Sono 47.153 i cittadini ucraini arrivati in Italia, di cui 24.032 donne, 4.052 uomini e 19.069 minori. Questa mattina a Palazzo Chigi si è svolta una riunione con il sottosegretario Roberto Garofoli, i ministri dell’Interno Luciana Lamorgese, dell’Economia Daniele Franco, del Lavoro e Politiche Sociali Andrea Orlando, insieme al capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio, sulle misure per l’accoglienza dei profughi già arrivati e di coloro che arriveranno nelle prossime settimane. L'assistenza sarà garantita attraverso la rete dei Centri di accoglienza straordinaria (Cas) e del Sai, il Sistema di accoglienza e integrazione. Sono i canali gestiti direttamente dal Viminale, mentre gli arrivi presso famiglie e in appartamenti saranno gestiti da enti del Terzo Settore. Esclusa dal governo l’ipotesi, circolata in un primo momento, della nomina di un commissario per gestire appositamente l’accoglienza degli ucraini in fuga dalla guerra. Dunque, il governo si attiene alle disposizioni contenute nella delibera del presidente del Consiglio dello scorso 28 febbraio. Che in relazione all'esigenza di assicurare soccorso ed assistenza alla popolazione ucraina sul territorio nazionale conferisce già al capo del dipartimento della Protezione civile il potere di emanare ordinanze in deroga a norme vigenti, finalizzate all’“organizzazione e all’attuazione degli interventi urgenti di soccorso e assistenza”.
Ma quella che si sta consumando a causa dell’aggressione da parte dell’esercito russo è un’emergenza umanitaria di proporzioni enormi. Secondo quanto riferisce il ministro degli Esteri italiano, Luigi di Maio, saranno “cinque milioni i cittadini ucraini che lasceranno il loro Paese e che arriveranno in Ue”. E ciascuno dovrà fare la sua parte. La maggior parte di chi fugge dall’assedio sta raggiungendo gli Stati confinanti. In particolare la Polonia, dove ci sono già due milioni di persone riuscite a lasciare il Paese.
Intanto non si ferma l’offensiva russa. Dal Mar Nero le navi stanno attaccando la costa vicino ad Odessa. E sempre dal mare, ma d’Azov, sta partendo un violento attacco ancora verso Mariupol, la città martoriata da giorni e giorni di bombardamenti. Una carneficina che Mosca si ostina a non fermare. Da qualche giorno anche Kiev, la capitale, viene colpita e non vengono risparmiati gli edifici residenziali.
I negoziati tra Mosca e Kiev vanno avanti ma gli spiragli circa la possibilità che si arrivi a una soluzione sono sempre pochi e anche flebili. Al centro dei colloqui che riprendono in giornata ci sarebbe la possibilità di una neutralità dell’Ucraina. Quella a cui pensa il Cremlino è probabilmente una neutralità che privi il Paese di una sua difesa e di un suo esercito. Il governo di Kiev e la popolazione che sta combattendo e resistendo chiedono garanzie e non si fidano dei russi.
Nella memoria è impresso quanto accaduto con il noto Memorandum di Budapest del 1994, a seguito del quale l’Ucraina ha smantellato le proprie testate nucleari in cambio della difesa dell’integrità territoriale. Quell’accordo è stato tradito da Mosca e ora il governo di Zelensky non fa affidamento sulla parola degli emissari di Putin. Il numero uno della Farnesina, il ministro Di Maio, assicura che “l’azione diplomatica non si ferma”. A livello internazionale si cerca di tenere aperti quanti più canali possibili. “Un rappresentante del governo turco è a Mosca” e il capo dell’Eliseo, Emmanuel Macron “è impegnato a nome di tutti i Paesi europei”. Ma finora nessuno sbocco.