Dalla Commissione europea

Ue, raffica di procedure di infrazione e messe in mora per l’Italia

Sono cinque e vanno dalle violazioni sulle norme dei lavoratori stagionali ai ritardi di pagamento della Pa fino alla normativa antiriciclaggio e disabilità

Ue, raffica di procedure di infrazione e messe in mora per l’Italia

Raffica di procedure di infrazione e messe in mora per l’Italia da Bruxelles per una serie di violazioni alle norme Ue, a cui il nostro Paese dovrà presto mettere riparo. Ieri la Commissione europea nel suo consueto lavoro di controllo ha inviato trentadue lettere di messa in mora a dieci Paesi Ue inadempienti. A noi sono state ascritte ben cinque procedure che vanno da quelle sui lavoratori stagionali al lavoro precario anche di insegnanti e operatori sanitari nel settore pubblico, passando per le regole sui ritardi di pagamento della pa e la normativa antiriciclaggio. Roma ha ora due mesi per rispondere alle argomentazioni dell’esecutivo Ue. 

 

Gli stagionali

La prima procedura d’infrazione evidenziata dalla Commissione Ue all’Italia è per non aver pienamente recepito la direttiva comunitaria sui lavoratori stagionali, volta ad assicurare condizioni di vita e di lavoro dignitose, pari diritti e una tutela sufficiente dallo sfruttamento. “Garantire il pieno rispetto della direttiva è un presupposto importante per attrarre nell’Ue la manodopera necessaria per il lavoro stagionale ed eventualmente anche per contribuire a ridurre la migrazione irregolare“, evidenzia Bruxelles.

 

Antiriciclaggio

La seconda procedura d’infrazione riguarda il mancato corretto recepimento della direttiva Ue in materia di antiriciclaggio. Il nostro Paese, insieme a Lettonia e Portogallo, «avevano notificato il pieno recepimento delle norme comunitarie, ma la Commissione europea ha individuato diversi casi di mancata conformità su aspetti ritenuti fondamentali – come, nel caso dell’Italia - la licenza o regolamentazione dei prestatori di servizi», decidendo pertanto di inviare alle autorità nazionali una lettera di messa in mora. 

 

Lavoratori a tempo determinato nel settore pubblico

La Commissione europea ha inviato un parere motivato all'Italia - secondo stadio della procedura d'infrazione, dopo la prima lettera di costituzione in mora inviata alle autorità italiane nel luglio 2019, seguita da una lettera complementare di messa in mora nel dicembre 2020  – in merito ai lavoratori a tempo determinato nel settore pubblico. Bruxelles obbliga gli Stati membri a disporre misure atte a prevenire e sanzionare l'utilizzo abusivo di contratti o rapporti di lavoro a termine. 

 

Circa la normativa italiana, questa, «non impedisce né sanziona in misura sufficiente l'utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato in successione per diverse categorie di lavoratori del settore pubblico e in particolare: insegnanti e personale amministrativo, tecnico e ausiliario della scuola pubblica, operatori sanitari, lavoratori del settore dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica e del settore operistico, personale degli istituti pubblici di ricerca, lavoratori forestali, personale volontario dei Vigili del fuoco». 

 

Inoltre, alcuni di questi lavoratori «hanno anche condizioni di lavoro meno favorevoli rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato, situazione che costituisce una discriminazione e contravviene al diritto dell'Unione».

 

Ritardi di pagamento

Nella lettera inviata a Roma, Bruxelles fa riferimento alla legislazione nazionale che «costituisce una violazione della direttiva sui ritardi di pagamento, poiché prevede l'estensione del termine di pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni oltre i termini previsti» dalla normativa, ossia entro 30 giorni.

Nel mirino della Commissione in particolare le disposizioni che consentono alla Regione Calabria di effettuare pagamenti nel settore sanitario al di là dei limiti temporali fissati dalla direttiva, che obbliga le Pa a pagare le fatture entro 30 giorni (o 60 giorni per gli ospedali pubblici).

 

Disabilità

Quinta ed ultima procedura di infrazione per Italia, Danimarca ed Estonia, per non aver recepito la direttiva sull’accessibilità dei prodotti e dei servizi per le persone con disabilità. L'Italia ha ora 2 mesi per rimediare alle carenze.

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