Raggiunto il DEAL

Brexit 2021: “Abbiamo finalmente trovato l’accordo”, c’è il deal UK-Ue

Scongiurato no-deal di fine anno. C’è intesa su libero scambio confluita in quasi 2000 pagine di compromesso per l’uscita ordinata del Regno Unito dall’Ue.

Brexit 2021: “Abbiamo finalmente trovato l’accordo”, c’è il deal UK-Ue

Abbiamo finalmente trovato l’accordo”, ha annunciato la Presidente della Commissione europea nella conferenza stampa della vigilia di Natale a cui è intervenuto anche Michel Barnier, capo negoziatore dell’Unione europea per la Brexit. “È stato un percorso lungo e tortuoso”, ha commentato Ursula Von der Leyen sulle complicate trattative che hanno portato allo storico compromesso per l’uscita ordinata di Londra dall’Unione a 27.

 

La buona novella dell’ultima ora, quindi, è che in virtù del deal gli scambi commerciali tra Regno Unito e i Paesi dell’Unione europea non saranno danneggiati dal temuto “rischio dazi”. A distanza di 9 giorni dalla fine del periodo di transizione della Brexit (31 dicembre), è stato scongiurato il caos e gran parte delle incertezze sia sul futuro delle relazioni economico-commerciali che quello delle politiche di sicurezza pattuite dalle due parti. Dal 1 gennaio 2021, il Governo di Londra uscirà definitivamente sia dal Mercato unico e dall’Unione doganale. Nella stessa data, entreranno in vigore nuove disposizioni per consentire il libero scambio di merci e una stretta cooperazione giudiziaria e di polizia.

 

L’annuncio ha fatto seguito ad una telefonata (l’ultima e decisiva) intercorsa il 24 dicembre tra Boris Johnson a Downing Street e la Von der Leyen a Palazzo Berlaymont.

Il documento dell’accordo comprende circa 2000 pagine. Contiene disposizioni su argomenti che coprono una lunga serie di politiche, settori e dossier e che vanno dalla cooperazione sul nucleare alle interconnessioni energetiche e dalla pesca fino all’aviazione.

 

 

 

Arrivato - in tempo reale anche da Boris Johnson - un primo segnale ufficiale di soddisfazione per il grande Deal dell’anno. “Sono particolarmente contento di comunicarvi (…) che abbiamo completato il più grande accordo commerciale finora mai avuto, (pari a) un valore di 660 miliardi di sterline all’anno”, ha dichiarato il Primo ministro del Governo Tory. A detta di Johnson, l’accordo commerciale Ue-Regno Unito “riprende il controllo della nostra legislazione e del nostro destino”.

 

La lunga maratona che ha portato al Deal: i retroscena da Bruxelles...e Londra

Nella mattinata del 13 dicembre, la Presidente della Commissione europea e il Primo ministro britannico avevano “discusso i principali argomenti irrisolti” dell’impasse che aveva fatto intendere lo spettro di un ipotetico no-deal. Fortunatamente, abbiamo visto che l'avvicinarsi del Natale 2020 ha portato buoni esiti per il post-Brexit 2021.

La dichiarazione congiunta di Ursula Von der Leyen e Boris Johnson aveva parlato, nelle scorse settimane, della continuazione del difficile dialogo per cercare – fino all’ultimo – un accordo.

I nostri team (…) hanno lavorato giorno e notte negli ultimi giorni. E nonostante l’esaurimento dopo quasi un anno di trattative, nonostante il fatto che le scadenze siano state saltate più e più volte, pensiamo che a questo punto sia responsabile fare l’ultimo miglio” di questa difficile maratona. Così aveva annunciato il capo dell’Esecutivo europeo in un video-messaggio da Palazzo Berlaymont nell’informare di aver conferito mandato ai negoziatori per la Brexit (Michel Barnier per l'Ue e David Frost per GB) di “proseguire i colloquicon Londra in collegamento da Bruxelles.

 

Di cosa si era parlato finora

Le posizioni di Gran Bretagna e Ue sono rimaste molto distanti fino all'ultimo. Le rispettive squadre si erano riunite diverse volte per trovare soluzioni alle questioni cruciali che ritardavano il deal. “Prenderemo una decisione ”. Si leggeva in una delle recenti dichiarazione di Ursula Von der Leyen all’indomani dell’ultima cena con Boris Johnson. Cena che non aveva confermato il raggiungimento di un compromesso e che aveva visto il Premier britannico far rientro a Downing Street senza un deal.

Eppure, alla fine, una via percorribile per trovare l’accordo post-Brexit tra Londra e Bruxelles c'è stata. Ma il complicato gioco della Brexit è andato avanti ad oltranza. Il tempo stringe, le ‘lancette’ della Brexit 2020 di fermeranno con la fine della transizione al 31 dicembre. Sono tanti i punti di domanda su cosa cambierà a partire dal 1 gennaio 2021. Ma senza dubbio ci saranno meno incertezze ed almeno alcuni punti sono stati discussi e chiariti del documento dell'accordo, chiudenendo al meglio la partita ed evitando risvolti preoccupanti su tanti fronti.

 

Le questioni sospese e oggetto delle discussioni dei giorni pre-deal  erano i diritti e le quote di pesca, il Mercato interno e la governance, il backstop sull'Irlanda del Nord e la situazione a Gibilterra. Oltre i punti all'ordine del giorno del Consiglio europeo (crisi covid-19, Recovery Fund e Bilancio Ue, clima, sicurezza e relazioni esterne), i 27 leader hanno dovuto necessariamente trovarsi a discutere anche sulle criticità del divorzio dall’Ue voluto da Londra. E ragionare in fretta per trovare la quadra entro la fine dell'anno.

 

Le misure straordinarie con cui l'Ue sarebbe corsa ai ripari

Bruxelles ha lavorato intensamente e incessantemente per preparare soluzioni anche qualora si fosse entrati nello scenario no-deal a partire dall'anno nuovo. È nell’intensa mattinata del Consiglio europeo del 10 dicembre che Ursula Von der Leyen aveva annunciato la preparazione delle misure straordinarie e temporanee (d’emergenza) per regolare le relazioni con il Regno Unito in caso di Brexit senza accordo. Rimane fondamentale, infatti, assicurare la continuità dei voli, dei viaggi via mare e dei trasporti, anche dopo il 1 gennaio 2021, o comunque in attesa dell'ok finale del Consiglio e del Parlamento europeo.

Dobbiamo essere pronti ogni eventualità”, avvertiva la Presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen. Anche perché non si sapeva ancora (in quei giorni) se le misure presentate da Bruxelles avessero avuto effetti immediati. “Non vi è alcuna garanzia che, se e quando verrà trovato un accordo, possa entrare in vigore per tempo”.  Ecco un'anticipazione (sintesi) delle misure in un tweet della Presidente Von der Leyen.

 

 

L'ultima cena Von der Leyen-Johnson

La cena del 9 dicembre a Bruxelles tra Boris Johnson e Von der Leyen, a poche ore dal kick-off dell'ultimo Vertice Ue in presenza all'Europa building, non aveva prodotto decisioni sostanziali. Anche i capo-negoziatori David Frost (GB) e Michel Barnier (Ue) - incaricati di mediare sia a livello politico che tecnico - non erano riusciti a trovare la giusta via d'uscita per risolvere i grandi nodi dello stallo.

Il Governo Tory non ha ceduto - fino all'ultimo -  sulle trattative per l’uscita ordinata dall’Unione europea. Nel caso in cui il 2020 si fosse concluso senza accordo (ci voleva l'accelerata dato che il 31 dicembre scade il periodo di transizione), il Regno Unito e i 27 avrebbero proseguito i negoziati commerciali applicando le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). Questo è solo uno dei punti su cui la ricerca dell'intesa si è protratta fino al 24 dicembre.

 

Johnson: “cambierà tutto”, ma in GB “futuro prospero”

Nel giorno di avvio delle prime vaccinazioni contro il coronavirus nel Regno Unito, i giornalisti hanno chiesto a Boris Johnson (in visita agli ospedali del V-Day) quali esiti si stesse aspettando dal prossimo confronto con i vertici ue.  "Devo essere ottimista", ha affermato il Primo Ministro, spiegando come le posizioni di Bruxelles e Londra restassero ancora “lontane” se non divergenti sui temi chiave. Johnson aveva anche prospettato che “tutto cambierà" dal 2021, aggiungendo che per il suo Paese il futuro post-Brexit sarebbe stato “prospero” anche in caso di No-deal.

 

Mentre Francia e Danimarca spingevano per concordare restrizioni in modo da superare lo stallo, i brexiter d’oltre Manica non sembravano ancora cedere per trovare un compromesso. Si apprendeva da fonti Ue che Bruxelles non escludesse di continuare con i negoziati anche dopo il 1 gennaio 2021. A poco erano serviti allora i colloqui telefonici tra Ursula Von der Leyen e Boris Johnson. Inoltre, si attendeva che il Disegno di legge sul mercato interno  (l'Internal Market Bill) del Regno Unito passasse all’esame della Camera dei Comuni. Alcune clausole avrebbero potuto consentire al Governo Johnson di violare il diritto internazionale, prevalendo su elementi del Trattato originale sulla Brexit firmato con l’Ue (l’accordo di recesso). Ma per l’Unione così come per la House of Lords (che ha votato per la loro eliminazione) quelle clausole non avrebbero dovuto comparire nel documento dell'accordo .

 

La mancata fumata bianca nei talk del 7 dicembre e lo spettro del no deal avevano fatto scivolare la sterlina al livello più basso degli ultimi mesi (rispetto all’euro e al dollaro), infastidendo sensibilmente i mercati.

 

 

Francia da sempre contraria ad accordo "svantaggioso" su nodo pesca

Per Bruxelles, l’avvicinarsi della scadenza del periodo di transizione della Brexit stava aprendo una stagione di nuovi veti.

Non solo sull’approvazione del Recovery Fund e del Bilancio Ue (su cui il 10 dicembre si è siglato l'accordo finale) ma anche sui nodi del negoziato per il divorzio di Londra dall’Unione europea.

 

Il Sottosegretario francese per gli Affari europei, Clement Beaune, aveva affermato in un’intervista a Radio Europe1 che Parigi stesse considerando di far valere il proprio diritto di veto per opporsi al tanto atteso accordo sulla Brexit, qualora non avesse risposto ad esigenze specifiche (ad esempio, in materia di attività di pesca) o se il compromesso raggiunto fosse risultato svantaggioso per la Francia.

 

Non era certo nelle intenzioni del Governo francese ritardare i lavori tanto meno ostacolarli, ma se fosse stato un accordo svantaggioso, "secondo la nostra analisi, e che non corrisponde ai nostri interessi, ci opporremmo”, aveva chiarito Beaune. Sull’ipotesi di veto francese su esiti di trattative potenzialmente non soddisfacenti, Beaune (come altri politici francesi) avevano anche ricordato che “ogni Paese ha diritto di veto”. Ecco perché la Francia è rimasta ferma sul peso delle proprie valutazioni.

 

Diritti e distanze di pesca: grande ‘scoglio’ tra Francia e Regno Unito

Anche se ormai c'è il deal, uno dei temi caldi che ancora si discute a Bruxelles è la lunga diatriba tra Francia e Regno Unito sulla complicata questione dei diritti di pesca nelle acque britanniche. Un capitolo complicato che ha creato tensione sulle attività dei porti di sbarco della costa atlantica. I media francesi hanno riportato che, in occasione della visita del 3 dicembre a Boulogne-sur-Mer, il Premier Jean Castex aveva lanciato un messaggio chiaro in merito a quanto sia grave “sacrificare” le attività dei pescatori francesi nei negoziati sulla Brexit.

 

Sulla pesca, Londra non faceva passi indietro. Lo ‘scoglio’ rimaneva quindi l’accesso dei pescherecci europei alla futura Zona Economica Esclusiva britannica (accordi ZEE).

Il Segretario di Stato per gli Affari Esteri britannico, Dominic Raab, ribadiva in un’intervista a SkyNews che i 27 devono guardare alla posizione di Londra come una “questione di principio”, altrimenti il ‘dossier pesca’ farà sempre arenare i colloqui negoziali. A Bruxelles “serve pragmatismo” – ha aggiunto Raab.

 

Nell’Unione europea i pescherecci di un dato Paese hanno accesso pieno alle acque degli altri fino a 12 miglia marine dalla costa. Ma esistono anche limitazioni alle quote di pesca imposte per alcune specie (vengono stabilite ogni anno a dicembre). Una volta conclusasi l’uscita dall’Ue, Londra e Bruxelles si incontreranno annualmente per fissare le quote riservate ai pescherecci dei 27 e le distanze dalla costa concordate (questo già si fa con la Norvegia). Considerato il grave impatto che le flotte europee subirebbero se non avessero più libero accesso alle acque britanniche (nel limite stabilito entro le 12 miglia marine dalla costa), è interesse dell’Ue mantenere lo status quo. Ad oggi, circa il 60% delle catture in acque britanniche è in mano ai pescherecci stranieri.

 

In una dichiarazione alla Camera dei Deputati, il Premier Boris Johnson aveva avvertito che un progresso sui negoziati sarebbe stato fattibile solo se l'Ue  avesse accettato "il fatto che dobbiamo essere in grado di controllare l'accesso alle nostre acque”. Un portavoce del Premier ha aveva anche fatto sapere che il Governo Tory non avrebbe firmato un’intesa a meno che questa non rispettasse i principi fondamentali sulla ritrovata sovranità” britannica nell'ambito della pesca e sul “controllo delle proprie leggi”.

 

Tra gli altri nodi: concorrenza, aiuti di Stato e clima

Bruxelles ha offerto a Londra un accordo commerciale senza precedenti che, ad esempio, esclude dazi doganali e quote pesca, ma non accetterà lo sviluppo di un’economia de-regolamentata che aprirebbe nuovi scontri sulla concorrenza sleale e sulla governance.

 

Altre preoccupazioni riguardano il rischio che i rigorosi standard ambientali e gli ambiziosi obiettivi 2050 dell’Ue verso “zero emissioni” non combacerebbero con i problemi di inquinamento e le future politiche climatiche del Regno Unito. Anche in materia di diritto del lavoro o trasparenza fiscale, l’Unione europea ha avanzato condizioni chiare: che il Governo britannico si impegni a non comprometterli. Tra le richieste dell’Ue, c’è anche la “clausola evolutiva” per garantire che le regole stabilite rimangano tali. In caso di scostamenti, entrambe le parti del ‘contratto Brexit’ potranno concordare su modifiche e aggiornamenti.

 

Anche se c'è l'effettivo accordo, sugli aiuti di Stato, si continuano a temere mosse di ‘ritorsione’ da parte del Regno Unito che potrebbe concedere sovvenzioni alle imprese britanniche che entrano in contrasto con la normativa Ue. La soluzione potrebbe arrivare da un meccanismo di consultazione in cui Regno Unito e Unione europea si tenessero regolarmente informati a vicenda sui propri interventi e decisioni sugli aiuti di Stato, in assenza di regole comuni, per prevenire distorsioni e andamenti negativi del mercato. Nel caso di scenari divergenti sulle nuove proposte o disposizioni, si potranno sempre avviare contromisure unilaterali e immediate (ad esempio l’applicazione di dazi doganali). Un approccio “per comparti” scomodo per l’Ue, in quanto le farebbe subire deroghe multiple a fronte di condizioni tariffarie e commerciali facilmente accettabili da Londra.

 

 

Negoziati più lunghi garantiranno “parità di condizioni”

L’Unione europea non avrebbe accetatato un accordo commerciale post-Brexit se il Regno Unito non si fosse impegnato a garantire parità di condizioni (cosiddetto level playing field) in materia di commercio e regolamentazione. Questo è quanto messo in chiaro nelle ultime settimane di trattative anche dal capo del Consiglio europeo durante la conferenza stampa del 4 dicembre in occasione della ricorrenza del suo primo anno di mandato da Presidente. “Non so cosa ci sarà sul tavolo perché stiamo (ancora) negoziando”, spiegava Charles Michel.

Lo state of play della Brexit ai primi di cembre ed i timori di un nuovo stallo sull’accordo avevano riacceso i riflettori sulle tempistiche dell’agenda Ue-Regno Unito allo stesso modo delle altre priorità illustrate da Michel (emergenza sanitaria, risposta al covid-19 e ripresa economica). Per Charles Michel, coem per Ursula von der Leyen, restava comunque fondamentale garantire l’unità dei 27 “fino all'ultimo secondo” per lavorare ad un accordo “accettabile” per tutti. “Abbiamo cercato fin dall'inizio di essere un partner leale” nei confronti dei britannici, commentava Michel spiegando come la fase finale dei negoziati con il Regno Unito di mantenere sarebbe stava di importanza decisiva per il futuro dei legami economici con il blocco dei 27 a fronte di un impegno comune a soddisfare gli standard normativi dell’Ue. “Abbiamo chiari standard europei (…) e forti poteri legislativi (…). Vogliamo un accordo, ma non ad ogni costo” - così rispondeva Charles Michel alle domande dei giornalisti.

COPYRIGHT THEITALIANTIMES.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA