In autunno la resa dei conti con Del Vecchio

Mediobanca vince la battaglia delle Generali e si rafforza in casa

Cuccia sarà contento di come gli ex Nagel e Pagliaro, ex “ragazzi” di Maranghi, hanno difeso la compagnia. I fondi esteri hanno preferito l’“usato sicuro”

Mediobanca vince la battaglia delle Generali e si rafforza in casa

Il 55,9 per cento e 10 consiglieri alla lista Mediobanca, il 41,7 e tre consiglieri a quella di Caltagirone: la prima è soddisfatta perchè 9,8 punti di distacco la mettono al riparo dalle liti giudiziarie, la seconda perchè ha raccolto l’adesione di quasi tutti i soci stabili italiani ed è perciò anche andata meglio del previsto (anche se rispetto al precedente consiglio l’imprenditore romano ha perso un consigliere e non è più vicepresidente). Ora tutti prevedono che il confronto-scontro si sposta all’assemblea di Mediobanca in ottobre, dove è decisiva la Bce per autorizzare Del Vecchio a salire ancora nell’azionariato e dove Caltagirone ha il 10 per cento. Molti, soprattutto a Torino, invocano già un accordo tra i due fronti che si sono contesi il Leone di Trieste perchè, magari, scatenare un nuovo fronte  tra Milano e Roma non sarebbe proprio il massimo.

Enrico Cuccia, fondatore e capo di Mediobanca per circa metà del secolo scorso soleva dire che era caduto anche l’impero romano, quindi anche Mediobanca poteva essere conquistata, ma che Generali doveva essere preservata comunque perchè era (ed è) lo scrigno del risparmio italiano, oltre ovviamente essere la partecipazione più importante della merchant bank milanese. Certamente, Franco Caltagirone ha ottenuto un risultato importante compattando intorno a sè tutti i grandi soci italiani, certamente la rivalutazione del titolo lo ripaga dell’ingente sforzo finanziario ma si aspettava maggiore adesione dai fondi esteri, cosa che non è evidentemente riuscita soprattutto a Claudio Costamagna, candidato presidente, e a Luciano Cirinà, candidato al posto di Donnet.

 

Un ticket evidentemente giudicato debole e non in grado di imporre alla compagnia il cambio di passo che l’editore del Messaggero prometteva, visto anche che Cirinà aveva contribuito a costruire il piano industriale della lista del Cda.

Di fatto Mediobanca, dopo Cuccia e Maranghi con la gestione di Nagel e Pagliaro è riuscita ad internazionalizzarsi bene e a costruire relazioni importanti con il mercato, anche se l’influenza dei francesi sbarcati nell’azionariato agli inizi degli anni Duemila è stata sensibile. Ora, forti del fatto di aver conservato Generali all’interno del proprio perimetro, i due ex “ragazzi” di Maranghi devono fronteggiare Leonardo Del Vecchio, tuttora amareggiato per essere stato respinto quando voleva entrare nella compagine dello Ieo (l’eccellenza oncologica milanese controllata da Mediobanca) e che ora ha il 20 per cento delle azioni della merchant e vorrebbe essere autorizzato dalla Bce a salire ancora.

 

Toccherà a lui infatti, come primo azionista privato, fare da frontman nella battaglia finanziaria di autunno, così come Caltagirone ha fatto con Generali in quella di primavera. Ma questa volta non sarà un affare privato tra Del Vecchio e Nagel, anche se le azioni contano e poi si pesano anche come diceva Cuccia (che invece voleva solo pesarle): altri protagonisti della finanza italiana, in primo luogo Carlo Messina e Intesa San Paolo ma anche l’Unipol saldamente in mano a Carlo Cimbri, non saranno solo spettatori come è avvenuto con la partita delle Generali. E conterà anche il fattore generazionale, che salda i sessantenni della finanza milanese rispetto ai grandi vecchi che hanno oltre vent’anni di più, anche se li portano benissimo.

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