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Ue, spazio-terra: eccezionale buco dell’ozono si è chiuso al Polo Nord

Sguardo al servizio Ue di monitoraggio atmosferico del programma Copernicus. 5 giugno: appuntamento ‘live’ con dati piattaforma su impatto lockdown-covid19

Ue, spazio-terra: eccezionale buco dell’ozono si è chiuso al Polo Nord

Che fine ha fatto il tanto temuto buco dell’ozono che si è espanso quest’anno al Polo Nord?

 

Per capire meglio i dati e le scoperte dei progetti finanziati dal Copernicus (programma di monitoraggio atmosferico dell’Unione europea), e conoscere gli andamenti di rarefazione dello strato dell’ozono (che ci protegge dai raggi UV), The Italian Times ha incontrato Sonya Gospodinova, portavoce di Thierry Breton, Commissario europeo per il Mercato Unico e responsabile le politiche dello Spazio e i programmi di navigazione satellitare.

 

Ci ha fornito gli ultimi aggiornamenti e le informazioni utili a raccontare il fenomeno atmosferico, capire come l’Ue contribuisca all’attività di ricerca e studio dello strato di ozono, come viene monitorato dal programma Copernicus e i consorzi che lo alimentano. Dopo aver subito un’espansione record a marzo del 2020, il buco sopra l’Artico – il più grande per durata e ampiezza  - si è chiuso, inaspettatamente verso la fine aprile. Ad annunciarlo, in un post su Twitter del 23 aprile, sono stati gli scienziati del Copernicus, che si avvale della raccolta e trasmissione di dati attraverso i sistemi satellitari per l’osservazione della Terra: “il buco dell'ozono dell'emisfero nord, senza precedenti nel 2020, è giunto al termine, si è chiuso”.

 

È importante specificare che la chiusura del buco non sia imputabile a ragioni legate all’impatto ambientale della pandemia del covid-19. Il fenomeno è stato piuttosto attribuito a aspetti puramente climatici, tra cui un inverno 2019-2020 che ha registrato temperature particolarmente elevate. Dipende quindi dal vortice polare, le correnti ad alta quota che portano aria fredda nelle regioni polari. Il vortice si è diviso in due, generando un’ondata di calore nella regione artica, raggiungendo temperature fino a 20°C (superiori a quelle normali che si registrano in questo periodo dell'anno). Serviranno ancora mesi o anni per comprendere tutti i fattori, le conseguenze e le dinamiche della chiusura del buco dell’ozono. Ad oggi non si può imputarlo a cause climatiche di breve, medio o lungo periodo.

 

Ecco una sintesi della nostra intervista a Sonya Gospodinova.

 

Quali sono stati i segnali che hanno reso l’inverno e i primi mesi dell’anno particolarmente insoliti rispetto agli anni scorsi?

 

Nel corso dell’ultimo anno, si sono verificati due eventi inusuali in entrambi gli emisferi.

In Antartide, il buco dell’ozono si forma ogni anno durante la primavera australe e, solitamente, si chiude a fine novembre – inizi di dicembre. Il servizio CAMS ha monitorato la rarefazione e ha rilevato alcuni elementi particolarmente anomali: la formazione del buco si è notevolmente rallentata e ha avuto dimensioni ridotte durante il mese di agosto 2019 - il più piccolo degli ultimi 35 anni, la sua chiusura anticipata è stata registrata all’inizio di novembre 2019.

 

Nell’Artico, invece il buco di ozono si forma più raramente e con dimensioni ridotte, a causa di una diversa conformazione sia del vortice polare che della presenza di terre e montagne alte. Quest’anno lo strato di ozono ha raggiunto uno spessore minimo, confrontabile con quello della primavera del 2011, probabilmente dovuto al fatto che il vortice polare artico sia stato eccezionalmente forte e con temperature molto basse per lunghi periodi. Anche in questo caso, CAMS ha continuato a monitorare l’evoluzione del fenomeno di queste settimane primaverili, per elaborare dei modelli di andamento della rarefazione.

 

 

Qual è il valore strategico del contributo di Copernicus e CAMS per il monitoraggio e tracciamento dei fenomeni atmosferici con impatti diretti sulla Terra?


La portavoce ci ha raccontato di cos si occupa e come è nato il CAMS, il servizio di monitoraggio dell'atmosfera di Copernicus. È un servizio implementato dal Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (ECMWF) che fornisce dati e informazioni costanti sulla composizione atmosferica e si trova nel Regno Unito, presso il parco scientifico di Shinfield. Descrive la situazione attuale, prevede la situazione con qualche giorno di anticipo e analizza costantemente i dati retrospettivi elaborati negli ultimi anni.

 

Il Programma Copernicus contribuisce al monitoraggio del buco dell’ozono sia in Antartico che nell’Artico con il Servizio di Monitoraggio Atmosferico (CAMS). La Commissione europea ha delegato all’European Centre for Medium Weather Forecast (ECMWF) lo sviluppo e le operazioni di due dei sei servizi del programma Copernicus: il Servizio atmosferico e il Servizio sui Cambiamenti Climatici (C3S).” – ha specificato la Gospodinova e ha continuato “ECMWF ha sede nel Regno Unito, ma sposterà presto il suo Centro di calcolo in Italia”, dato che nel 2017 gli Stati membri del Centro hanno accettato l’offerta del Governo italiano di trasferire il data center in un nuovo sito strategico, vicino a Bologna, (che era una ex-fabbrica di tabacco, riconvertita per ospitare questo importante progetto europeo).

 

Gestito e coordinato dalla DG DEFIS della Commissione europea, dall'Agenzia Spaziale Europea (ESA), insieme agli Stati membri dell'Ue e ad alcuni Paesi in cui hanno sede le agenzie Ue, Copernicus è stato istituito nel 2014 (il suo precursore è il programma GMES - “Global Monitoring Environment Systems”, avviato nel 2010).

 

Copernicus svolge un ruolo chiave nella promozione della responsabilità ambientale, in Europa e nel mondo. Di importanza strategica in questo momento storico che  Possiamo dire, in modo figurato, che prende il ‘battito’ dal polso del nostro pianeta e, tramite la formazione dei satelliti europei dispiegati in orbita, fornisce informazioni quotidiane qualitative e quantitative, coerenti e costantemente verificate dai nostri esperti, che ci parlano dello stato di salute dell’aria, dell’acqua di mari e oceani, delle coste, dei suoli e molto altro, particolarmente utili nella previsione e gestione degli interventi, ad esempio, nel caso di catastrofi naturali o situazioni di emergenza. Cito un esempio attuale: abbiamo assistito proprio quest’anno, durante la pandemia del coronavirus, all’utilità di questo programma Ue di osservazione della Terra. Copernicus ha fornito mappature e cartografie alle autorità della protezione civile in Italia, per contribuire a organizzare interventi logistici mirati. CAMS tiene traccia dell'inquinamento atmosferico, dell'energia solare, dei gas a effetto serra e delle forze climatiche a livello globale. Disporre di questo tipo di informazioni consente di adattare gli interventi, nei relativi campi di competenza, dei governi, delle imprese e dei ricercatori, attraverso politiche e azioni più mirate”.

 

Cosi si è concluso il nostro scambio con la portavoce, che ci invita a seguirla in un evento-stampa online che la vedrà moderatrice. È in agenda per il 5 giugno alle 11h00, in cooperazione con Copernicus e l’Agenzia Spaziale europea (ESA). Interverranno esperti per la presentazione degli ultimi risultati degli studi sugli effetti del coronavirusvisti dallo spazio”.

 

In questa vetrina speciale, la Commissione europea e l’ESA lanceranno ufficialmente la nuova piattaforma dashboardRapid Action Coronavirus Earth observation” (RACE), messa a punto per l’osservazione della Terra ai tempi del covid-19. Fornisce l'accesso ai principali indicatori ambientali, economici e sociali per misurare l’impatto del lockdown e monitorare la ripresa post-contenimento, durante la fase 2 e successive.

 

Ecco il link via Twitter per l’accesso alla conferenza streaming e a un’esclusiva dimostrazione ‘live’:

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