La scelta obbligata

Stop cessione dei crediti, il settore edile contro il governo Meloni

Per Unimpresa la scelta dell’Esecutivo di cancellare la norma metterà a rischio fallimento 25.000 aziende Pmi e la perdita di 130mila posti di lavoro

Stop cessione dei crediti, il settore edile contro il governo Meloni

La decisione del Governo di cancellare con un colpo di spugna il Superbonus, o meglio, la possibilità di libera cessione dei crediti dei bonus edilizi, sta facendo molto discutere l’intero settore

Una messa a punto della norma era inevitabile vista la spesa abnorme per lo Stato italiano e le richieste di rettifica di Eurostat. L’Istituto statistico europeo che detta le regole di contabilità pubblica in tutta l’Unione, nei mesi scorsi, aveva già criticato più volte le modalità di applicazione della cessione dei crediti da parte dell’Italia che sarebbero dovuti essere spalmati e scalati in più anni dalle tasse dei contribuenti anziché lasciati liberi di girare come se fossero moneta contante. Perché così facendo, e lo spiega bene sul suo blog Marattin di Italia viva, “il credito diventerebbe un’obbligazione in ogni caso esigibile per lo stato italiano. Come se fosse un trasferimento, e quindi lo devi registrare per intero il primo anno nei conti di finanza pubblica”.

 

Il governo Meloni con il nuovo decreto legge n. 11 del 16 febbraio 2023 ha previsto dunque lo stop di tutte le cessioni di bonus fiscali, andando così a disattivare la norma quadro che regola le cessioni all’articolo 121 del decreto Rilancio, (introdotto nel 2020 dal governo Conte II insieme al Superbonus 110%) e prevede la libera cessione di tutti i crediti di imposta relativi ad agevolazioni edili, quali ad esempio quelle del bonus facciate (90%), del bonus ristrutturazioni al 50%, dell’Ecobonus al 65% ecc. Una libera cessione dei crediti di imposta edilizi, senza alcun tipo di controllo da parte dello Stato, che ha portato in oltre due anni, più di qualcuno a sfruttare la norma a proprio piacere, facendo circolare crediti inesistenti e incassando soldi veri, diventando deleteria per i conti italiani. 

 

Il settore edile contro la decisione del governo Meloni

Lo stop alla norma non sta piacendo però al settore edile che attacca il governo per questa decione che porterà a grvissime perdite nel settore. Secondo il Centro studi di Unimpresa infatti “le nuove norme non risolvono il problema dei circa 15 miliardi di euro di crediti fiscali incagliati, questione che sta bloccando 90.000 cantieri: una situazione pericolosa che mette a rischio fallimento 25.000 aziende, per la quasi totalità Pmi, con la consequenziale perdita di 130.000 posti di lavoro”. 

 

Sergio Ventricelli presidente di Confimi Edilizia, la categoria delle Costruzioni di Confimi Industria, che annovera circa 3mila imprese, dalle general contractor alle specialistiche, dice: “Il governo si fermi. Solo pensare di bloccare un'economia in ripresa è gravissimo, farlo sarebbe un disastro. La mia Confederazione ha sempre rispettato l'operato delle istituzioni, mostrandosi attenta a salvaguardare un doveroso equilibrio tra le parti, ma noi rappresentiamo prima di tutto le imprese, quindi non possiamo tacere su una scelta così ingiusta, che decreta lo stop totale dello sconto in fattura e della cessione del credito, lasciando solo la strada della detrazione d'imposta. In più, come se tutto questo non bastasse, si decide anche di vietare alle pubbliche amministrazioni di poter acquistare i crediti incagliati, una nuova iniziativa che stava avendo un certo seguito”.

Ventricelli conclude sottolinenando che “per sistemare i problemi causati da altri, si decide di infliggere un colpo mortale al settore dell'edilizia, che negli ultimi due anni ha dato un contributo fondamentale alla crescita record del Pil? Sono allibito. Probabilmente non si è compreso davvero che qui si gioca sulla vita di lavoratori e famiglie e si mette a repentaglio il futuro di almeno 20mila aziende dell'edilizia e oltre 100mila posti di lavoro. Se davvero accadrà, ci sarà un tracollo” .

 

Sulla stessa linea anche il Collegio Costruttori, che critica il fatto che in questo modo i problemi del passato non vengono risolti. Anzi, al contrario, se ne creano di nuovi per il futuro. “Prendere decisioni di questo tipo da un giorno all'altro mette sia i committenti sia le imprese di costruzione di fronte a enormi difficoltà. In questo modo non è possibile pianificare le attività future. Ad oggi, regna una grande incertezza, che viene percepita da tutti. Questa incertezza, per il bene di tutti, deve essere rimossa il prima possibile” ha sottolineato il presidente Michael Auer.

 

Per il sindacato costruzioni Cgil: “Con il blocco alla cessione dei crediti e dello sconto in fattura per i bonus edili si perderanno nell'edilizia privata circa centomila posti di lavoro e molte imprese chiuderanno” ha evidenziato anche il segretario generale della Fillea, sindacato delle costruzioni della Cgil, Alessandro Genovesi, secondo cui “questo è un attacco del governo senza precedenti alle imprese più serie, ai lavoratori del settore e alle famiglie più in difficoltà. Se non tornerà sui propri passi e aprirà un tavolo di confrontometteremo in campo tutte le necessarie azioni di mobilitazione, compreso lo sciopero generale di tutta la filiera delle costruzioni”.

 

Claudio Corrarati della CNA Trentino Alto Adige, parla invece di “doccia d'acqua gelida per tante piccole e medie imprese, anche della nostra regione”. “A livello nazionale sono 40mila le nostre aziende che ora rischiano la chiusura, di queste decine anche sul nostro territorio. Si parla di circa 300.000 famiglie coinvolte in Italia. Bisogna trovare una soluzione e farlo anche in tempi stretti”.

“Non si sta salvaguardando un settore che già ha pagato molto negli ultimi mesi per le continue modifiche. Imprese che tra l'altro stanno pagando a carissimo il prezzo per aver rispettato una legge dello Stato. Senza contare che il tutto si tradurrà anche nel blocco della tanto invocata transizione energetica” viene sottolineato.

 

Anche Federcostruzioni critica la scelta del governo: “Nei giorni scorsi era stato accolto con favore il percorso avviato dalla provincia di Treviso, dalla Regione Sardegna, da altri numerosi enti locali per l'acquisto di crediti fiscali dalle imprese. La scelta del governo, invece, è disastrosa poiché cancella la cessione dei crediti e lo sconto in fattura per nuovi interventi ed apre una voragine economica e sociale”. A sostenerlo Paola Marone, la presidente di Federcostruzioni che aggiunge: “Il governo non ha individuato soluzioni per i crediti bloccati nei cassetti fiscali di imprese e professionisti. Così facendo si distruggono imprese di costruzioni, professionisti e famiglie. Il comparto delle costruzioni è fondamentale per l'economia del nostro Paese, come ha dimostrato la crescita del Pil del 2022, sostenuto in larga parte dalla nostra filiera”.

 

Decisione sbagliata anche per il leader della Cgil, Maurizio Landini che commenta così il nuovo dl dell'Esecutivo: "E' il solito metodo che questo governo sta utilizzando di non discutere, di non parlare con i soggetti interessati, imprese, lavoratori e quindi il sindacato. Un metodo sbagliato che non va bene e porterà dei danni al Paese se continuano a muoversi in questa direzione”.

“Certo, si possono fare delle correzioni, stabilire a chi darlo o meno a seconda degli obiettivi: un conto è favorire chi ha più case, un conto altre situazioni. Oggi, invece, si discute solo su dove si mettono i soldi. Trovo singolare che si faccia un'operazione di questo genere senza discutere con nessuno” ha poi aggiunto Landini.

 

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