La situazione tra Israele e Libano si fa sempre più critica, con un’escalation di violenza che non accenna a fermarsi. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato di non voler accettare alcun cessate il fuoco, ribadendo la sua volontà di proseguire le operazioni contro Hezbollah fino al raggiungimento degli obiettivi prefissati. Nel frattempo, il bilancio delle vittime continua a salire, con centinaia di morti e migliaia di sfollati. Le tensioni non si limitano solo a Israele e Libano, ma coinvolgono anche attori internazionali come gli Stati Uniti, che hanno inviato un nuovo pacchetto di aiuti militari a Tel Aviv. Ecco un aggiornamento degli ultimi sviluppi di una guerra che sembra non avere fine.
Bombe sul Libano e nuovi sfollati
Nelle ultime ore, il sud del Libano è stato colpito duramente dai raid aerei israeliani, causando almeno 700 morti solo dalla scorsa settimana, secondo quanto riportato da Al Jazeera. Oltre 100mila persone sono state costrette a fuggire dalle loro case, creando una nuova emergenza umanitaria. Il direttore di Relief International in Libano, Giacomo Lapo Baldini, ha descritto la drammatica situazione degli sfollati: “Le famiglie arrivano nei rifugi collettivi con pochissimi beni, hanno bisogno di tutto, dai materassi al sapone, e la paura è palpabile”. L’organizzazione sta lavorando insieme al governo libanese per offrire supporto alle persone costrette a lasciare le loro case, ma la violenza in costante aumento rende ogni intervento complesso e pericoloso.
La situazione si complica ulteriormente con l’azione di Hezbollah, il gruppo armato sciita che continua a lanciare attacchi contro Israele. In risposta, l'esercito israeliano ha intensificato i bombardamenti, causando un numero crescente di vittime civili. Tra queste, anche 23 siriani, per lo più donne e bambini, sono stati uccisi durante un raid su un edificio nella città di Younine, nel nord del Libano. Il sindaco della città, Ali Qusas, ha confermato la tragedia, sottolineando che tra i feriti ci sono altri civili.
Netanyahu e la posizione di Israele
Nonostante le pressioni internazionali per una tregua, Netanyahu è stato chiaro: "La guerra contro Hezbollah continuerà fino a quando non saranno raggiunti tutti i nostri obiettivi". Tra questi, il ritorno in sicurezza dei residenti del nord di Israele e l’eliminazione dei leader di Hezbollah. Il premier israeliano ha rilasciato queste dichiarazioni all’aeroporto JFK di New York, dove si trova per partecipare all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Qui era previsto un discorso in cui Netanyahu avrebbe potuto annunciare un cessate il fuoco, ma l'accordo sembra essere fallito a causa delle pressioni della destra israeliana, decisa a continuare le ostilità. Secondo quanto riportato dai media israeliani, il ministro degli Affari strategici, Ron Dermer, aveva avviato colloqui con gli Stati Uniti per trovare un accordo, ma le resistenze interne hanno fatto naufragare ogni possibilità.
Il rifiuto di Netanyahu di accettare un cessate il fuoco ha scatenato reazioni contrastanti. Il presidente francese Emmanuel Macron, in una conferenza stampa con il primo ministro canadese Justin Trudeau, ha definito "un errore" la decisione di Netanyahu, affermando che il premier israeliano si sarebbe assunto la responsabilità di una possibile escalation. "Israele deve fermare i raid, e Hezbollah deve abbandonare la logica della rappresaglia", ha dichiarato Macron, esprimendo la preoccupazione che il Libano possa diventare una seconda Gaza.
Il ruolo degli Stati Uniti e l’appoggio militare
Nonostante la delusione per il mancato accordo sul cessate il fuoco, gli Stati Uniti continuano a sostenere militarmente Israele. Il governo israeliano ha annunciato di aver ricevuto un nuovo pacchetto di aiuti da 8,7 miliardi di dollari, destinato al potenziamento delle difese aeree e all’acquisto di nuovi armamenti. Questo sostegno include l'aggiornamento di sistemi avanzati come Iron Dome e David’s Sling, essenziali per proteggere Israele dagli attacchi missilistici di Hezbollah e di altre milizie filo-iraniane.
Nel frattempo, i segnali di un conflitto su scala più ampia non mancano. Questa mattina, l’esercito israeliano ha confermato che dieci razzi sono stati lanciati dal Libano verso Haifa, nel nord di Israele. La maggior parte di questi sono stati intercettati o sono caduti in aree non abitate, ma l’allerta rimane alta. A complicare ulteriormente il quadro, un missile balistico lanciato dallo Yemen è stato abbattuto dalle Forze di Difesa Israeliane poco fuori dai confini del Paese. L’episodio ha generato il panico a Tel Aviv e in altre località, con diverse persone ferite mentre si precipitavano nei rifugi.
La guerra tra Israele e Hezbollah sembra ben lontana da una risoluzione. L’inasprimento delle violenze e il rifiuto di Netanyahu di accettare una tregua non fanno che alimentare le tensioni, mentre la popolazione civile, sia in Israele che in Libano, continua a pagare il prezzo più alto. L’intervento internazionale, pur presente, appare finora insufficiente a fermare la spirale di violenza, con le nazioni occidentali che già pianificano l’evacuazione dei propri cittadini dal Libano nel caso di un ulteriore deterioramento della situazione. La comunità internazionale guarda con preoccupazione agli sviluppi, mentre la guerra prosegue inesorabile, senza una fine all’orizzonte.