Trump vs Biden

Usa 2020, indagato Hunter Biden, figlio nuovo presidente Stati Uniti

Hunter Biden è indagato per problemi fiscali. Era già finito al centro delle polemiche in campagna elettorale per presunti legami con Cina e Ucraina

Usa 2020, indagato Hunter Biden, figlio nuovo presidente Stati Uniti

Più dei rapporti economici e professionali con aziende cinesi e ucraine ha potuto il Fisco americano. Hunter Biden, figlio del presidente eletto Joe, è indagato per presunte irregolarità nel versamento delle tasse. A confermarlo è stato lo stesso Biden jr, che in una nota ha fatto sapere: “Ho appreso ieri per la prima volta che l’ufficio del Procuratore generale del Delaware ha avvisato il mio consigliere legale, sempre ieri, che stavano indagando sui miei affari fiscali” ha dichiarato l’uomo d’affari, aggiungendo di prendere la questione molto seriamente, ma di essere fiducioso sul proprio operato e su quello di revisori legali professionisti. La notizia è arrivata proprio mentre Donald Trump non cede e non riconosce ancora la vittoria del presidente eletto, Joe Biden, attaccato duramente in campagna elettorale proprio per gli affari del figlio. 

 

Perché è indagato Hunter Biden

Al centro delle indagini ci sono 112.805 dollari di tasse che il 50enne Robert Hunter Biden non avrebbe pagato all’Irs, il Fisco americano. Ad essere coinvolta è anche la ex moglie. A sollecitare l’apertura di un fascicolo è stato invece un deputato repubblicano, Ken Buck, che ha chiesto in modo esplicito al ministro della Giustizia, William Barr, che fosse chiarita la posizione di Hunter Biden. Non solo. Buck ha invocato l’interessamento di uno speciale procuratore, spiegando: “Sarebbe grandemente inappropriato se fosse il Procuratore generale di suo padre ad essere coinvolto in questa questione”. Il caso è scoppiato a meno di una settimana dalla nomina del ministro della Giustizia da parte dello stesso Joe Biden. Ma perché Trump aveva attaccato il figlio del suo avversario in campagna elettorale?   

 

Il “caso Hunter” e i presunti affari con la Cina

“I Biden sono una famiglia del crimine organizzato”: non ha usato mezzi termini o velati riferimenti Donald Trump nell’attaccare frontalmente il suo avversario. Lo ha accusato di aver “passato il potere ai marxisti” invocando l’arresto per lui e la famiglia. Per farlo ha rievocato l’ombra di presunti affari con la Cina e l’Ucraina. Tutto è nato dalla pubblicazione, da parte del New York Post, di alcune email sul laptop di Hunter Biden, secondo genito di Joe, che dimostrerebbero i tentativi di siglare intese con la più grande società energetica cinese privata (la Cefc) all’epoca della vicepresidenza di Biden senior. Uno degli accordi avrebbe anche portato particolari benefit alla famiglia del candidato dem, come accusa Trump, che non ha esitato a dichiarare che, in caso di vittoria dell’avversario, “la Cina si comprerà il nostro paese”. Come se non bastasse, l’inquilino della Casa Bianca ha tirato fuori il “caso Ucraina”. 

 

Il “fascicolo Ucraina”

Il “caso Ucraina” ha stretti collegamenti con quello cinese. Hunter Biden, infatti, è stato consigliere di amministrazione della Burisma Holding, il colosso energetico non governativo ucraino, specializzato nella produzione di gas. Il figlio dell’allora vicepresidente Usa venne scelto nonostante non parlasse la lingua e incassò uno stipendio di 50mila dollari al mese. L’incarico gli venne conferito solo pochi mesi prima che il padre fu chiamato da Obama a gestire il “fascicolo Ucraina”, ossia la mediazione dopo la Rivolta arancione che costrinse all’esilio volontario in Crimea il presidente Yanukovich. A far discutere sono le accuse di Trump, secondo cui Biden senior avrebbe esercitato pressioni sul governo di Kiev nel 2014, proprio poco dopo l’ingresso del figlio Hunter nel board. L’obiettivo sarebbe stato indurre l’Ucraina a ridurre “la dipendenza dalla Russia per le forniture di gas naturale”. 

 

Lo spettro di un possibile conflitto di interessi si era affacciato nel 2016 quando Joe Biden aveva minacciato Kiev di bloccare 1 miliardo di dollari di aiuti se non fosse stato licenziato il procuratore Viktor Shokin, accusato di aver seguito una linea troppo morbida nel contrasto alla corruzione degli apparati statali. Il giudice fu poi rimosso e i fondi furono sbloccati, ma Trump ha rievocato quell’episodio spiegando che Shokin stava anche indagando sulla Burisma Holding, del cui CdA aveva fatto parte anche Hunter Biden, lasciando intendere che le pressioni sarebbero state dettate da interessi personali, per “salvare” il figlio.

 

Un boomerang per Trump? 

figlio di Biden, come chiarito dall’ex procuratore generale Lutsenko al Washington Post. L’ipotesi di reato di corruzione per presunte per ottenere le licenze di sfruttamento del gas, infatti, riguardava solo il fondatore della compagnia, Mykola Zlochevsky, vicino a Yanukovich, e risaliva al periodo 2010-2012, quando hunter Biden non era ancora nel board della compagnia. 

 

Tutta la vicenda, però, ha rischiato di rischiato di ritorcersi contro Trump già a settembre del 2019, quando il suo presunto tentativo di pressione sul governo di Kiev per indagare sugli interessi della famiglia Biden (in cambio di aiuti al paese ex sovietico) ha aperto la strada all’impeachment nei suoi confronti, poi chiusosi con un’assoluzione a febbraio del 2020. Il 45esimo presidente era stato accusato di abuso di potere e ostruzione ai lavori del Congresso per una sua telefonata al presidente ucraino Zelensky, per chiedere che fosse aperta un’indagine su Joe Biden. 

 

Perché se ne parla oggi? 

Ora gli affari di Hunter Biden nella ex repubblica sovietica tornano in primo piano a causa delle email trovato sul suo computer. A fornire copia dell’hard disk con corrispondenza e foto al New York Post sarebbe stato Rudolph Giuliani, ex sindaco della Grande Mela e avvocato di Trump. Il contenuto dimostrerebbe che Biden Jr avrebbe presentato il padre a un alto funzionario della Burisma Holding. In ogni caso i contatti del secondogenito del candidato dem con imprese in Ucraina e Cina hanno risollevato dubbi, gli stessi che avevano impensierito anche l’ex presidente Obama, che in un’intervista al New Yorker aveva definito “preoccupante” il fatto che il suo vice, Joe Biden, avesse portato il figlio con sé in un viaggio in Cina per incontri d’affari. 

 

La “censura” di Twitter sul dossier

Ora Trump torna all’attacco e insiste che le email di Hunter Biden sono prove, la cosiddetta “pistola fumante” che testimonierebbe l’inaffidabilità del suo avversario a causa degli interessi della sua famiglia con Cina e Ucraina e dei legami poco chiari. Da qui il nuovo affondo: “Joe Biden non può assolutamente assumere l’incarico di presidente” ha twittato Trump che considera il materiale pubblicato dal NYP “un dato di fatto che non può essere negato”. Ma proprio il social più utilizzato da Trump non solo lo ha censurato, dopo che il tycoon aveva dato del “bugiardo” a Biden, ma ha bloccato la pubblicazione di un post del NYP proprio sulle email di Hunter Biden, facendo lo stesso con l’account della portavoce della Casa Bianca, Kayleight McEnany, che aveva a sua volta pubblicato l’articolo. Stessa politica per Facebook, che ha dichiarato di condurre una campagna contro le notizie non verificate, scatenando però l’ira di Trump: “Terribile che abbiano smontato la storia che è una “pistola fumante” contro Joe Biden e suo figlio Hunter. 

 

Chi è Biden Junior

Avvocato, secondo figlio dell’ex vicepresidente statunitense e della prima moglie Neilia, il 50enne Robert Hunter Biden è definito anche imprenditore e lobbista. Dopo gli studi a Yale, alla Georgetown University e alla Archmere Academy, è ora socio di Rosemont Seneca Partners, una società di consulenza internazionale. Al centro delle polemiche, però, ci sono le sue attività del passato, nel Consiglio di Amministrazione della BHR Partners, un fondo di investimento privato cinese di cui è stato co-fondatore (fino al 2019) e per la Burisma Holding.

COPYRIGHT THEITALIANTIMES.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA