Breve ritratto della vita di un campione

Edson Arantes do Nascimento, detto Pelé: simbolo del calcio fa 80 anni

Johann Cruijff: “è stato l’unico giocatore che ha superato i confini della logica”. Burgnich: “pensavo fosse di carne e ossa come noi, mi sbagliavo”

Edson Arantes do Nascimento, detto Pelé: simbolo del calcio fa 80 anni

Era il 23 ottobre 1940 quando nacque sotto il sole di Tres Corações il più grande simbolo del pallone. Una microregione di settantamila abitanti, in cui si respirava calcio tutto il giorno.


Edson Arantes do Nascimento, meglio conosciuto come Pelé. Considerato da molti il più grande giocatore della storia, anche se un certo Diego Armando Maradona qualche anno dopo si candidò fortemente per questo titolo.


Pelé cresce, come tutti i bambini brasiliani, con il futbol nelle vene, sui campetti di terra con solo la porta, senza rete, proprio dietro la sua casa di mattoni, costruita da una giovane donna del posto ed un calciatore della squadra cittadina: i suoi genitori.

 

Gli insegnamenti verso la storia

Furono proprio i suoi genitori, Celeste Arantes e João Ramos do Nascimento, a lanciarlo sulla strada del pallone, convinti che il figlio avesse i mezzi per fare una bella carriera. A causa della grande povertà, a cinque anni dovette lavorare in un magazzino di scarpe, diventando da subito un ragazzino molto indipendente e con qualche responsabilità. Pretendere di assicurarsi un lavoro, seppur umile, a quei tempi era complesso e in molti tentavano la fortuna con il calcio.

 

Una scommessa che però in pochi riuscivano a trasformare in realtà. Ci riuscì Dondinho, il padre del ragazzo, che veniva considerato un calciatore importante, soprannominato addirittura “Dios” dalla famiglia. Lui ha sempre sostenuto che il suo erede avesse più capacità tecniche di lui e cercò di insegnargli tutta la sua conoscenza, riuscendoci abbastanza bene visti i risultati. L’importante era non perdere mai palla, pur di non avere più una gamba, tenersi la sfera attaccata al piede e giocare in maniera elegante.

 

Pelè non si fermò a questo, il suo talento era spropositato, soprattutto nel fare molti gol. Si allenava a centrare la traversa in continuazione, per ottenere una visione totale di quanto potesse controllare il suo intelletto calcistico. Alle partitelle di quartiere, dove il padre non perdeva occasione di andare a vederlo, segnava sempre tanto e si mostrava superiore a qualsiasi giocatore.

 

Il grande salto

Il grande salto avvenne quando si trasferirono a Bauru, iniziò a giocare per la squadra della città, legando particolarmente con un allenatore che, tempo dopo, lo spinse verso il successo. Qualche anno di gavetta e arrivò la grande possibilità per lui, il Santos, una delle più importanti realtà del calcio brasiliano. Si unì a quindici anni alle giovanili bianco nere, passando molto presto in prima squadra. 

 

Debuttò in un’amichevole e da lì rimase sempre titolare è abbonato ai goal, arrivando ad essere capocannoniere del campionato di San Paolo, el Paulistà, a soli sedici anni. Un record imbattibile. Il mondo scopriva il prossimo simbolo del calcio, un giocatore che avrebbe rivoluzionato ogni teoria calcistica. 

 

L’amore per il Santos

Diciassette anni dedicati alla squadra del cuore, il Santos portando a casa una miriade di premi, che ancora oggi sono considerati le più grandi vittorie del club. Venti trofei, tra campionato e competizioni internazionali. Più di 550 goal fatti con la maglia dei Peixe. Alcuni iconici, non era solo un cecchino infattibile, ma un attaccante dalle diverse caratteristiche. Danzava tra gli avversari, tirava tutti i calci piazzati e tendeva a muoversi sempre sulla trequarti. Costruisce, s’inserisce e segna. Il timone indispensabile di una squadra che dipendeva da lui. 

 

Ricordiamo alcune sue partite clamorose, come gli otto gol rifilati al Botafogo nel 1964, stabilendo un record ancora oggi imbattuto. Nel ’59 realizzò il goal, che secondo lui, fu il più bello della sua carriera, contro l’Atletico de Juventus, con un azione in solitaria saltando tutti gli avversari, incluso il portiere, palleggiando sulla coscia. Un goal stratosferico. Quasi impensabile oggi. Forse è anche questo che ha sempre voluto mostrare: la magia del calcio.

 

Lo spettacolo va sopra a tutto, anche alle tattiche. Il coraggio di essere unici, alieni in uno sport. Siglò la sua rete numero 1000 allo stadio Maracana, il più grande simbolo del calcio brasiliano, su calcio di rigore. Gli furono dedicate diverse targhe di vie e quartieri per la sua storia gloriosa.

 

Finale di carriera

Finale di carriera, dal 75’ al ’77 negli USA, al New York Cosmos, dopo aver rifiutato durante la sua carriera squadre del calibro del Real Madrid e del Manchester United. Un anno sembrò essere molto vicino all’Inter, tornando poi all’ultimo sui suoi passi. Una scelta, quella americana, non compresa da tutti i brasiliani, ma che fu rispettata per quello che aveva fatto nel Santos.

 

In America segnerà 67 goal in 70 presenze, confermandosi il marcatore più prolifico della storia. Riuscì a giocare con Chinaglia e Beckenbauer, in un team di leggende. Vinse ancora un campionato prima di ritirarsi il 1 ottobre del 1977, in un’amichevole che venne trasmessa in tutto il mondo, tra Santos e N.Y.Cosmos, lasciando per sempre il mondo che aveva costruito. D’altronde aveva detto: «Il calcio bisogna lasciarlo in tempo, prima che sia lui a lasciare te». Il calcio era e sarà sempre Pelé.

 

Dopo essersi ritirato non ha voluto diventare allenatore come molti si sarebbero aspettati, ma ha preferito occuparsi di cariche politiche nel calcio e non. Negli anni ha continuato ad essere ricordato e riconosciuto con diversi premi. Un’icona immortale.

 

Pelé e la Nazionale

Con la maglia del Brasile si è esaltato al massimo delle sue capacità, nei tre mondiali vinti, unico giocatore della storia a riuscirci, facendosi conoscere anche dal resto del globo.

 

Il calcio brasiliano non era il più seguito in quegli anni, ed essendoci meno possibilità di mondovisione, fece le sue prime fortune internazionali con la casacca verde e oro. Noi italiani in particolare ricorderemo con dispiacere il mondiale dei ’70 in Messico, dove perdemmo in finale con il Brasile di O’Rey, che stradominò nel torneo.

 

Le altre due glorie arrivarono nei mondiali in Cile, nel ’62 ai danni della la Cecoslovacchia e in Svezia contro i padroni di casa nel ’58.

 

La vita privata di Pelè:

Si è sposato tre volte, l’ultimo matrimonio a 75 anni, con l’attuale moglie nel 2016.

 

Ha 5 figli di cui solo uno fa il calciatore, ma al contrario del padre ha deciso di pararli i rigori. È stato ambasciatore Fifa per qualche anno, rimanendo sempre una persona silenziosa, che preferiva agire piuttosto che parlare. Una divinità calcistica, un esempio per tanti brasiliani e non solo. 

 

Hanno detto di lui:

"Pelè è stato l'unico giocatore che ha superato i confini della logica”, Johan Cruijff. "Il più grande giocatore della storia è stato Alfredo Di Stefano. Ma mi rifiuto di classificare Pelè come un calciatore. Lui era qualcos’altro”, Ferenc Puskàs.

 

"C'è il Pelè uomo e il Pelè calciatore. Vedere giocare il Pelè calciatore è come vedere giocare Dio”, Michel Platini.

 

"A volte sento come se il calcio sia stato inventato da questo magico calciatore", Sir Bobby Charlton.

 

"Pele è stato il più completo giocatore di calcio che abbia mai visto. Due ottimi piedi. Incredibile nel gioco aereo. Veloce. Potente. Avrebbe potuto battere tutti con le sue abilità, avrebbe potuto correre più veloce di tutti. Sebbene non fosse molto alto, sembrava un gigante quando era in campo. Perfettamente bilanciato e con una visione di gioco irraggiungibile. Fu il più grande perché poteva fare qualsiasi cosa. Ricorda l’allenatore del Brasile, Saldhana.

 

Un giornalista brasiliano gli chiese chi fosse il miglior portiere della sua squadra. Rispose: Pelè. Lui poteva giocare in qualsiasi posizione", Bobby Moore.

 

"Pelé faceva di tutto, non aveva imperfezioni”, Marcello Lippi.

 

"Prima della finale del ‘70, mi sono detto: «Forza, Pelè è fatto di carne e ossa, come il resto di tutti noi». Più tardi ho capito che mi sbagliavo”, Tarcisio Burgnich.

 

"Quando vidi Pelè giocare mi venne voglia di appendere le scarpette al chiodo”, Just Fontaine

 

Tanti auguri da The Italian Times, Pelè.

 

Scheda descrittiva:

Nome: Edson Arantes do Nascimento;

 

Soprannome: Pelé;

 

Età: 80 anni;

 

Moglie: Marcia Aoki (dal 2016);

 

Figli: Edson Cholbi Nascimento, Sandra Regina Machado, Joshua Nascimento, Flavia Christina de Carvalho, Christina Kurtz de Carvalho,  Kelly Cristina Nascimento e Jennifer Nascimento.

 

Trofei: 3 mondiali con il Brasile (58’, 62’ e 70’)

  • 7 coppe ai tornei Sud Americani

  • 10 campionati Paulista

  • 6 coppe nazionali

  • 2 trofei internazionali

Patrimonio: 185 milioni di dollari. 

 

Film: Pelé, storia di un campione (2016).

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