Conte dà 400 milioni ai Comuni in buoni spesa per chi non ce la fa

Il premier Conte segue l'invito di Mattarella a non lasciare soli i più deboli. Ma per Cig e aiuti alle partite Iva bisognerà aspettare il 15 aprile

Conte dà 400 milioni ai Comuni in buoni spesa per chi non ce la fa

Ieri alla stessa ora il presidente Mattarella aveva chiesto e assicurato che "nessuno sarebbe stato lasciato solo" nelle difficoltà, e oggi Giuseppe Conte ha annunciato in diretta da palazzo Chigi che con un‘ordinanza della Protezione civile saranno immediatamente disponibili 400 milioni per i sindaci, da convertire in buoni spesa oppure in approvvigionamenti alimentari e farmaceutici organizzati dai Comuni stessi o in collaborazione con le associazioni di volontariato (a The Italian Times risulta che inizialmente erano stati stanziati 300 milioni e poi, poco prima della conferenza stampa, ne sono stati aggiunti altri 100. 

 

Conte ha anche lanciato un appello alla grande distribuzione affinché ai buoni spesa aggiungano, con iniziativa propria, il 5 o il 10 per cento di spesa aggiuntiva rispetto al valore dei buoni.

 

Ancora: le donazioni non saranno tassate, ha assicurato, perché sulla solidarietà il fisco non deve intervenire. Ai Comuni andranno anche 4,3 miliardi di euro, come anticipo sul Fondo di solidarietà degli enti locali che avrebbe dovuto essere erogato a maggio. 

 

"I sindaci sono le nostre antenne sul territorio”, ha detto Conte, ringraziando De Caro, sindaco di Bari e presidente dell’Anci, collegato con palazzo Chigi.

 

Seconda notizia: il premier ha garantito/promesso che i provvedimenti di sostegno alle famiglie, al lavoro e alle imprese decise nei decreti di inizio settimana saranno operativi entro il 15 aprile, cioè cassa integrazione, cassa integrazione in deroga, i 600 euro alle partite Iva, cioè i primi 10 miliardi del totale dei 25 previsti: "i tempi ordinari della burocrazia devono essere azzerati", ha promesso Conte, aggiungendo che all'Inps stanno lavorando alacremente. 

 

Alla conferenza stampa di stasera Conte è stato affiancato dal ministro dell’economia Gualtieri e ha anche risposto ad alcune domande dei giornalisti. Non poteva mancare, e l’ha fatta Galluzzo del Corriere, la domanda sulle dichiarazioni di oggi di Ursula Von del Leyen, presidente della Commissione europea, sui coronabond che sono “uno slogan”. E qui Conte si è ripresa tutta la retorica che era riuscito quasi ad evitare annunciando i provvedimenti per i più deboli: “Adesso c’è un appuntamento con la storia e l’Europa deve decidere se rispondere o no. 

 

La storia non bussa alla porta quando arriva, non c’è uno Stato membro che non è stato interessato da questa emergenza. Io non passerò alla storia come colui che si è reso responsabile di non aver fatto quello che andava fatto. Mi batterò fino all’ultima goccia di sudore”.  Anche Gualtieri ha detto che le parole di Von der Layen sono sbagliate. Il premier infine ha detto di non sapere quando riaprire le attività produttive, risposta indiretta alla richiesta (per la verità estemporanea, anche se il tema di non interrompere del tutto la produzione esiste) fatta stamattina da Renzi.

 

Il disagio sociale esiste, soprattutto al Sud, ed è giusto che lì intervenga per aiutare la spesa di chi non ce la fa, dopo i primi episodi che polizia e carabinieri avevano cominciato a registrare già da diversi giorni e che stamattina aveva trovato riscontro anche in un’intervista del ministro per il Sud, Provenzano. Anche affidare ai sindaci la gestione non è sbagliato. Va detto tuttavia che si tratta di una boccata di ossigeno, certo utile a breve ma non risolutiva: 400 milioni divisi tra 8 mila comuni fa 50 mila euro per ciascuno, ma è ovvio che bisognerà dare di più a quelli più grandi, con il rischio che ai più piccoli arriveranno le briciole. Va anche detto che, anche stavolta, non c’è il testo del decreto del presidente del Consiglio, per cui non si sa come verranno ripartiti i 400 milioni tra grandi città, medie cittadine e paesini.

 

L’altro segnale positivo della conferenza stampa è la presenza di Gualtieri, notoriamente il più legato alla tecnocrazia di Bruxelles. Accanto al premier: il ministro dell’Economia ha avuto accenti meno "storici" di quelli di Conte ma ha ribattuto anch’egli alle parole della presidente della Commissione europea, che in pratica ha ripetuto la (finta) gaffe di Lagarde sullo spread italiano. Come è noto, secondo ricostruzioni giornalistiche non smentite, tra Conte e Gualtieri sulla questione europea erano volate parole grosse.

 

Più preoccupante invece l’incapacità di mettere a terra i provvedimenti annunciati con clamore ed emotività la notte di sabato scorso. Conte ha spiegato che non è facile farlo, che ci sono delle procedure, per poi promettere che i soldi della cassa integrazione e quelli per le partite Iva (una decina di miliardi in tutto sul totale dei 25) arriveranno entro il 15 aprile, più o meno a 24 giorni dalla frenetica decisione. Un'enormità, difficilmente riscontrabile nel mondo, visto che ad esempio in Inghilterra gli aiuti stanno arrivando direttamente sui conti correnti dei destinatari. Il problema è quindi doppio: non solo l’Italia mette in campo molto meno degli altri Paesi (tanto per fare un esempio, per pareggiare i 2000 miliardi di dollari degli Stati Uniti noi dovremmo impiegare 200 miliardi di euro, fatte le differenze tra le due economie), ma non riesce nemmeno a spenderli in tempi accettabili. (Ade)

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