L’apertura della crisi

Finisce il Conte bis. Domani il premier al Quirinale per le dimissioni

I dubbi di Palazzo Chigi e il pressing dei partiti. Fi e Udc si sfilano. Pd: “Conte punto di equilibrio”. M5S: “Noi colonna portante della legislatura”

Finisce il Conte bis. Domani il premier al Quirinale per le dimissioni

Disinnescare la mina della bocciatura al Senato della relazione del Guardasigilli, Alfonso Bonafede, con le dimissioni nelle mani del Capo dello Stato. Giuseppe Conte dopo una ridda di voci che davano per tutto il pomeriggio come imminente la sua salita al Colle non rinvia nessuno degli appuntamenti in agenda. Nel giorno degli incontri sul Recovery Plan con le parti sociali, compresa Confindustria, il premier segue la scaletta di appuntamenti già fissati. Ma la concitazione nella maggioranza e a Palazzo Chigi c’è lo stesso ed il Conte bis dovrebbe avere ormai le ore contate. La formalizzazione della crisi di governo con il mandato rimesso nelle mani del presidente della Repubblica con ogni probabilità arriverà domani. Un passaggio delicato e non privo di incognite per Conte. L’unico però che potrebbe salvarlo e assicurargli un reincarico per un terzo esecutivo. Ipotesi che si allontanerebbe nel caso in cui il governo andasse sotto in Parlamento.

 

La partita della giustizia, notoriamente uno degli argomenti più spinosi e sempre molto divisivi per la maggioranza, si intreccia indissolubilmente con la sopravvivenza politica del governo in carica. In questi giorni non solo non si sono palesati i ‘responsabili’ della quarta gamba ma oggi si sono pure chiuse diverse porte che sembravano potersi aprire per l’avvocato pugliese. E’ per prima Forza Italia a smentire qualunque appoggio all’esecutivo. “Nessuna trattativa è in corso, né ovviamente da parte mia, né di alcuno dei miei collaboratori, né di deputati o senatori di Forza Italia”, dichiara in una nota Silvio Berlusconi. Per il cavaliere “La strada maestra è una sola: rimettere alla saggezza politica e all'autorevolezza istituzionale del Capo dello Stato di indicare la soluzione della crisi, attraverso un nuovo governo che rappresenti l'unità sostanziale del paese in un momento di emergenza oppure restituire la parola agli italiani”. Poco dopo è la volta dei centristi dell’Udc: “I tre senatori dello Scudo crociato dicono no alla fiducia del Governo e voteranno, in maniera compatta, no alla relazione del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. L'Udc rimane fuori dai giochi dei ‘responsabili’”. Insomma, è confermato che i voti in Parlamento sul documento di Bonafede non ci sono, nemmeno da parte di alcuni senatori che pure martedì hanno approvato la risoluzione sulla fiducia al governo. E quello sulla giustizia è un “voto sul governo”. Luigi di Maio su questo è stato lapidario.

 

Ma il timore di Conte è che la crisi possa sfuggire di mano e che una volta rassegnate le dimissioni nemmeno i partiti che lo sostengono potranno assicurare che sia ‘pilotata’. Sul passaggio al Quirinale una parte del Pd, soprattutto quella che fa capo a Dario Franceschini e a Lorenzo Guerini, non ha dubbi: il premier deve passare per dimissioni-lampo. Solo a quel punto si potrà verificare la possibilità di una maggioranza più ampia. In ogni caso per i dem il “punto di equilibrio più avanzato” resta Conte. La pensa così Nicola Zingaretti e anche Vito Crimi, il capo politico dei cinquestelle. Che però avverte gli alleati: “Il M5S è convintamente al fianco del presidente Conte in questo momento estremamente difficile per il Paese. Siamo la colonna portante di questa legislatura: come sempre ci assumeremo le nostre responsabilità, avendo come riferimento il bene dei cittadini, e ci faremo garanti dei passaggi delicati che attendono la nostra Repubblica”. Della serie: ogni passaggio dovrà tenere conto della forza parlamentare dei grillini che non ci stanno a lasciare decidere altri. Tanto meno a pagare il prezzo più alto della crisi ormai prossima. 

 

Con le dimissioni ormai prossime di Conte l’incertezza sugli sbocchi successivi anima tutte le forze politiche. Anche i corridoi del Nazareno. La convinzione è che per un terzo esecutivo guidato da Conte serva una maggioranza con dignità politica e forza numerica. E al momento la ‘maggioranza Ursula’, quella che a Bruxelles portò a votare i partiti giallorossi con Fi, Azione e + Europa la presidente Von Der layen, è improbabile. Resta poi il nodo dei rapporti con i renziani. I dem dell’area ex Ds non vogliono ricucire e non si fidano dell’ex sindaco di Firenze. Ma il socialista Nencini insiste: “Si allarghi la maggioranza, senza porre veti e senza escludere nessuno della vecchia coalizione”.

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