Con la fine del 2024 si avvicina la scadenza di importanti strumenti previdenziali come Quota 103, Ape sociale e Opzione donna. Questo scenario impone al governo la necessità di decidere quali misure adottare per il 2025, in un contesto di risorse limitate e di divergenze interne alla maggioranza. Il dibattito si inserisce nell’ambito della definizione della manovra economica per il prossimo anno, un processo reso complesso dalla difficile compatibilità tra l’esigenza di riformare il sistema pensionistico e la necessità di contenere la spesa pubblica.
Il nodo delle risorse e le ipotesi in campo
Con il termine delle misure attuali previsto per la fine del 2024, il cantiere delle pensioni è già in piena attività, ma le risorse scarse e le diverse opinioni all'interno della maggioranza rendono difficile trovare un consenso. Tra le opzioni sul tavolo vi è la possibilità di rinnovare le misure in scadenza, magari con qualche modifica, oppure introdurre nuove soluzioni per garantire la flessibilità in uscita.
Una delle proposte più discusse è quella di Quota 41 contributiva, che permette di andare in pensione dopo 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età, ma con un calcolo dell’assegno basato interamente sul sistema contributivo. Sebbene sostenuta dalla Lega, questa proposta appare poco praticabile a causa dei costi elevati, stimati sopra i 500 milioni di euro, che rischierebbero di aggravare ulteriormente il già pesante fardello della spesa pensionistica.
Una variante di questa proposta è la cosiddetta Quota 41 mirata, che sarebbe riservata a una platea più ristretta, riducendo così l'impatto sui conti pubblici. In questo caso, il pensionamento anticipato con 41 anni di contributi verrebbe concesso solo a coloro che hanno accumulato almeno 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni.
Le altre opzioni e le difficoltà di una riforma organica
Un'altra opzione discussa è Quota 104, che era già stata presa in considerazione durante la preparazione della manovra 2024. Questa misura prevedeva la possibilità di andare in pensione con almeno 63 anni di età e 41 di contributi. Tuttavia, a causa delle resistenze all’interno della maggioranza, in particolare da parte della Lega, questa soluzione fu accantonata in favore di Quota 103. Tuttavia, potrebbe tornare in discussione se le risorse disponibili per la manovra 2025 dovessero rivelarsi insufficienti.
Quota 103 con il contributivo è invece una misura già attiva, che consente il pensionamento anticipato con 62 anni di età e 41 di contributi, ma con un ricalcolo interamente contributivo dell’assegno. Nonostante la scarsa adesione riscontrata finora, con circa 7.000 pensionamenti, la misura potrebbe essere prorogata di un anno, soprattutto se non si trovasse un accordo su un’alternativa valida.
Opzione donna e Ape sociale: proroghe o modifiche?
Per quanto riguarda le donne, il governo sta valutando il futuro di Opzione donna, una misura che permette alle lavoratrici di andare in pensione anticipatamente con 61 anni di età e almeno 35 anni di contributi, ma con un ricalcolo contributivo dell’assegno. Attualmente, la misura è riservata a specifiche categorie, come caregiver e donne con invalidità civile superiore al 74%. Le opzioni in discussione sono due: una possibile abolizione dello strumento, con l'introduzione di agevolazioni specifiche per le categorie coinvolte, oppure una proroga per un altro anno.
Infine, vi è il tema dell’Ape sociale, un anticipo pensionistico riservato a categorie di lavoratori in condizioni particolarmente gravose, come disoccupati, caregiver e invalidi civili. Attualmente, è accessibile a coloro che hanno compiuto 63 anni e 5 mesi, ma per il 2025 si stanno valutando diverse ipotesi: un prolungamento con una platea ridotta, un ulteriore innalzamento dei requisiti anagrafici, la sostituzione con un nuovo strumento o una proroga secca.
Verso una scelta definitiva: i margini di manovra del governo
Al di là delle singole opzioni, il governo dovrà affrontare il problema della sostenibilità della spesa pensionistica. Una delle ipotesi sul tavolo è quella di ritoccare i tempi di uscita per chi ha maturato 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi per le donne), estendendo la finestra di tre mesi necessaria per il pensionamento effettivo fino a 6-7 mesi. Questa misura, che farebbe slittare il pensionamento a 43 anni e 5 mesi per gli uomini e 42 anni e 5 mesi per le donne, ha già incontrato la ferma opposizione della Lega.
La definizione della manovra 2025 sarà dunque un banco di prova per la tenuta dell’attuale maggioranza e per la capacità del governo di conciliare le esigenze di riforma con i vincoli di bilancio. Le decisioni prese nei prossimi mesi influenzer