Mancata zona Rossa Alzano e Nembro, la difesa di Conte davanti ai pm

Il caso della mancata istituzione della zona rossa ad Alzano e Nembro: cosa è successo, le indagini, le denunce dei parenti. Tutti gli ultimi aggiornamenti

Mancata zona Rossa Alzano e Nembro, la difesa di Conte davanti ai pm

I pm di Bergamo hanno sentito come “persone informate sui fatti” il premier Giuseppe Conte, ma anche i ministri della Salute Roberto Speranza e dell’Interno Luciana Lamorgese in merito alla indagini sulla mancata istituzione della zona rossa ad Alzano Lombardo e Nembro agli inizi di marzo, quindi in piena pandemia da coronavirus. 

 

La convocazione è arrivata alla vigilia degli Stati Generali dell'Economia.

 

L’interrogatorio di Giuseppe Conte si è svolto venerdì 12 giugno. «Non sono affatto preoccupato, non posso anticipare le cose che dirò ai pm ma riferirò doverosamente tutti i fatti di mia conoscenza» aveva dichiarato il presidente del Consiglio.

 

L'inchiesta è al momento senza indagati e senza ipotesi di reato, ma era necessario fare luce su alcuni punti cruciali dei giorni tra il 3 e il 9 marzo 2020.

 

 

Il colloquio di Conte e dei ministri con i pm

Un interrogatorio durato tre ore, in cui il Presidente del Consiglio ha chiarito i fatti accaduti i primi di marzo 2020.

 

«Le audizioni si sono svolte in un clima di massima distensione e di massima collaborazione istituzionale» ha dichiarato la pm di Bergamo Maria Cristina Rota al termine dell'incontro.

 

Come racconta il Corriere, Conte ha ricostruito cosa è accaduto tra il 3 e l'8 marzo 2020, spiegando che i contagi erano ormai numerosi in diversi paesi, quindi sarebbe stato inutile limitarsi a solo due paesi.

 

La decisione di chiudere  l'intera Lombardia, arrivata il 7 marzo,  era stata condivisa con la regione, che aveva mandato anche le proprie osservazioni. La difesa del governo resta chiara: il governatore Attilio Fontana e l'assessore al Welfare Giulio Gallera erano costantemente informati di ogni mossa.

 

Il 3 marzo il Comitato Tecnico Scientifico sollecita la chiusura di Nembro e Alzano; ne parlano con Gallera e due giorni dopo, il 5 marzo, il presidente Brusaferro sottolinea nuovamente la necessità di procedere. Il 7 marzo arriva il verbale di revisione dal Comitato, che richiede una chiusura più ampia a causa dell'impennata nel numero dei casi. 

 

«Attendere di avere tutti i dati e poi procedere dichiarando “zona rossa” l’intera regione e altre tredici province di altre regioni è stato necessario per procedere nel modo giusto. Si è trattato di una scelta politica che doveva tenere conto di numerose esigenze» sono le parole di Conte riportate dal Corriere.

 

Il professor Brusaferro del Cts e il consulente del Ministero della Salute Ricciardi, convocati dai magistrati nei giorni scorsi, hanno sottolineato infatti che il parere del Comitato è consultivo ma non vincolante: l'utima parola deve essere politica.

 

Durante l'interrogatorio il Presidente del Consiglio ha evidenziato come fosse arrivata la richiesta da parte della Lombardia di dichiarare "zona rossa" Codogno, ma mai Alzano e Nembro. Ogni valutazione del governo era stata comunque condivisa con la regione, come confermato anche dal ministro Speranza.

 

La regione aveva comunque il potere di emettere ordinanze restrittive, ha ribadito Conte, ma non l'ha fatto e non ha avanzato richieste al governo in questo senso.

 

 

Zona Rossa Alzano e Nembro: la ricostruzione della vicenda

A fine maggio, per la stessa inchiesta, sono stati ascoltati il governatore della Lombardia Attilio Fontana e l’assessore al Welfare Giulio Gallera.

 

Entrambi hanno dichiarato che la decisione di isolare i due comuni spettasse al governo: le forze dell’ordine ed esercito erano già pronte a chiudere. Ma l’ordine non è mai arrivato.

 

È anche di questa precisa accusa che il Presidente del Consiglio ha risposto di fronte ai magistrati.


Il 23 febbraio Conte firma il primo Dpcm per istituire la zona rossa nei primi 10 comuni del lodigiano, ma nei giorni successivi si nota un aumento dei casi nella bergamasca.

 

Il 27 febbraio, nei dati della Lombardia, risulta già un focolaio in quella zona.

 

Come riportato dal Corriere, i primi contatti della Lombardia con il governo per discutere della situazione nella bergamasca risalgono al 2 marzo, ma in tutti i giorni seguenti non arriva un ordine ufficiale richiesto dalla regione.

 

Il 5 marzo il Cts propone di adottare le stesse misure già messe in atto per Codogno e gli altri comuni, ma Alzano Lombardo e Nembro diventano zona rossa l’8 marzo, con il resto della Lombardia e altre 13 province; il 10 marzo l’Italia intera diventa “zona protetta”.


Il premier Conte ha dichiarato che la Lombardia avrebbe potuto creare delle zone rosse in piena autonomia, se non intenzionata ad attenedere la decisione del governo.

 

Inoltre il premier ha sempre sostenuto di non aver chiuso i due comuni perché intanto l’intera regione era diventata un’unica “zona rossa”.

 

In Lombardia però Fontana comincia a individuare qualche responsabilità, per non lasciarla solo sulle proprie spalle e su quelle dell’assessore alla Sanità Gallera: Luigi Cajazzo, 51 anni, l’ex poliziotto della Mobile di Lecco seduto sulla poltrona di direttore generale dal maggio 2018, viene spostato.

 

Arriva quindi Marco Trivelli, 56 anni, manager storico della Sanità lombarda, con esperienza in grandi ospedali come il Niguarda di Milano e dal 2018 i Civili di Brescia. 

 

 

Zona Rossa Alzano e Nembro: le denunce dei parenti delle vittime

"Quindici giorni di assoluta inerzia che hanno permesso al focolaio della media Valle Seriana di espandersi liberamente e in modo incontrollato, diventando un incendio di proporzioni devastanti".

 

Questo uno degli argomenti che maggiormente ricorrono nelle denunce dei parenti delle vittime di coronavirus depositate in procura a Bergamo attraverso il comitato "Noi denunceremo”, nato da un gruppo Facebook.

 

Sono decine le testimonianze strazianti di chi non ha più rivisto i propri cari dopo i ricoveri in ospedale. E per cui ora chiedono giustizia.

 

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