Cartelli elettorali

Europa Verde e Sinistra italiana con i grillini non ci vogliono andare

Ma nessun nuovo incontro fissato per il momento con il Pd. Bonelli e Fratoianni spingono per una rinegoziazione dell’accordo Letta-Calenda che non ci sarà.

Europa Verde e Sinistra italiana con i grillini non ci vogliono andare

Che il M5S getti l’amo a Verdi e Sinistra Italiana che minacciano la rottura con il Pd non ci sono dubbi. Conte non disdegnerebbe un accordo con gli oppositori del governo Draghi che ieri hanno disertato l’incontro con Enrico Letta. Ma, da quello che traspare oggi, Bonelli (leader di Europa Verde) e Nicola Fratoianni (che guida Sinistra Italiana, ex componente di Liberi e Uguali) non sono particolarmente entusiasti all’idea di unirsi alla fronda pentastellata. 

 

I Verdi spiegano così il rifiuto di partecipare alla riunione con il segretario dem: “Non siamo andati perché non c'erano le condizioni per arrivare a un’intesa. L'intesa con Calenda si allontana dal sentimento del centrosinistra. Si smette di parlare dei problemi della gente, dall’emergenza climatica all’aumento dei prezzi dell’energia: quei punti vanno rinegoziati se non vogliamo fare un torto al Paese”. Ma l’idea di una riscrittura di quell’accordo è fuori discussione, non solo per il Pd ma anche per Calenda. D’altra parte, tra i riformisti dell’ex ministro dello Sviluppo economico e la sinistra che ha detto no a Draghi, e che in Parlamento ancora ieri ha votato contro l’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato (è agli atti il ‘no’ di Fratoianni), il Nazareno una scelta l’ha già operata. Considerando nei fatti secondario, ma non per questo escludendone una certa rilevanza, il patto con Verdi e SI rispetto a quello siglato con Azione. Letta tuttavia è un politico che le porte non le chiude per cui la possibilità di un confronto esiste ancora.

 

Intanto, sull’ipotesi di un avvicinamento ai grillini, Europa Verde dice di non essere una “pallina da ping pong” e parla piuttosto di una “verifica delle condizioni per il dialogo con il Pd”. Perplessità vengono espresse su Conte che vuole “portare il M5S alle origini. Noi”, afferma Bonelli, “vogliamo parlare di giustizia sociale e climatica e sentiamo la responsabilità verso il Paese per fermare le destre estreme che vogliono cambiare la Costituzione”. Anche Fratoianni apre al Nazareno ma avverte su un punto che non è di poco conto. In un’intervista rilasciata a QN fa sapere che “se coalizione ci sarà, non esiste lo spazio per immaginare un programma di coalizione, un vincolo di coalizione e un leader di coalizione”.

 

Non solo: “Se qualcuno pensa che la nostra lista possa essere parte di una alleanza che metta al centro l'agenda Draghi”, aggiunge, “cioè di una proposta politica costruita da una mediazione con le forze della destra, noi non ci saremo”. Dunque, quello col Pd sarebbe solo un accordo a fini puramente elettoralistici e senza alcun tipo di vincolo post-voto perché punti in comune con la lista progressista e riformista non ce ne sono. 

 

In queste condizioni è evidente che c’è un problema di coerenza che imporrebbe a Verdi e Sinistra italiana di rinunciare a una corsa con il Partito democratico e andare per la propria strada, a prescindere dalle oggettive chances create unendosi in coalizione. Idem se dicessero sì al ‘diritto di tribuna’. Ovvero all’inserimento di loro candidati nelle liste Pd per aggirare il tetto del 3%, che la legge elettorale impone alle singole formazioni per portare eletti in Parlamento. Detto questo anche il Pd ha da interrogarsi. In casa dem va avviata una riflessione approfondita sullo spazio da riservare alle politiche di sinistra e, quindi, sociali. Trattasi di questione che riguarda il futuro del partito e cosa vuole essere da qui ai prossimi anni. 

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