I tempi stringono

Ritorna lo spettro del Mes: nuovo stress test per la maggioranza

Italia in ritardo, la ratifica della riforma attesa a fine 2021. M5S e Lega restano sul fronte del no. Da Lussemburgo all’Eurogruppo il pressing su Roma

Ritorna lo spettro del Mes: nuovo stress test per la maggioranza

La ratifica della riforma del Mes - il Meccanismo di Stabilità, detto anche Fondo Salva Stati - da due anni è una storia di inciampi, passi indietro e spaccature tutte interne alla politica nazionale. Una spina nel fianco per le diverse maggioranze che si sono succedute in questa legislatura: la gialloverde del Conte I, la giallorossa del Conte II, infine quella di unità nazionale che sostiene l’esecutivo Draghi.

 

L’argomento è molto insidioso. L’ex premier, Giuseppe Conte, ad un certo punto per tenere in piedi il governo decise che il Mes non serviva. Convincimento che ha manifestato anche ieri, consapevole della partita ideologica che si gioca nel M5S sull’accordo internazionale istitutivo del Fondo per la stabilità finanziaria nella zona euro e che rischia di minarne ulteriormente l’unità. “Quando ero presidente del Consiglio ho risposto decine di volte sul Mes”, dichiara. “Abbiamo dimostrato che quando si governa con equilibrio e ragionevolezza le urgenze non sono tali e invece di 30 miliardi abbiamo portato a casa 209 miliardi senza ricorrere al Mes. Comunque se ne discuterà in Parlamento”. Parole dettate dalla necessità di tenere buoni i duri e puri dei 5S. Ma il Mes è una cosa, i fondi ottenuti nell’ambito del Next Generation Eu sono un’altra. Si tratta di due ambiti completamente diversi.

 

La riforma del Salva-Stati prevede la creazione di misure paracadute in caso di crisi bancarie e una rimodulazione delle linee di credito precauzionali. E avrebbe dovuto essere ratificata dai Parlamenti entro la fine del 2021. Il Mes, precisiamolo, è stato istituito mediante un trattato intergovernativo nel 2012 al di fuori del quadro giuridico dell’Ue e ha lo scopo di assistere finanziariamente i Paesi sottoscrittori sotto precise condizioni. Che nel tempo sono state fortemente criticate perché ritenute troppo stringenti, come quelle imposte alla Grecia nel 2008. Altra faccenda sono i fondi che arriveranno dal Recovery Fund per finanziare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: 209 miliardi che l’Unione Europa trasferirà all’Italia in sei anni a patto che Roma metta in campo precise riforme. Complessivamente i fondi europei ammontano a 750 miliardi, verranno destinati ai Paesi più in difficoltà dopo la crisi pandemica e finanziati prevalentemente con gli eurobond, le obbligazioni europee che per la prima volta si sono affacciate un anno fa sui mercati.

 

Ma nella maggioranza del governo Draghi c’è anche la Lega che è pronta a dare battaglia. Il premier e il ministro dell’Economia, Daniele Franco, non prendono sotto gamba lo strappo che potrebbe consumarsi da parte del Carroccio. Nelle ultime settimane qualche avvisaglia si è già vista in materia di Green Pass. Ora, come Palazzo Chigi affronterà il tema è tutto da vedere. Quello che è certo è che i tempi stringono. Anche la Germania è in ritardo, ma a Berlino la questione è finita davanti alla Corte costituzionale e si è in attesa di una decisione.

 

In Italia, invece, il problema è tutto politico. Per venerdì prossimo è probabile che arriverà a Roma richiesta formale di procedere alla ratifica. L’atto non partirà però da Lussemburgo dove hanno sede gli organismi del Mes ma dall’Eurogruppo che riunisce i ministri della zona euro e il cui compito principale è garantire uno stretto coordinamento delle politiche economiche. Adesso lo spettro del Mes rischia davvero di minare ulteriormente la tenuta della maggioranza. E stavolta per gli equilibrismi tattici nei confronti degli altri Stati aderenti si è fuori tempo massimo.

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