I rimborsi post Dpcm

Abbonamenti palestre e piscine: cosa succede con il nuovo Dpcm

Per effetto del Dpcm 25 ottobre centri sportivi, palestre, piscine, teatri e cinema rimarranno chiusi fino al 24/11. Come funzionano i rimborsi? La guida

Abbonamenti palestre e piscine: cosa succede con il nuovo Dpcm

Il Dpcm 25 ottobre ha decretato la chiusura di palestre, piscine e centri sportivi, ma anche di teatri e cinema dal 26 ottobre al 24 novembre. Una situazione analoga a quella che si è verificata durante il lockdown nei mesi primaverili.

Cosa succede quindi con gli abbonamenti già pagati? È possibile ottenere un rimborso?

 

Ecco come comportarsi.

 

Abbonamenti palestre, biglietti eventi: i rimborsi secondo il Dl Rilancio

Durante il precedente lockdown il Governo aveva riconosciuto, tramite il decreto Rilancio, la possibilità per gli utenti iscritti ai corsi di palestre e centri sportivi di richiedere, entro 30 giorni della legge di conversione del decreto (quindi il 19 agosto 2020), un rimborso del corrispettivo già versato per i periodi di sospensione dell'attività sportiva, allegando il relativo titolo di acquisto o la prova del versamento effettuato.


I gestori di palestre, piscine e impianti sportivi, entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, in alternativa al rimborso del corrispettivo, potevano rilasciare un voucher di pari valore utilizzabile presso la stessa struttura fino a un anno dalla cessazione delle misure di sospensione dell'attività sportiva.


Per i biglietti di concerti, cinema ed eventi sportivi, il decreto Rilancio aveva inserito la stessa modalità per il rimborso, ossia entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione o dall’ impossibilità della prestazione per eventi fino al 30 settembre 2020.

 

Il venditore, nei successivi 30 giorni dalla presentazione della richiesta, era tenuto all'emissione di un voucher di pari importo al titolo di acquisto, da utilizzare entro 18 mesi dall'emissione. Era inoltre previsto anche che, in caso di proroghe delle limitazioni, il rimborso potesse essere chiesto nei 30 giorni dall’entrata in vigore dei provvedimenti successivamente adottati.


La legge di conversione del decreto Rilancio aveva successivamente previsto, dopo le proteste degli stessi artisti (come, ad esempio, Paul McCartney, i cui concerti pianificati in Italia non sarebbero stati recuperati) che l’organizzatore di concerti provvedesse al rimborso dei titoli di acquisto alla scadenza del periodo di validità del voucher nel momento in cui l’evento fosse stato annullato, senza rinvio ad altra data compresa nel periodo di validità.

 

Se invece il concerto fosse stato definitivamente cancellato, l’organizzatore avrebbe dovuto restituire subito la somma pagata.


Le norme del decreto Rilancio però ora non sono applicabili, perché sono scaduti i termini. Allora come procedere?

 

Rimborsi abbonamenti palestre e piscine con il nuovo Dpcm

A questo punto ci si aspetta che il Governo dia delle indicazioni precise per ciò che riguarda questa problematica legata al Dpcm 25 ottobre.

 

Il Codacons, tramite un comunicato, ha sottolineato la necessità che, in questa occasione, ci siano dei rimborsi in denaro per i cittadini.


«Ancora una volta si ripropone il problema dei rimborsi spettanti a chi ha pagato servizi come palestre e piscine di cui ora non potrà usufruire a causa delle chiusure decise dall’esecutivo» spiega il presidente Carlo Rienzi. «Con i decreti relativi al precedente lockdown il governo ha pensato bene di calpestare i diritti di milioni di consumatori riconoscendo loro solo il voucher, scatenando problemi e contenziosi a non finire tra cittadini e società che gestiscono i centri sportivi.»


«Stavolta il Governo dovrà prevedere espressamente rimborsi in denaro per abbonamenti a palestre e piscine, proporzionali al periodo di chiusura degli impianti – prosegue Rienzi – in caso contrario scatterà una denuncia del Codacons in Procura contro il Governo e contro il Premier Conte per il reato di truffa.»


Stessa posizione del Movimento Consumatori, che «chiede al Governo di erogare somme ai gestori del settore, tra cui associazioni sportive e culturali, specificamente destinate ai rimborsi dei consumatori così da offrire un supporto agli operatori, già in ginocchio per il perdurare dell’emergenza epidemiologica.»


L’associazione chiede inoltre al Governo di «recepire l’invito dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato già espresso nel luglio scorso a consentire- per i contratti di acquisto di titoli di accesso per spettacoli di qualsiasi natura (inclusi quelli cinematografici e teatrali), biglietti di ingresso ai musei ed altri luoghi della cultura, titoli di viaggio e abbonamenti ferroviari o di trasporto pubblico locali e, infine, abbonamenti per l’accesso a palestre, piscine e impianti sportivi, in linea con la normativa europea - la scelta tra il rimborso monetario ed altre 'equivalenti modalità di compensazione'. »


Contenziosi sui rimborsi sono infatti nati nei mesi scorsi, come segnalato anche dall’Unione Nazionale Consumatori, con un dossier consegnato all’Antitrust a giugno.

 

Alcune palestre, contrariamente a quantto disposto dal decreto, avevano congelato gli abbonamenti, facendoli ripartire alla riapertura senza un esplicito consenso degli iscritti, che invece avevano il diritto di ricevere un voucher da attivare durante l’anno.

 

Altre invece avevano legato il diritto di ricevere il voucher o il rimborso all’attivazione di un nuovo abbonamento; oppure avevano modificato i servizi originariamente previsti non lasciando la possibilità di recedere dal contratto.


In mancanza di leggi precise d’emergenza, ci si può rifare all’articolo 1463 del codice Civile: nel caso in cui ci sia l'impossibilità di usufruire di quanto pagato, si ha il diritto a ottenere il rimborso.

 

Se la controparte dovesse rifiutarsi di rimborsare, nonostante richiesta formale, è necessario procedere per vie legali, rivolgendosi al giudice di pace. Anche se l'esito non è certo, dato che non ci sono precedenti legati a una pandemia.

 

Nell'eventualità di pagamenti effettuati tramite una finanziaria, si può chiedere la risoluzione del contratto di credito al consumo, ai sensi dell’art.125 quinques del Testo Unico Bancario, con il rimborso delle rate pagate per i servizi non utilizzati.

 

Anche in questo caso, se la risposta dovesse essere negativa o non arrivare affatto, ci si potrà rivolgere all’Arbitro Bancario Finanziario.

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