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E arrivarono gli Stati generali, il Truman show di Conte. Senza Draghi

Ospiti illustri dall’Europa, ma recite a soggetto su copioni noti. Alla fine della fiera mediatica, restano le scelte difficilissime per salvare l’economia

E arrivarono gli Stati generali, il Truman show di Conte. Senza Draghi

C’è il convegno semplice, una mattinata (oppure un pomeriggio) e via, e poi quello complesso, per esempio tutto il venerdì e il sabato mattina per lasciare poi ai partecipanti, soprattutto se la località è amena, il sabato e la domenica libera per trattenersi in zona, magari con gli affetti stabili, prima di tornare a casa. Prima del Covid si contavano per difetto in Italia circa 150 mila eventi all’anno tra dibattiti locali, conferenze nazionali, e occasioni varie di comunicazione o lobbyng, assemblee di tutti i tipi, celebrazioni di ricorrenze storiche, sportive e quant’altro. Il tutto condito dall’ospite, più o meno noioso o interessante a seconda del comparto di provenienza. Poi ci sono gli Stati generali normali, quelli di un settore, della cultura, dello sport o della prima cosa che vi passa per la testa. E infine, in testa alla hit si piazzano quelli di Giuseppe Conte, gli Stati generali per riavviare l’economia del Paese stordito dal Covid nella sua parte più produttiva, distrutto nella generazione dei nonni che tanto avevano dato (e molto anche avuto), impaurito nel resto della penisola, dove le fabbriche  hanno riaperto con l’incubo dei consumi che non ripartono, poichè di cassa integrazione, a parte quella anticipata dalle aziende, ne è arrivata ben poco e perchè i licenziamenti non potranno rimanere a lungo bloccati, mentre chi ha mantenuto il suo reddito si è fatto prudente.

 

In tutto questo il premier allunga il brodo, offre al popolo addirittura dieci giorni di eventi e ospiti illustri in teleconferenza nella cornice scintillante di Villa Pamphili, con un copione obbligato dalla recita a soggetto di ciascun partecipante famoso. Oggi tocca alle istituzioni europee e al Fondo monetario: le tre donne forti del mondo dopo Angela Merkel danno lustro e da sole bastano a giustificare l’evento, ma cosa diranno mai di diverso rispetto agli aiuti che già ci danno (Christine Lagarde, Bce), oppure agli aiuti promessi (Ursula Von der Leyen, Commissione europea), oppure alla spauracchio che rappresenta nel caso di effetto Grecia (Kristalina Georgieva, Fondo monetario)? E cosa ci suggeriranno di diverso da quanto ci hanno fatto sapere con le loro interviste i due italiani oggi più importanti in Europa, David Sassoli e Paolo Gentiloni?

 

Ancora: Carlo Bonomi ribadirà (al netto della titolazione birichina della sua intervista a Repubblica) tutte le ragioni delle imprese di fronte alla più grave crisi da settant’anni a questa parte, imprese che rischiano fortemente di perdere posizioni competitive rispetto ai concorrenti stranieri che hanno già avuto prestiti abbondanti e aiuti a fondo perduto, mentre quelle che erano già in bilico prima ora stanno lottando per la sopravvivenza e molte hanno già purtroppo dovuto alzare bandiera bianca. E cosa farà Landini, oggi sponda di palazzo Chigi come i virologi nel pieno della bufera pandemica? Vorrà garanzie e tutele, blocco sine die dei licenziamenti e cassa integrazione perpetua così come Conte vorrebbe  mantenere lo stato di emergenza il più a lungo possibile. Figurarsi le altre categorie, quelle colpite ancora più duramente come il turismo, il commercio, la ristorazione cosa potranno dire, oltre alla propria angoscia, versione civile della rabbia e dello sconcerto della propria base.

 

Tutte cose note, basta uscire a pochi metri da palazzo Chigi per scoprirle, guardare i negozi aperti senza clienti e i negozi che sono rimasti chiusi. E per capire come in un contesto simile ha poco senso far parlare i testimonial, si chiamino Piano, Boeri o Fuksas, oppure Farinetti, già sfortunato aedo del renzismo rampante, oppure qualche Nobel. Eppure va dato atto a Conte di aver insistito, incassato critiche ben più dure di questa dalla sua stessa maggioranza e aver tenuto il punto, segno che i suoi alleati-competitor nemmeno l’idea di un “dibbattito” alla romana hanno avuto. Ma ciò non significa che ha avuto ragione, ha solo segnato un punticino interno ad un mondo che rischia seriamente di non rappresentare più il cosiddetto paese reale, cioè i cittadini in lotta per mantenere il benessere di prima, che per molti sta evaporando. E questo distacco purtroppo coinvolge anche il Parlamento, incapace di meritarsi persino di ospitare l’evento di oggi perchè preoccupato solo di andare a casa. 

 

Ci sarà anche Vittorio Colao, che ha prodotto delle buone slides ed ha incassato altrettante umiliazioni, tra cui l’incertezza stessa dell’invito a villa Pamphili. Non ci sarà Mario Draghi, un pò perchè non è stato invitato e un pò perchè non avrebbe accettato: avevamo Lionel Messi o Cristiano Ronaldo ma non l’abbiamo nemmeno convocato. Lo spettacolo comunque sarà assicurato dai media, che con i convegni, e a maggior ragione con gli Stati generali, credono di vivere e lavorare alla grande e magari nemmeno loro si accorgono di star solo partecipando ad un remake nostrano  del Truman Show. E pensare che il sindaco di Milano e il governatore della Campania, così come altri loro colleghi, si sono persino offesi per non essere stati chiamati. E nessuno ha pensato a Fedez e Chiara Ferragni. E nessuno ha nemmeno ricordato che Angela Merkel in sole 21 ore di confronto serrato con la sua maggioranza e con l’opposizione ebbe a trovare l’accordo per il robusto piano piano di intervento sull’economia tedesca, senza Festival, soltanto decidendo e prendendosi la responsabilità di governare.

 

Se la rivoluzione non è un pranzo di gala, nemmeno governare lo è: anche Conte e i suoi ministri  hanno il dovere e la responsabilità di fare le scelte, magari di dirci che la coperta è corta, magari di prendere decisioni impopolari e non solo di fare ammuina per i social e i media. Sappiamo che la situazione è difficilissima,  ma proprio perchè non si scherza con le cose serie era meglio evitare l’economia-spettacolo e lavorare sodo per mettere a terra le cose già decise ma di cui pochi hanno visto gli effetti e aprire qualche cantiere invece di annunciarlo a vuoto ormai da anni. Governare non è comunicare, certamente non è solo comunicare per riempire i vuoti che altri non sanno colmare. Non andava bene in tempi normali, figuriamoci ora. Poichè il premier è persona molto intelligente e avveduta e queste cose le sa, allora il sospetto è che faccia melina consapevolmente, che faccia The Truman show per ritardare l’incontro con l’iceberg invece di manovrare il radar e decidere la rotta. 

 

A meno che non voglia sperimentare una nuova fortunata carriera, quella dell’organizzatore di grandi kermesse, come le mega convention milionarie poi spazzate via dalla recessione della fine del primo decennio del secolo, quelle con grandi ospiti internazionali (a cominciare da qualche ex presidente degli Stati Uniti) e da bravissimi intrattenitori locali. Sappiamo che anche questo non è vero, visto che ha maturato in poco tempo una sana passione per la cosa pubblica, allora da cittadini umilmente speriamo che usi meno i verbi al futuro e per una volta dica ho fatto invece di farò. Meglio, abbiamo fatto invece che ho fatto. Evitando anche di diffondere filmati da uomo solo e pensoso che scivola nei corridoi di palazzo Chigi e si faccia vedere anche con i suoi ministri e i capi partito che lo sostengano, se non altro per farli ingelosire un pò meno.

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