Indennità di licenziamento 2020: cos'è, quando spetta e importo

Indennità di licenziamento 2020 illegittimo, discriminatorio nullo per giusta causa, giustificato motivo oggettivo o da imprese con meno di 15 dipendenti

Indennità di licenziamento 2020: cos'è, quando spetta e importo

L'indennità di licenziamento è cambiata per effetto dell'entrata in vigore del Jobs Act decreto legislativo n.23 del 4 marzo 2015.

 

Tale riforma, si applica ai lavoratori che a partire dal 7 marzo 2015 sono stati assunti, a coloro che avuto la trasformazione del contratto di lavoro dal determinato all'indeterminato, per l'apprendistato e per chi ha cessato un contratto di lavoro e ne ha instaurato uno nuovo.

 

Vediamo in dettaglio cosa e come è cambiata l'indennità di licenziamento, la sua durata (cambiata per effetto del decreto Dignità) e quanto spetta ora al lavoratore che viene licenziato per motivi discriminatori, per giusta causa o per giustificato motivo, da imprese con meno di 15 dipendenti e nei licenziamenti collettivi.

 

Vi ricordiamo che anche nel 2020 è possibile presentare le domande per il reddito di cittadinanza per chi è stato licenziato involontariamente.

 

Indennità licenziamento: cosa spetta al lavoratore?

Nuova indenntià di licenziamento per giustificato motivo oggettivo: questo tipo di cessazione del rapporto di lavoro si ha quando un'azienda dispone per ragioni legate all’organizzazione interna del lavoro, il licenziamento del personale a causa di una crisi economica dell'azienda, della sua cessazione o per il venir meno di determinate mansioni a cui era assegnato il lavoratore senza possibilità di ricollocazione ad altre attività presenti in azienda o compatibili con il livello di inquadramento del dipendente nel caso in cui il servizio venga esternalizzato.

 

In questo caso, il lavoratore ha diritto anche a percepire la disoccupazione NASPI 2020 se ha i requisiti.

 

Se però il lavoratore licenziato impugna il licenziamento ed il Giudice non riconosce all'azienda il giustificato motivo oggettivo, perché per esempio il datore di lavoro ha voluto mascherato con tale motivazione il licenziamento avvenuto per cause personali, sindacali o pretestuose, ordina che il rapporto di lavoro venga dichiarato estinto e condanna il datore di lavoro al pagamento di una indennità senza il riconoscimento dei contributi previdenziali.

 

Vi ricordiamo che per effetto del decreto Dignità, è cambiata l'indennità di licenziamento:

 

Per i Licenziamenti entro il 13 luglio 2018, spetta:

  • indennità non inferiore a 4 mensilità e non superiore a 24 mensilità per le aziende oltre i 15 dipendenti;

  • indennità non inferiore a 2 e non superiore a 6 mensilità per le aziende sotto i 16 dipendenti 

Per i Licenziamenti dopo il 14 luglio 2018, spetta:

  • indennità non inferiore a 6 e non superiore a 36 mensilità per le aziende oltre i 15 dipendenti;

  • indennità non inferiore a 3 e non superiore a 6 mensilità per le aziende sotto i 16 dipendenti.

Prima dell'entrata in vigore del Jobs Act, 7 marzo 2015 e per i contratti già in essere alla suddetta data, la mancanza di giustificato motivo oggettivo prevede invece la stessa tutela licenziamento discriminatorio per cui il reintegro + risarcimento.

 

Lavoratore licenziato: quando spetta il risarcimento e il reintegro?

Alla luce della nuova normativa sul lavoro, rimangono invariate le disposizioni previste per i licenziamenti disposti dal datore di lavoro a voce senza comunicazione scritta, nel caso in cui la causa sia riconducibile alla discriminazione individuale o collettiva rispetto ai diritti fondamentali dell'uomo garantiti dalla nostra Costituzione quali ad esempio la parità sociale e di uguaglianza, di razza, sesso, lingua e salute.

 

Non rientrano invece nell'accezione di licenziamento discriminatorio l’età o le condizioni di salute pisco-fisiche del lavoratore purché non incidano sui requisiti di idoneità alla prestazione lavorativa, e le condizioni di salute di familiari in base alle quali il dipendente fruisce i permessi legge 104

 

Altri casi di nullità espressamente sanciti dalla legge italiana riguardano poi il licenziamento della donna lavoratrice a causa del matrimonio, gravidanza o perché madre ai sensi dell’art. 54 del d.lgs. n. 151/2001 e il licenziamento illegittimo per difetto del motivo della disabilità psico-fisica del lavoratore.

 

In tutti i casi di discriminazione, nullità o non in forma scritta, il licenziamento è ritenuto illegittimo da parte del Giudice che ordina l'immediato reintegro del lavoratore sul posto di lavoro e condanna il datore al risarcimento del danno. Tale risarcimento, consiste nel pagamento di non meno di 5 mesi di stipendio, calcolato sulla base dell'ultima retribuzione dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettivo reintegro + il versamento dei contributi.

 

A chi si applica la tutela della reintegrazione? A tutti i lavoratori licenziati ivi comprese le imprese con meno di 15 dipendenti mentre sono esclusi da tale normativa, i dirigenti in quanto per loro continua ad applicarsi quanto sancito dall’art. 18 commi 1, 2 e 3 dello Statuto dei lavoratori.

Per maggiori informazioni leggi anche: offerta di conciliazione licenziamento.

 

Indennità per licenziamento 2020: quanto spetta per la giusta causa?

Il licenziamento per giusta causa si verifica quando il lavoratore assume o ha assunto un comportamento talmente grave da impedire la prosecuzione del rapporto di lavoro, anche in via provvisoria, quando invece il comportamento è si rilevante dal punto di vista disciplinare ma non così grave come la giusta causa, ossia, senza preavviso si parla di licenziamento per giustificato motivo soggettivo.

 

Cosa spetta al lavoratore se il Giudice non ritiene così grave il motivo del licenziamento per giusta causa? In questo caso il Giudice dichiara estinto il contratto e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità ma senza il versamento dei contributi assistenziali e previdenziali.

 

L'indennità di licenziamento 2020 che spetta al lavoratore è pari a:

  • per i Licenziamenti entro il 13 luglio 2018, spetta:

    • indennità non inferiore a 4 mensilità e non superiore a 24 mensilità per le aziende oltre i 15 dipendenti;

    • indennità non inferiore a 2 e non superiore a 6 mensilità per le aziende sotto i 16 dipendenti.

 

  • per i Licenziamenti dopo il 14 luglio 2018, per cui anche nel 2020, spetta:

    • indennità non inferiore a 6 e non superiore a 36 mensilità per le aziende oltre i 15 dipendenti;

    • indennità non inferiore a 3 e non superiore a 6 mensilità per le aziende sotto i 16 dipendenti.

Cosa spetta invece se il Giudice ritiene il licenziamento illegittimo? Dal momento che il fatto materiale contestato non sussiste, si attua la “tutela reale attenuata" che consiste nella possibilità per il lavoratore di scegliere tra l'essere reintegrato nel posto di lavoro oppure avere un’indennità pari a 15 mensilità.

 

il datore di lavoro invece è condannato al risarcimento degli stipendi che spettano al lavoratore dal momento in cui è stato licenziato fino all'effettiva reintegrazione + i contributi previdenziali per non più di 12 mesi.

 

Indennità licenziamento imprese con meno di 15 dipendenti:

L'indennità per i licenziamenti nelle imprese con meno di 15 dipendenti hanno una misura diverse da quella attuata per le aziende più grandi, infatti, nel caso di appurato licenziamento illegittimo e conseguente recesso del rapporto di lavoro, la misura dell'indennità che spetta al lavoratore licenziato può arrivare fino ad un massimo di 6 mesi. 

 

Per i licenziamenti discriminatori, nulli o in forma orale, è prevista, come le per imprese più grandi, la reintegrazione nel posto del lavoro.

 

Indennità licenziamento collettivo:

Nel caso di Licenziamenti collettivi ritenuti dal giudice illegittimi per la violazione delle procedure e criteri sanciti dalla Legge 223/1991, ai lavoratori spetta un'indennità che varia da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità. Per i licenziamenti collettivi non comunicati in forma scritta è invece previsto il reintegro nel posto di lavoro.

 

Un esempio di licenziamento collettivo può essere quello attuato dal datore di lavoro per motivi economici, in base ai quali procede ad una riduzione del personale, ad una ristrutturazione produttiva o una chiusura definitiva dell’azienda. 

COPYRIGHT THEITALIANTIMES.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA