Il caso

Fondazione Open, il Senato dice sì al conflitto di attribuzione

L’ex premier Renzi parla in Aula e attacca i magistrati. Pd, Forza Italia, Lega e FdI votano a favore della relazione della Giunta. Contrari M5S e Leu

Fondazione Open, il Senato dice sì al conflitto di attribuzione

L’alleanza giallorossa si è divisa in Senato sul conflitto di attribuzione contro i pm della Procura di Firenze che indagano sulla Fondazione Open. L’inchiesta coinvolge il fondatore di Italia Viva ed ex premier, Matteo Renzi, per il quale è stato chiesto il rinvio a giudizio per finanziamento illecito. Il Pd ha votato a favore insieme a Lega, Forza Italia e FdI, mentre il Movimento Cinque Stelle e Leu hanno espresso voto contrario. Nella relazione illustrata dalla relatrice, Fiammetta Modena, viene asserito che i messaggi scambiati su whatsapp nel 2018, quando Renzi era senatore, vanno considerati come corrispondenza. Dunque, per visionarli ed utilizzarli ai fini dell’indagine i magistrati avrebbero dovuto chiedere la preventiva autorizzazione. Alla fine, con 167 voti favorevoli, 76 contrari e nessun astenuto, il Senato si è espresso a favore della posizione della Giunta per le immunità.

 

Renzi, come preannunciato, è intervenuto in Aula durante il dibattito. Duro l’attacco ai magistrati: “La domanda è se l’articolo 68 della Costituzione (il terzo comma prevede la richiesta di autorizzazione per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza, NdR) è ancora in vigore o no. O quanto meno se vale per i pm fiorentini. Le carte sono state acquisite illegittimamente e lo dice la Corte di Cassazione con cinque sentenze che hanno annullato i provvedimenti richiesti dalla Procura di Firenze”. E ancora: “Non mi sottrarrò al processo ma non è impensabile che notizie prive di rilevanza penale vengano pubblicate in prima pagina”.

 

Con il senatore di Rignano, come dicevano, si è schierato il Partito Democratico. Per Stefano Ceccanti il testo della relatrice è risultato “convincente” e l’analisi andava fatta “prescindendo dal nome di Renzi e dal concreto caso giudiziario, come se fosse stato un parlamentare ignoto. L’iniziativa del potere giudiziario” in questo caso ha “spostato palesemente i confini dei rapporti tra poteri violando l’articolo 68 della Carta”. Non sono stati dello stesso avviso i pentastellati. Per loro ha parlato Giuseppe Conte: il voto sul caso Open “non è contro Renzi o a favore di Renzi, ma a favore dei principi e dei valori del M5S, che da sempre ritiene che i politici debbano difendersi nei processi e non dai processi. Dal punto di vista tecnico non ci sono gli estremi per sollevare un conflitto di attribuzione”.

 

Anche l’ex presidente del Senato ed esponente di Liberi e Uguali, Pietro Grasso, ha votato contro. “Mi sforzo di credere che il senatore Renzi abbia affrontato questa battaglia non per difendere se stesso dal processo, ma le prerogative del Senato e di tutti i parlamentari”, ha detto. “Ma ritengo che non ci siano i presupposti per sollevare il conflitto”. Piuttosto “è urgente intervenire integrando la disciplina della legge 140 del 2003 a tutela di tutti i componenti del Parlamento”.

 

Dalla parte del leader di Italia Viva anche la Lega e Fratelli d’Italia. “Non sono contro o pro Renzi, non conosco le carte del suo processo ma considero indegna la pubblicazione degli estratti conto di un cittadino italiano o la lettera di un padre a un figlio. Da Renzi mi separa se non tutto tantissimo. Tuttavia non lo combatterò mai a colpi di magistratura”, ha fatto sapere Matteo Salvini. Mentre il partito della Meloni ha motivato così il voto a favore: “La procura di Firenze è andata avanti pur consapevole di violare la Costituzione. La dignità del Senato e delle istituzioni ci impone il dovere di intervenire, le regole vanno rispettate anche e soprattutto dalla magistratura”.

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