Leadership che cambiano

L’urto della successione ai vertici del Pd. Ma pure nel Carroccio…

La sfida Bonaccini-Schlein ormai è avviata. Intanto nella Lega è in atto una battaglia sotterranea. Le acque in cui naviga Salvini si fanno più insidiose

L’urto della successione ai vertici del Pd. Ma pure nel Carroccio…

E’ risaputo che per il Partito democratico si avvicinano settimane in cui il confronto congressuale entrerà nel vivo. Le due candidature pronte a catalizzare la dialettica interna sono sostanzialmente quelle di Stefano Bonaccini per l’area popolare e riformista e di Elly Schlein a sinistra. Quest’ultima, oltre ad aver incassato l’appoggio di Area dem di Dario Franceschini, sembra che nelle ultime quarantotto ore abbia messo a segno un paio di colpi niente male. Che la favoriranno, e non poco, nella sfida contro il governatore dell’Emilia Romagna. 

 

Con ogni probabilità l’ala più a sinistra del partito sosterrà (anche perché non ha molte alternative) la neo-deputata che oggi prenderà la tessera del Pd nello storico circolo della Bolognina. Per la prima volta l’ex ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha parlato di “consonanza di toni” con Elly. Segno che certe remore del ministro e dei suoi sostenitori sono in procinto di essere messe da parte. Insomma, Schlein con il passare dei giorni, rafforza la sua candidatura alle primarie del Pd, allargando anche i confini della sua visibilità a livello nazionale. Un fattore molto importante che potrebbe attrarre i tanti delusi che il 25 settembre hanno preferito non andare a votare, o non votare il Pd proposto da Enrico Letta.

 

Ad ogni modo è da considerare che la successione al vertice potrebbe non essere indolore aprendo uno squarcio in quella che molti definiscono una federazione di correnti più che un partito vero e proprio. Non si sbaglia a pensarlo. Perché questa è la debolezza riconosciuta un po’ da tutti alla formazione nata nel 2007 e che in 15 anni ha visto al timone 9 diversi segretari, dieci se si considera il bis di Renzi. Dunque, non sarà semplice. Chiunque sarà segretario dovrà lavorare soprattutto per garantire l’unità del partito. Schlein rassicura che in caso di sconfitta non lascerà il Pd e ribadisce: “Nessun rischio di scissione”. 

 

Me se in casa dem il treno del percorso congressuale sta partendo alla luce del sole, c’è un partito in cui è in atto una contrapposizione sotterranea (per ora), che potrebbe lacerare l’attuale dirigenza. Stiamo parlando della Lega. Ben lontana dai fasti del 2019, quando alle europee toccò punte del 34%, la Lega per Salvini premier sconta la presenza al suo interno di una rinvigorita fronda bossiana. Che starebbe lavorando a un progressivo e ulteriore indebolimento del ministro delle Infrastrutture, nonchè vice presidente del Consiglio. Per adesso nessuno esce allo scoperto. Massimiliano Fedriga, anche ieri, incalzato sull’argomento, ha dichiarato di aspirare solo a ricandidarsi alla guida del Friuli Venezia Giulia. Nient’altro.

 

L’altro superfavorito, il governatore del Veneto, Luca Zaia, non proferisce parola sull’argomento. Ma il partito è in mezzo al guado. Il passaggio clou, quello che tutti aspettano, è a febbraio, quando si terranno le elezioni regionali in Lombardia, roccaforte leghista e, diremmo, salviniana. Se dopo il calo vertiginoso di consenso del 25 settembre Fratelli d’Italia continuerà ad accaparrarsi altri voti della Lega e si prefigurasse un nuovo flop, Salvini difficilmente reggerà il colpo. D’altronde Attilio Fontana, il presidente uscente, è un ‘suo’ candidato. Nel partito c’è chi aspetta al varco il governatore, ma soprattutto il ‘capitano’. Che da qualche tempo non è più nelle grazie di Bossi, né di tanti militanti della prima ora. 

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