«la madre di tutte le riforme»

Meloni vara il premierato ma sentenzia: «Non mi gioco il governo»

Approvata la riforma del premierato, che prevede l’elezione diretta del capo del governo. La premier: se non passerà al referendum non mi dimetterò

Meloni vara il premierato ma sentenzia: «Non mi gioco il governo»

Il governo approva il premierato: Meloni: «Non è una scommessa, gli italiani decideranno». Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera alla riforma costituzionale che introduce l’elezione diretta del capo del governo, il premio di maggioranza, la norma anti-ribaltone e l’abolizione dei senatori a vita. La leader della destra: «Oggi diciamo basta ai giochi di palazzo, restituiamo ai cittadini il loro legittimo diritto di decidere da chi essere governati». Ma assicura: «Non metto in gioco il mio mandato, se la riforma non passa non mi dimetto».

 

Il premierato, la riforma-bandiera del centrodestra

Ieri è stato un giorno storico per il governo guidato da Giorgia Meloni, la prima donna premier e leader della destra italiana. In una Sala Polifunzionale di Palazzo Chigi gremita di giornalisti e sotto una pioggia incessante, la presidente del Consiglio ha annunciato l’approvazione della riforma costituzionale che introduce il premierato, «la madre di tutte le riforme».

Si tratta di un testo di cinque articoli che cambia radicalmente il funzionamento delle istituzioni, dal modo di eleggere il capo del governo alla composizione del Parlamento, passando per il ruolo dei ministri e dei senatori a vita. «Oggi diciamo basta ai giochi di palazzo, restituiamo ai cittadini il loro legittimo diritto di decidere da chi essere governati e diamo maggior stabilità e credibilità alle nostre istituzioni», dichiara Meloni, affiancata dai vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani e da altri ministri del suo esecutivo. Si tratta di una promessa elettorale mantenuta, sottolinea la premier, ma anche di un atto di responsabilità verso il Paese.

 

Come funziona il premierato

La riforma prevede che il premier sia eletto direttamente dai cittadini, insieme al Parlamento, su una sola scheda. Il leader del governo avrà il potere di nominare e revocare i ministri, senza il bisogno della fiducia parlamentare. Inoltre, il premier avrà un premio di maggioranza garantito dalla Costituzione: il 55 per cento dei seggi alla Camera e al Senato andrà alla coalizione che lo sostiene. Per evitare i ribaltoni di maggioranza, la riforma stabilisce che se il premier perde la fiducia, il presidente della Repubblica può affidargli nuovamente l’incarico o può nominare un altro parlamentare della stessa maggioranza che porti avanti lo stesso programma elettorale. In caso contrario, si torna al voto.

Infine, la riforma abolisce i senatori a vita, tranne quelli attuali e i presidenti emeriti della Repubblica.

 

Il percorso della riforma e il rapporto con il Quirinale

La riforma costituzionale ora dovrà affrontare un lungo e tortuoso iter parlamentare, tra Camera e Senato, dove dovrà ottenere la maggioranza assoluta dei voti in entrambe le Camere. Se la riforma sarà approvata in via definitiva, sarà sottoposta a referendum confermativo, senza quorum, entro tre mesi dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

Meloni assicura che il governo è aperto al confronto con le opposizioni e che la riforma non intacca i poteri del presidente della Repubblica, che resta il garante della Costituzione e delle istituzioni. La premier rivela anche che c’è stata un’interlocuzione con gli uffici del Quirinale, che ha espresso alcune osservazioni sul testo.

 

Meloni: «Non è una scommessa, gli italiani decideranno»

Meloni respinge le accuse delle opposizioni, che definiscono la riforma un «accrocchio pasticciato» e una «scommessa personale» della premier. La leader della destra dice di non aver paura del giudizio degli italiani e di non mettere in gioco il suo mandato. «C’è chi si è dimesso dopo aver detto ‘se perdo il referendum mi dimetto’. Io ho detto una cosa molto diversa: ho fatto quello che dovevamo fare, che è scritto nel mio programma, faccio la riforma, la consegno agli italiani e sono gli italiani che decidono», afferma Meloni. La premier aggiunge che il destino del premierato «nulla ha a che vedere» con il futuro del suo governo, che continuerà a lavorare per il bene del Paese. Meloni ammette però di aver preferito una soluzione più radicale: «Io ero favorevole alla soluzione “simul simul”, tornare subito alle urne in caso di sfiducia». Ma si dice comunque soddisfatta del risultato raggiunto, che definisce un passo per entrare «nella Terza Repubblica».

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