il virus H5 e le sue varianti

Allarme negli USA: primo caso di aviaria senza contatto con animali

Primo contagio umano di influenza aviaria in Missouri, senza contatto diretto con pollame infetto. Epidemiologi divisi sul rischio per la popolazione

Allarme negli USA: primo caso di aviaria senza contatto con animali

Negli Stati Uniti, un caso di influenza aviaria H5 è stato segnalato in Missouri in una persona che non ha avuto contatto con animali malati. È la prima volta che viene rilevata un'infezione umana senza esposizione diretta agli animali, come confermato dai CDC. La notizia ha sollevato preoccupazioni tra gli esperti, con opinioni divergenti sul potenziale rischio per la popolazione. Mentre l’infettivologo Matteo Bassetti ritiene che il virus si stia pericolosamente avvicinando all'uomo, Massimo Ciccozzi, epidemiologo del Campus Biomedico di Roma, invita alla cautela e sottolinea l'assenza di prove scientifiche definitive.

 

Il caso in Missouri e l'allerta dei CDC

Il 22 agosto scorso, una persona nel Missouri è stata ricoverata a causa di un'infezione da influenza aviaria H5, senza avere avuto contatti con polli o altri animali malati. A dare la notizia è stato il Centers for Disease Control and Prevention (CDC), che ha confermato che questo è il quattordicesimo caso umano negli Stati Uniti nel 2024, ma il primo senza un'esposizione diretta ad animali infetti. L'infezione è stata segnalata anche dalla CNN, sollevando il dibattito tra gli esperti sanitari. 

Il CDC ha rassicurato la popolazione, affermando che il rischio di una diffusione del virus tra gli esseri umani rimane basso. La persona contagiata soffriva già di condizioni mediche preesistenti, un fattore che potrebbe aver reso più vulnerabile il soggetto all’infezione. Nonostante ciò, i funzionari della sanità pubblica statunitense mantengono alta l’attenzione, monitorando attentamente l’evoluzione del caso. 

 

Bassetti: "Il virus si sta avvicinando all’uomo"

L’infettivologo Matteo Bassetti, direttore delle Malattie infettive dell’Ospedale San Martino di Genova, ha espresso preoccupazione in un’intervista ad Adnkronos Salute. Secondo Bassetti, il caso del Missouri potrebbe rappresentare un segnale importante dell’avvicinamento del virus H5 all'uomo. "Non è una bella notizia", ha dichiarato. "Aspettavamo solo il momento in cui l'influenza aviaria avrebbe iniziato a trasmettersi da uomo a uomo, e questo caso potrebbe essere un campanello d'allarme. Anche se per ora non abbiamo certezze assolute, il fatto che un individuo abbia contratto il virus senza contatto con animali è preoccupante". 

Bassetti ha inoltre sottolineato che l’influenza aviaria potrebbe diventare un problema globale. "Il virus si sta avvicinando progressivamente all'uomo, e prima o poi dovremo affrontarlo seriamente", ha aggiunto. Per l’esperto, se il virus H5 si evolvesse in una forma in grado di trasmettersi facilmente tra gli esseri umani, potrebbe avere conseguenze gravi per la salute pubblica globale.

 

Ciccozzi: "Nessuna evidenza di trasmissione tra umani"

Di parere diverso è Massimo Ciccozzi, ordinario di Epidemiologia al Campus Biomedico di Roma, che ha commentato la vicenda all'ANSA. Per Ciccozzi, non ci sono ancora prove scientifiche che il virus si stia trasmettendo da persona a persona. "Il contagio di influenza aviaria da un individuo a un altro non è stato dimostrato", ha spiegato. "Se ciò dovesse accadere, sarebbe certamente una situazione preoccupante, ma al momento non abbiamo elementi sufficienti per affermarlo".

Secondo l’epidemiologo, è possibile che la persona contagiata in Missouri abbia avuto contatti inconsapevoli con il virus, ad esempio attraverso il consumo di carne poco cotta o il contatto con superfici contaminate. Tuttavia, Ciccozzi ha invitato a non trarre conclusioni affrettate prima di disporre di dati più completi. "Dobbiamo aspettare la sequenza genetica completa del virus per poter capire la sua patogenicità", ha aggiunto. "Al momento abbiamo solo il gene H5, ma mancano altre informazioni cruciali".

 

Un rischio ancora basso per l’uomo

Nonostante la crescente attenzione attorno al virus H5N1, il rischio per la popolazione generale rimane relativamente basso, specialmente per chi non lavora in stretta prossimità di allevamenti intensivi. "Le persone che sono state contagiate finora hanno manifestato sintomi influenzali lievi", ha spiegato Ciccozzi. Tuttavia, tra gli animali infetti, la letalità del virus è molto alta. Se dovesse verificarsi una mutazione che permettesse una trasmissione tra esseri umani, lo scenario potrebbe cambiare radicalmente, come accaduto con l’H1N1, il virus dell'influenza suina adattatosi all’uomo.

Per Ciccozzi, una soluzione preventiva potrebbe risiedere nel ripensamento del sistema di allevamento, incentivando le piccole realtà, più controllabili rispetto ai grandi impianti intensivi. "Ridurre il numero di animali allevati in spazi ristretti e migliorare i criteri igienici nella macellazione potrebbe diminuire il rischio di zoonosi, cioè il passaggio di virus dagli animali all’uomo", ha concluso l'epidemiologo. 

 

Monitoraggio costante e prevenzione

Mentre gli esperti continuano a discutere sull'entità del rischio legato al virus H5N1, resta fondamentale mantenere alta l’attenzione e potenziare le misure di prevenzione. Il monitoraggio degli allevamenti e una maggiore sorveglianza sanitaria, nonché una stretta collaborazione internazionale, saranno essenziali per prevenire una potenziale pandemia. 

In attesa di ulteriori dati dal Missouri, le autorità sanitarie di tutto il mondo stanno osservando attentamente lo sviluppo del caso, pronte a intervenire qualora il virus dovesse mutare in una forma più pericolosa per l’uomo.

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