerra a Gaza continua, si apre un nuovo fronte di tensione al confine tra Israele e Libano, dove opera Hezbollah, la milizia sciita filo-iraniana che sostiene Hamas. Negli ultimi giorni, Hezbollah ha intensificato gli attacchi contro Israele, lanciando missili anticarro e razzi che hanno ferito sette soldati e dieci civili nel nord del Paese. Israele ha risposto con raid aerei e colpi di artiglieria contro le postazioni di Hezbollah nel sud del Libano, colpendo anche una cellula terroristica che intendeva aprire il fuoco verso il territorio israeliano. Nel mezzo, c’è il contingente dell’Onu, Unifil, composto da oltre mille soldati italiani, che ha il compito di monitorare il cessate il fuoco tra Israele e Libano. Un casco blu del Ghana è rimasto ferito da colpi d’arma da fuoco, ma non è chiaro chi gli abbia sparato. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha espresso la sua preoccupazione per un allargamento del conflitto e ha chiesto a tutte le parti di mostrare la massima moderazione e rispettare le risoluzioni del Consiglio di sicurezza.