Riforma Articolo 18: cosa è cambiato dopo la riforma lavoro jobs Act

La Riforma dell’Articolo 18 voluta dal Ministro Fornero porta ad inevitabili conseguenze per aziende e lavoratori circa i licenziamenti facili e illegittimi

Riforma Articolo 18: cosa è cambiato dopo la riforma lavoro jobs Act

Riforma Articolo 18: cosa cambia dopo la riforma Mercato lavoro 2012? 

 

Il disegno di Legge approvato in data 23 marzo 2012 dal Consiglio dei Ministri e proposto dal Ministro del Lavoro prof. Elsa Fornero, riguarda la Riforma del Mercato del Lavoro 2012 con 6 aree di intervento che sono poi state riprese, ampliate e attuate con la nuova riforma del Lavoro 2015 con il cd. Jobs Act di Renzi.

 

Oggi 2017, a circa due anni di distanza dall'entrata in vigore del Jobs Act, la disoccupazione in Italia continua a crescere, la ripresa economica tarda ad arrivare e ci si chiede se l'abolizione dell'articolo 18, tanto voluta dai governi in nome della fantomatica flessibilità sul lavoro, non sia una misura così valida per il nostro Paese.

 

Vediamo allora cosa è cambiato dopo la riforma dell'articolo 18 nel 2012.

 

Riforma del Lavoro Contratti Lavoro:

Con la riforma dell'articolo 18, c'è stata una maggiore regolamentazione per i contratti di apprendistato inteso ora come “trampolino di lancio” e possibilità di assumere nuovi apprendisti a patto che l’azienda abbia stabilizzato una certa percentuale nell’ultimo triennio, ovvero, pari al 50% della forza lavoro. 

  • Contatti a tempo determinato e aumento dell’aliquota 1,4%, da destinare al finanziamento dell’ASpI, Assicurazione contro la disoccupazione, l’ampliamento dell’intervallo di tempo tra un contratto e l’altro, prolungamento del periodo durante il quale il rapporto a termine può proseguire oltre la scadenza per soddisfare esigenze organizzative. 

  • Contratto a tempo parziale nei soli casi di part-time verticale o misto obbligo di comunicazione amministrativa via sms, fax o PEC con preavviso di 5 giorni da dare al lavoratore in occasione di variazioni di orario. La riforma del lavoro per limitare il rischio che i contratti “a chiamata”, possano essere utilizzati come copertura nei riguardi di forme di impiego irregolare del lavoro, ha previsto l’obbligo di effettuare una comunicazione amministrativa preventiva mediante sms, fax o PEC in occasione di ogni chiamata del lavoratore.

  • Contratto a progetto che non deve essere la mera riproposizione dell’oggetto sociale dell’impresa committente, limitazione del contratto a progetto a mansioni non meramente esecutive o ripetitive così come eventualmente definite dai contratti collettivi, al fine di enfatizzarne la componente professionale.

  • Per regolamentare il ricorso alle collaborazioni professionali con l’utilizzo della partita IVA, la riforma del lavoro ha proposto una normativa volta ad evitarne l’utilizzo improprio in sostituzione di contratti di lavoro subordinato se di durata complessivamente più di 6 mesi nell’arco di un anno se il collaboratore riceve ricavi più del 75% dei corrispettivi riconducibili alla medesima attività imprenditoriale, fruizione di una postazione di lavoro presso la sede istituzionale o le sedi operative del committente rendere più razionale ed efficiente lo strumento dei tirocini formativi e di orientamento, al fine di valorizzarne le potenzialità in termini di occupabilità dei giovani e prevenire gli abusi, nonché l’utilizzo distorto dell’istituto, in concorrenza con il contratto di apprendistato.

 

Licenziamento illegittimo: come funziona

Aumento dell’indennità risarcitoria in caso di vittoria del lavoratore mediante la diminuzione dei costi a carico del datore di lavoro circa la durata del procedimento e dalle inefficienze del sistema giudiziario

Reintegro del posto del lavoro disposto dal giudice in caso di licenziamenti discriminatori o in alcuni casi di infondatezza del licenziamento disciplinare.

 

Abolizione dell’Articolo 18 dello Statuto del Lavoratori con la possibilità di permettere licenziamenti per motivi economici e la condanna per il datore di lavoro solo al pagamento di un’indennità. Introduzione di un rito procedurale abbreviato per le controversie in materia di licenziamenti, che ridurrà ulteriormente i costi indiretti del licenziamento.

  

Servizi per l’impiego:

Favorire l’occupazione e il ricollocamento dei lavoratori usciti dal mercato del lavoro e la diminuzione sostanziale del tasso di disoccupazione con conseguente limitazione dell’indennità di disoccupazione

Maggiori possibilità di creare, sempre attraverso le politiche attive, canali di convergenza tra la domanda e l’offerta di lavoro, prevedendo un patto di mutua responsabilità/obbligazione tra enti che offrono servizi per il lavoro, lavoratori, datori di lavoro, pertanto, aumenteranno gli interventi pubblici nei processi di intermediazione nella ricerca di nuova occupazione. 

 

Riforma Articolo 18: cosa cambia?

Un passaggio importantissimo del disegno di legge di riforma del mercato del lavoro 2012 è l’intervento realizzato sulla disciplina dei licenziamenti individuali, per quanto concerne, in particolare, il regime sanzionatorio dei licenziamenti illegittimi, previsto dall’art. 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, cd. Statuto dei lavoratori. E’ proprio su questo punto particolare che in questi giorni siamo di fronte ad una vera e propria opposizione delle parti sociali di tutte le sigle sindacali e i partiti di sinistra con Pd e Bersani in testa, Lega e Italia dei Valori contro il Governo Monti e il disegno di legge proposto dalla Fornero che difende il suo operato dicendo dalle pagine di La Repubblica" "Non accetteremo una riforma ridotta in polpette" [...] la riforma del lavoro potrà anche subire qualche cambiamento, ma chiediamo che il parlamento sovrano ne rispetti l’impianto e i principi basilari. In caso contrario dovrà assumersi le sua responsabilità e il governo farà le sue valutazioni".

 

Ma facciamo un passa indietro, e andiamo a chiarire alcuni punti fondamentali per capire come e cosa cambia per i licenziamenti individuali in particolare affrontando il tema del licenziamento ingiustificato e cosa prevede oggi l’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.

  

Articolo 18: licenziamenti individuali

Il licenziamento individuale si definisce ingiustificato quando è "privo di giusta causa o giustificato motivo" e viene configurato con la massima sanzione disciplinare. Il datore di lavoro può comunque recedere dal rapporto quando si verifichi una causa che non ne consenta la prosecuzione, anche provvisoria, neppure per il tempo del preavviso, in questo caso il licenziamento per giustificato motivo è disciplinato dall’art. 3, legge 15 luglio 1966, n. 604 che definisce e stabilisce il licenziamento con preavviso per giustificato motivo solo se fa riferimento a "un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali" ovvero, il cosiddetto giustificato motivo soggettivo che riguarda "ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa, in questo caso giustificato motivo oggettivo. Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo si differenzia dalla giusta causa in quanto consente la prosecuzione del rapporto sia pure nei limiti del periodo di preavviso.

 

Articolo 18 nello Statuto dei lavoratori prima della riforma

Il licenziamento "privo di giusta causa o giustificato motivo" ovvero quello ingiustificato viene oggi sanzionato oggi dall’art.18 della Legge 300/70 – Statuto dei lavoratori e dalla Legge 108/90,in base alle dimensioni occupazionali del datore di lavoro. 

Art.18 della Legge 300/70 – Statuto dei lavoratori:

Datori di lavoro con più di 15 dipendenti nell’unità produttiva (o più di 5 dipendenti se impresa agricola)

Datori di lavoro con più di 15 dipendenti nel territorio comunale (o più di 5 se impresa agricola) a prescindere dal numero dei dipendenti nelle singole unità produttive

Datori di lavoro con più di 60 dipendenti in ambito nazionale a prescindere al numero dei dipendenti nelle singole unità produttive

Oggi, il Giudice del Lavoro ha il compito di riconoscere o meno l’illegittimità del licenziamento, e con relativa sentenza può decidere se:

  • Reintegrare il lavoratore nel suo posto di lavoro

  • Risarcimento di tutte le retribuzioni dal giorno del licenziamento sino al giorno della effettiva reintegrazione al lavoro, compreso il versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, in ogni caso il risarcimento non potrà essere inferiore a 5 mensilità di retribuzione.

Inoltre, il lavoratore ha la facoltà di chiedere al datore di lavoro in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, una indennità pari a 15 mensilità di retribuzione globale di fatto. (quindi compresa la 13ma, 14ma, TFR).

Aziende con più di 15 dipendenti e meno di 60: se nelle singole unità produttive o nell’ambito comunale non raggiungano i 16 addetti oppure i 6, se impresa agricola.

Il datore di lavoro, oggi, può scegliere se riassumere il lavoratore o pagare il risarcimento del danno.

- Per i datori di lavoro con meno di 16 dipendenti il risarcimento economico può variare da 2,5 a 6 mensilità di retribuzione globale di fatto.

- Per i datori di lavoro con più di 15 dipendenti la misura del risarcimento è rapportata all’anzianità del lavoratore in azienda ed è la seguente:

  • Fino a 10 anni: da 2.5 a 6 mensilità di retribuzione

  • Da 10 a 20 anni: da 2,5 a 10 mensilità di retribuzione

  • Oltre 20 anni: da 2,5 a 14 mensilità di retribuzione

 

Riforma articolo 18: cos'è cambiato per i licenziamenti?

Con la nuova Riforma del Mercato del Lavoro 2012 pone un nuovo testo dell’art. 18 stabilendo 3 regimi sanzionatori del licenziamento individuale illegittimo, a seconda che il licenziamento venga accertata dal giudice:

  • natura discriminatoria o il motivo illecito determinante

  • inesistenza del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro (licenziamenti cd. soggettivi o disciplinari)

  • inesistenza del giustificato motivo oggettivo addotto dal datore di lavoro (licenziamenti cd. oggettivi o economici).

Visto che nella riforma viene attribuita un importanza fondamentale alla motivazione attribuita al licenziamento dal datore di lavoro per tale motivo è stata resa obbligatoria l’indicazione, nella lettera di licenziamento, dei motivi del medesimo.

Nello specifico della riforma del mercato del lavoro 2012 circa disciplina in tema di licenziamenti individuali:

1) Per i licenziamenti discriminatori, le conseguenze rimangono quelle del testo attuale dell’art. 18: come funziona l’Obbligo di reintegro

Per i licenziamenti discriminatori è prevista la condanna del datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, qualunque sia il numero dei dipendenti occupati dal predetto:

  • a reintegrare il dipendente nel posto di lavoro e a risarcire al medesimo i danni retributivi patiti con un minimo di 5 mensilità di retribuzione, e a versare i contributi previdenziali e assistenziali in misura piena

  • mantenuta la possibilità del dipendente a chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione, il pagamento di un’indennità pari a 15 mensilità di retribuzione, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro.

Lo stesso regime si applica anche per i licenziamenti disposti nel periodo di maternità, in concomitanza del matrimonio, nonché disposti per motivo illecito ai sensi dell’art. 1345 del codice civile. La tutela nei confronti del licenziamento discriminatorio rimane, pertanto, piena ed assoluta, comportando esso la lesione di beni fondamentali del lavoratore, di rilievo costituzionale.

  

Licenziamenti soggettivi o disciplinari:

Nel caso in cui fosse accertata la Non giustificazione del licenziamento per l’inesistenza del fatto contestato al lavoratore, ovvero, qualora la motivazione sia riconducibile a condotte punibili con una sanzione minore alla luce delle tipizzazioni di giustificato motivo soggettivo e di giusta causa previste dai contratti collettivi applicabili, situazioni caratterizzate da un uso particolarmente arbitrario del potere di licenziamento il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro:

  • al reintegro del dipendente

  • al risarcimento dei danni retributivi patiti, dedotto quanto percepito o percepibile dal lavoratore, entro un massimo di 12 mensilità di retribuzione

  • al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali, dedotto quanto coperto da altre posizioni contributive eventualmente accese nel frattempo

In questa ipotesi, il lavoratore mantiene, infine, la facoltà di scegliere, in luogo della reintegrazione, un’indennità sostitutiva pari a 15 mensilità

Tale regime di reintegro del posto di lavoro, si applica anche ai licenziamenti intimati, prima della scadenza del periodo cd. di comporto, a causa della malattia nella quale versa il lavoratore, ed a quelli motivati dall’inidoneità fisica o psichica del lavoratore, ma trovati illegittimi dal giudice.

Importante: Nelle altre ipotesi di accertata illegittimità del licenziamento soggettivo o disciplinare, non è prevista la reintegrazione ma solo il pagamento di un’indennità risarcitoria che può essere modulata dal giudice tra 15 e 27 mensilità di retribuzione, tenuto conto di vari parametri.

Riguardo all’indennità risarcitoria nelle ipotesi di licenziamento viziato nella forma o sotto il profilo della procedura disciplinare, se l’accertamento del giudice si limita alla rilevazione del vizio di forma o di procedura, esso comporta l’attribuzione al dipendente di un’indennità compresa fra 7 e 14 mensilità di retribuzione; ciò a meno che il giudice accerti che vi è anche un difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica le tutele di cui sopra.

 

Licenziamenti oggettivi o economici: 

In caso di licenziamento del lavoratore per motivi oggettivi ed economici, il giudice dichiara risolto il rapporto di lavoro disponendo: il pagamento, in favore del lavoratore, di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva, che può essere modulata dal giudice tra 15 e 27 mensilità di retribuzione, tenuto conto di vari criteri.

E’ proprio su questo punto che le sigle sindacali e le forze politiche ad esclusione del PDL che si stanno opponendo a questa denaturalizzazione delle basi dello Statuto dei Lavoratori e all’articolo 18, in quanto, questo tipo di regime potrebbe aumentare il ricorso irrefrenabile a licenziamenti individuali e collettivi qualora l’azienda dichiari uno stato di crisi economica e di deficit.

Per ovviare a tale problematica ed evitare quindi la possibilità di ricorrere strumentalmente a licenziamenti oggettivi o economici che dissimulino altre motivazioni, di natura discriminatoria o disciplinare, il disegno di legge ha previsto: la facoltà del lavoratore di provare che il licenziamento è stato determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, nei quali casi il giudice applica la relativa tutela.

Per questo tipo di licenziamenti è stato inoltre previsto,  una più facile e rapida procedura di conciliazione davanti alle Direzioni territoriali del lavoro, rendendola più snella nello svolgimento di alcune formalità, nell’ambito della quale il lavoratore potrà essere assistito anche da rappresentanti sindacali, e potrà essere favorita la conciliazione tra le parti.

In generale, la norma prevede che la predeterminazione dei possibili importi del risarcimento che può essere preteso del lavoratore licenziato illegittimamente è rivolta a rendere tale risarcimento indipendente dalla durata del processo, e ad incoraggiare la definizione consensuale delle liti, con un benefico effetto di riduzione del contenzioso.

Tale regime trova applicazione anche per i licenziamenti collettivi, nei limiti in cui per essi vale l’art. 18, con l’applicazione, per i vizi di tali licenziamenti, del regime sanzionatorio previsto per i licenziamenti economici.

  

Rito processuale veloce licenziamenti

La riforma del mercato del lavoro pone l’accento anche su un altro punto molto importante, ovvero, la riduzione dei tempi del processo per quanto concerne le controversie giudiziali in tema di licenziamento. La norma, propone, attraverso l’azione di concertazione istituzionale con il Ministero della Giustizia, l’introduzione di un rito speciale esclusivamente dedicato alle controversie in materia di licenziamento. Un rito, che avrà come caratteristica principale la celerità e snellezza delle procedure ma soprattutto sarà rivolto esclusivamente all’ambito del processo del lavoro, atto all’accertamento della verità materiale.

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