rischio nucleare

L’Iran alza la posta in gioco: oltre alle proteste c’è l’uranio

L’allarme è arrivato dall’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia: “Avviata la produzione nell’impianto di Fordow”. Condanna dall’Europa e dagli Usa

L’Iran alza la posta in gioco: oltre alle proteste c’è l’uranio

 

Non bastavano le proteste e le violenze che ormai da tre mesi scuotono la Repubblica islamica. Mentre proseguono gli arresti dei manifestanti, con cortei e repressioni anche violente che si sono estese al Kurdistan iraniano sconfinando in Iraq, arriva un’altra notizia che desta la preoccupazione mondiale. L'Iran ha avviato la produzione di uranio arricchito al 60% nel suo impianto di Fordow, a nord-est della città di Qom. A renderlo noto è stata l’Aiea, l'Agenzia internazionale per l'energia atomica.

Immediata la reazione dei Paesi occidentali, primi tra tutti quelli europei.

 

Il duro commento dei leader europei: “Non c’è giustificazione credibile”

Da Regno Unito, Germania e Francia sono arrivate reazioni immediate, che non potevano essere che di condanna per un’attività che, secondo i governi di Londra, Berlino e Parigi non ha "alcuna giustificazione civile credibile" ed è "una sfida al sistema globale di 'non proliferazione'".

 

I leader del gruppo cosiddetto 'E3', cioè i tre paesi europei che seguono le attività in Iran, considerano l’arricchimento dell'uranio fino al 60 per cento nell’impianto di Fordow come una sfida: “L'Iran ha compiuto ulteriori passi significativi nello svuotamento del JCPoA", hanno affermato in riferimento all’accordo sul nucleare del 2015, di cui la sigla è un acronimo.

 

Preoccupazione anche dagli Usa

La notizia è arrivata anche a Washington, da dove la Casa Bianca ha espresso "profonda preoccupazione" per i progressi del programma nucleare iraniano.

L’Amministrazione Biden, però, cerca di seguire la strada della prudenza e precisa di non poter confermare la notizia che Teheran ha avviato per la prima volta la produzione di uranio arricchito al 60% nell'impianto sotterraneo di Fordow.

Proteste in Iran (che arrivano ai Mondiali di calcio)

Intanto non si fermano le proteste in Iran, nate dopo la morte di Mahsa Amini e arrivate anche ai Mondiali di calcio in Qatar. Nessuno degli 11 giocatori in campo, nella prima partita del torneo, ha cantato l'inno prima del match contro l'Inghilterra.

Si è trattato di una chiara espressione di solidarietà della squadra con le proteste in corso nel Paese da oltre due mesi per chiedere maggiori libertà e la fine della Repubblica islamica.

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