Massimo D’Alema fu accusato di complotto per Presidente Repubblica

Massimo D’Alema è stato accusato di complotto durante le quirinarie da alcuni esponenti del Partito Democratico. Dopo l’accusa rispose in diretta TV

Redazione
di Redazione
13 aprile 2018 11:25
Massimo D’Alema fu accusato di complotto per Presidente Repubblica

Durante il secondo mandato di Giorgio Napolitano il Partito Democratico avviò una grande battaglia interna tra le diverse correnti interne.

Pier Luigi Bersani ne uscì completamente distrutto politicamente.

La stessa cosa accadde a Romano Prodi, candidato come Presidente della Repubblica e non votato dallo stesso partito.

Successivamente Matteo Renzi prese la guida del partito.

In quel contesto Massimo D'Alema, storico membro del partito, fu accusato di tradire il proprio partito.

Un accusa molto pesante.

Ecco i fatti di quel periodo del Partito Democratico.

 

L’indiziato Massimo D’Alema e la sua rabbia

Massimo D’Alema, davanti alle telecamere della trasmissione Piazza Pulita, dichiara che denuncerà per diffamazione chiunque lo accuserà di aver escogitato un complotto contro la fallita candidatura di Romano Prodi. Inoltre aggiunge: "Non ho potuto impedire che quindici persone mi votassero. Dietro la sconfitta di Prodi c’è la regia di chi lo ha candidato in un modo francamente assurdo, perché non si può tirare fuori in questo modo la candidatura di Prodi senza una preparazione, senza un’alleanza. Si cercano capri espiatori, per errori politici che sono stati compiuti, in persone che non c’entrano nulla. Io, come vede, vado a spasso con il cane, non organizzo complotti, non faccio parte di nessun organismo".

 

Sandro Gozi attacca D’Alema sul processo a Bersani

Non sembra temere un’eventuale denuncia per diffamazione, da parte di D’Alema, il parlamentare Sandro Gozi, che sulla questione Pd dichiara: Assisto sconcertato al processo politico organizzato all’interno del mio stesso partito al Segretario Bersani a cui si è appena aggiunto anche D’Alema a proposito del suo modo assurdo con cui sarebbe stata proposta la candidatura di Romano Prodi. Posso non averne condiviso la linea in alcuni momenti e l’ho detto con lealtà, pubblicamente e davanti a lui. Ma al segretario Bersani va tutta la mia solidarietà personale ed umana, poiché ha saputo assumere sulle sue spalle la responsabilità di un fallimento, cosa rarissima in Italia”. Anche se il vero fallimento, secondo il parlamentare “È soprattutto di quei 101 parlamentari che nel segreto dell’urna hanno fucilato non solo Romano Prodi ma Pierluigi Bersani e tutto il progetto politico del partito”. Parole che non vanno certo per il sottile e che continuano a sottolineare all’opinione pubblica la spaccatura interna del Partito Democratico.

 

La senatrice Rosanna Filippin “chiedo scusa ai cittadini”

Non ignora il conflitto interno e chiede scusa ai cittadini la senatrice Rosanna Filippin con le seguenti parole: “Nei giorni scorsi il Pd ha mancato al suo compito, non si è assunto la responsabilità di questo Paese, ha lasciato che i propri conflitti interni e le proprie divisioni prevalessero su ogni altra cosa e ha usato le urne per l’elezione del presidente della Repubblica per un regolamento interno. Si è trattato di un atteggiamento vergognoso, e come segretario del Pd Veneto chiedo scusa ai cittadini. Il nostro congresso era già previsto per l’autunno, mi pare evidente che avremo bisogno di anticiparlo. Ma prima c’è altro da fare: il Partito Democratico deve mettersi umilmente al servizio del Paese, e con umilmente intendo che non è nelle condizioni di pretendere alcunché”

Appartenente alla fascia “giovani turchi”, Matteo Orfini rifiuta le larghe intese: “Il voto di fiducia è un voto di coscienza, non c’è disciplina di partitp. Se sono contrario voto contro”.

 

Francescini e la scissione

Dario Franceschini tende ad augurarsi che non ci sia la scissione all’interno del Partito Democratico, sempre più temuta in vista delle votazioni per il governo delle larghe intese nonostante le parole di Napolitano, ma vuole sottolineare: “Non capisco perché un confronto vero, anche duro, di fronte ad un bivio, o un governo vero che risponda alle emergenze sociali o elezioni, preveda che chi uscirà in minoranza dalla direzione, debba uscire dal partito. A Napolitano dobbiamo dire o un sì o un no, non esistono vie di mezzo incomprensibili in un politichese che la gente non capisce”.

Per Occhetto sembra esserci stato un vero e proprio complotto: “Io ritengo che quello che e’ accaduto è estremamente grave e va molto al di là del futuro immediato del Pd: è un vero e proprio complotto. È chiaro che non si è trattato di cento persone che sono andate lì alla spicciolata, è qualche cosa che è stato organizzato per creare il massimo di disordine e ricostruire un ordine sull’accordo con il centrodestra. Naturalmente non ci sono le firme, però è del tutto evidente che i capi bastone hanno organizzato tutto questo e lo hanno fatto per creare, questa è la logica, le condizioni per arrivare a Napolitano e mettere il Paese di fronte all’ineluttabile accordo con la destra. I capibastone sono noti, non c’è bisogno che io faccia i nomi. Sicuramente D’Alema, Fioroni, Letta e altri. Possono essere tanti. La logica politica di un osservatore è che non sono sicuramente dei cani sciolti”. Parole dure che fanno emergere molti interrogativi sul futuro del Pd.

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