Il processo Charlie Hebdo

Strage a Charlie Hebdo, prime condanne: 30 anni alla vedova Coulibaly

Quasi 6 anni dopo, prime sentenze per l’assalto jihadista al settimanale satirico francese. Ma per 6 imputati riconosciuta solo l’associazione a delinquere

Strage a Charlie Hebdo, prime condanne: 30 anni alla vedova Coulibaly

Sono 14 le condanne emesse dalla Corte d’Assise di Parigi per l’attentato alla redazione di Charlie Hebdo e gli attacchi successivi nella capitale francese, avvenuti tra il 7 e il 9 gennaio del 2015. Gli imputati, 11 su 14 dei quali presenti in aula, sono stati ritenuti colpevoli di avere fornito appoggio ai fratelli Cherif e Said Kouachi e ad Amedy Coulibaly. Alla vedova di quest’ultimo, Hayat Boumeddiene, una delle condanne più pesanti: 30 anni di carcere come Ali Riza Polat, principale imputato che ha ascoltato la sentenza dal Tribunale. L’uomo è stato ritenuto colpevole di complicità con i killer dell’assalto al giornale satirico Charlie Hebdo e al market dell’Hyper Cacher, che costarono la vita a 17 persone, e portarono alla morte di tre terroristi uccisi dalle forze dell’ordine.

 

Le altre condanne

Mohammed Belhoucine è stato condannato all’ergastolo, mentre per il fratello Mehdi, che si ritiene morto, è stata estinta ogni azione penale. Tre imputati sono stati riconosciuti colpevoli di associazione a delinquere terroristaNezar Pastor Alwatick (18 anni di carcere), Amar Ramdani (20) e Willy Prevost (13). Niente accusa di terrorismo, invece, per altri sei uomini, ritenuti colpevoli della sola associazione a delinquere: Said Makhlouf (8), Mohamed Fares (8), Abdelaziz Abbad (10), Metin Karasular (8), Miguel Martinez (7), Michel Catino (5) e Christophe Raumel (4).

Il legale di Polat ha già annunciato il ricorso in appello per il suo assistito che non potrà richiedere la libertà condizionata prima di aver scontato due terzi della pena.

 

I fatti

Lo scorso settembre il direttore di Charlie Hebdo aveva deciso di sfidare la paura e aveva ripubblicato la vignetta satirica su Maometto, contro cui entrarono in azione i killer del 2015. Lo ha fatto proprio alla vigilia dell’inizio del processo agli imputati per quell’attacco, che costò la vita a 17 persone. Non ci fu, infatti, solo l’irruzione nella redazione del settimanale francese, la mattina del 7 gennaio: per tre giorni la capitale francese rimase sotto scacco con gli attentatori che lasciarono dietro di sé altre vittime nel tentativo di fuga, ma soprattutto diedero indirettamente inizio a un periodo segnato dal terrorismo jihadista non solo in Francia.

 

Il processo

Gli imputati per la strage al periodico francese erano in tutto 14, accusati a vario titolo di aver fornito sostegno agli attentatori materiali: i fratelli Said e Cherif Kouachi, che fecero irruzione nella sede di Charlie Hebdo il 7 gennaio 2015 alle 11.30, nel pieno della riunione di redazione, uccidendo 12, tra le quali il disegnatore Cabu, autore della vignetta su Maometto “incriminata” e già apparsa in Danimarca. A perdere la vita fu anche e Amedy Coulibaly, autore del sequestro al supermercato Hyper Cacher e dell’attacco a Mountrouge, avvenuti nelle fasi successive alla strage al settimanale satirico.

 

Tra i nomi di coloro che sono ritenuti coinvolti in quello che per molti è stato un “11 settembre di Francia”, ci sono anche quelli di Mohamed Belhoucine e Ali Riza Polat, l’unico che siederà in aula dopo l’arresto a marzo del 2015. E’ lui che avrebbe procurato le armi per gli attentati. 
Il processo, per la prima volta, è stato filmato interamente dalle telecamere per poi rimanere negli archivi storico della giustizia d’Oltralpe.

 

“Siamo tutti Charlie”: l’irruzione, gli ostaggi al supermercato Hyper Casher e la folla in piazza

Per Parigi il ricordo di quei giorni, dal 7 al 9 gennaio, è una ferita ancora aperta. Subito dopo l’irruzione nella redazione del settimanale satirico i fratelli Kouachi scesero in strada urlando: “Allah è grande. Abbiamo ucciso Charlie Hebdo. Abbiamo vendicato il Profeta”. Mentre i due jihadisti in fuga si asserragliarono in una tipografia, il loro complice Amedy Coulibaly il giorno seguente freddò una giovane agente della polizia municipale a Montrouge, per poi far perdere momentaneamente le proprie tracce.

 

Successivamente prese in ostaggio i clienti di un supermercato kosher nel quartiere ebraico della capitale francese. Seguì un doppio blitz delle teste di cuoio nel quale persero la vita sia gli attentatori che 3 ostaggi. I parigini vissero quei tre giorni con apprensione e forte empatia, come dimostrato dalla grande manifestazione di piazza organizzata nel fine settimana successivo. Vi presero parte più di 4 milioni di persone, oltre a 44 capi di Stato e di Governo di tutto il mondo, compresi l’israeliano Benjamin Netanyahu e il palestinese Abu Mazen, tutti sottobraccio gli uni agli altri.

 

La reazione della comunità musulmana

A cinque anni di distanza, con il processo iniziato mentre Charlie Hebdo ha deciso di ripubblicare quella vignetta, la comunità musulmana era stata esortata a “ignorarela” dal presidente del Consiglio francese del culto musulmano, Mohammed Moussaoui, che ha ricordato: “La libertà di fare caricature è garantita per tutti”. Parole che fanno eco alla presa di posizione del capo dell’Eliseo, Emmanuel Macron che, dal Libano dove si trovava in visita ufficiale, ha ribadito: “In Francia vige la libertà di blasfemia, direttamente collegata alla libertà di coscienza, e io sono per proteggere queste libertà”.

 

I mesi del terrorismo: dal Bataclan allo Stade de France

Resta il fatto che le stragi alla redazione di Charlie Hebdo e poi al supermercato kosher diedero il via a un anno nero per la Francia, nel quale si registrarono anche l’attacco al Bataclan, il 13 novembre del 2015, inserito in una serie di altri “colpi” messi a segno pressoché in contemporanea, allo Stade de France e in alcuni locali del quartiere di Saint-Denis.

 

Attentati preceduti da altri gesti analoghi messi a segno sia in Francia, come il 3 febbraio a Nizza con il ferimento di tre militari, sia in altri Paesi europei (ad esempio Copenaghen il 14 e 15 febbraio) ed extra europei, come in Tunisia il 18 marzo con l’attacco al Museo nazionale del Bardo. Per questo, alla luce di quanto accaduto cinque anni fa, il processo di Parigi assume anche una valenza simbolica di condanna contro il terrorismo in generale.

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