La riforma del voto

Voto ai 18enni: approvato al Senato, cosa cambia con la riforma

Il Senato dà il via libera alla legge che modifica, abbassandola da 25 a 18 anni, l’età minima per poter votare per Palazzo Madama. Ora torna alla Camera

Voto ai 18enni: approvato al Senato, cosa cambia con la riforma

Nessuno slittamento: la legge che abbassa l’età per poter votare per il Senato è stata approvata proprio a Palazzo Madama con 125 favorevoli, 84 astenuti e nessun voto contrario. Ora il testo torna alla Camera per la terza lettura, senza modifiche, per poi affrontare l’ultimo e decisivo passaggio, nuovamente in Senato. Si tratta dell’iter previsto per il disegno di legge di riforma costituzionale voluto dal Partito Democratico per accompagnare l’eventuale taglio dei parlamentari, in caso di vittoria al SI al Referendum del 20 e 21 settembre. Il testo aveva già ricevuto un primo via libera alla Camera il 31 luglio 2019. Ma le divisioni all’interno della maggioranza di Governo non sono mancate e questa volta hanno riguardato l’elettorato passivo, cioè l’età minima necessaria per candidarsi.

 

Il referendum non ferma l’iter della legge

La discussione in Senato è iniziata alle 10 del 9 settembre, ma non senza difficoltà. Fino all’ultimo il centrodestra aveva tentato di rinviare la discussione del disegno di legge di riforma costituzionale, in attesa dell’esito dell’Election Day del 20 e 21 settembre, con il referendum sul taglio dei parlamentari. Il motivo principale della resistenza da parte di Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia era la preoccupazione che questa riforma - che implica una modifica della Costituzione - potesse finire al centro della campagna elettorale insieme al quesito referendario, che vede impegnato per il SI il Movimento 5 Stelle e che, dopo qualche riserva, ha ottenuto l’appoggio anche del Pd di Zingaretti.

 

Da 25 a 18 anni per votare i senatori

Proprio il M5S si è battuto anche per un abbassamento dell’età dell’elettorato attivo (dunque degli elettori) dagli attuali 25 anni a 18 anche per il Senato, come già è previsto per i deputati alla Camera. Perché ciò avvenga occorrono in tutto quattro passaggi in Aula, due a Montecitorio e altrettanti a Palazzo Madama, dove adesso il testo ha ottenuto il via libera ieri, in terza lettura. Il M5S ha “strappato” l’appoggio all’alleato di Governo, che lo ritiene un passaggio obbligato nell’iter di modifica della Costituzione, che si renderebbe necessario in cambio di una vittoria del SI al referendum per la riduzione del numero di parlamentari. Ma insieme all’abbassamento dell’età per l’elettorato attivo, c’è un altro punto che ha messo a dura prova l’accordo Pd-M5S: la modifica dell’età minima anche per l’elettorato passivo.

 

Non scenderà l’età minima per diventare senatori

A chiedere anche questa modifica era Italia Viva, che però ha incontrato il no del Partito Democratico. Più possibilisti, invece, i pentastellati. Il risultato è stato un voto negativo da parte dell’aula di Palazzo Madama, che dunque ha cancellato la norma introdotta dalla Commissione Affari Costituzionali. L’articolo 58 della Costituzione rimane così “intatto” e prevede che per candidarsi a occupare un posto in Senato occorrano almeno 40 anni. L’idea, invece, era quella di scendere a 25, come già approvato in sede di Commissione Affari costituzionali lo scorso gennaio. I renziani sono infatti convinti che la vera “rivoluzione” sia svecchiare il Parlamento e rinnovare la classe politica con rappresentanti più giovani, come avviene già in altri Paesi.

 

Come funziona all’estero

I 18 anni rimangono l’età in cui si diventa maggiorenni nella maggior parte dei paesi del mondo, ma esistono diversi Stati che hanno permesso di votare prima: ad esempio, in Austria dove a 16 si può esprimere la propria preferenza alle urne (tutte). Per essere eletti, invece, occorre avere almeno 18 anni che salgono a 35 nel caso del Presidente della Repubblica. Anche in Scozia è possibile partecipare alle elezioni (politiche e amministrative, a ogni livello territoriale), anche se così non è stato per il referendum sulla Brexit. Se la Norvegia ha avviato una sperimentazione in tal senso e in Germania questa possibilità è ammessa solo in alcuni land, l’età minima per recarsi alle urne in diversi paesi sudamericani è rappresentata dai 16 anni, anche se in molti casi il diritto al voto è anche un obbligo (pena multe salate) ed esiste invece un limite massimo di età. Ad esempio, in Ecuador sono ammessi come elettori tutti dai 16 ai 65 anni, in Brasile fino a un massimo di 70, mentre in Etiopia, Indonesia, Corea del Nord, Sudan e Timor Est i seggi sono aperti a partire dai 17 anni.


Quanto all’elettorato passivo, per potersi candidare al Parlamento europeo è sufficiente avere 25 anni. In Belgio ne occorrono 21 per entrambe le camere, così come in Irlanda. Scendono a 18 in Spagna, Paesi Bassi, Danimarca, Portogallo, Svezia e Finlandia (negli ultimi quattro c’è un’unica assemblea parlamentare), mentre salgono a 25 in Grecia (unica camera). In Francia, invece occorrono 18 per candidarsi alla Camera, 30 per il Senato; in Germania rispettivamente 18 e 25 come in Italia, nel Regno Unito, infine, i requisiti sono di avere 18 e 21 anni.
Il tentativo precedente: far votare i 16enni.


In Italia spingere per un abbassamento dell’età minima richiesta per votare i parlamentari era stato l’ex premier, Enrico Letta, sulla scia dei Friday For Future, il movimento ecologista guidato da Greta Thumberg. Proprio l’età della giovane attivista svedese, all’epoca del via delle manifestazioni in tutto il mondo, aveva spinto Letta a lanciare l’ipotesi di far scendere da 18 a 16 anni il requisito anagrafico per potersi recare alle urne” Si tratterebbe di un modo per dire ai quei giovani che abbiamo fotografato nelle piazze, lodando i loro slogan e il loro entusiasmo: vi prendiamo sul serio” aveva detto Letta, riferendosi ai manifestanti che aderirono al Climate Action Week dello scorso anno.
In quell’occasione il mondo politico si era diviso tra favorevoli e contrari in modo bipartisan. Ma si era lontani da appuntamenti elettorali.

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