Una scelta strategica

Italia-Cina, addio alla Via della Seta: le ragioni e le conseguenze

Il memorandum d’intesa sulla Belt and Road Initiative, caldeggiato dal Conte 1, non è stato rinnovato dal governo italiano. Tajani: nessuna convenienza

Italia-Cina, addio alla Via della Seta: le ragioni e le conseguenze

L’Italia ha deciso di uscire dalla Via della Seta, il progetto di cooperazione infrastrutturale promosso dalla Cina per rafforzare i suoi legami economici con l’Europa, l’Africa e l’Asia. Lo ha fatto con una nota inviata nei giorni scorsi all’ambasciata di Pechino, in cui ha espresso la volontà di non rinnovare il memorandum d’intesa firmato nel 2019 dal primo governo Conte. Si tratta di una scelta strategica, motivata da ragioni economiche e geopolitiche, che segna una svolta nelle relazioni bilaterali tra i due Paesi.

 

Cos’era il memorandum sulla Via della Seta

Il memorandum d’intesa tra Italia e Cina era stato siglato il 23 marzo 2019, in occasione della visita a Roma del presidente cinese Xi Jinping. Si trattava di un documento non vincolante, che prevedeva la collaborazione tra i due Paesi in vari settori, tra cui infrastrutture, energia, telecomunicazioni, trasporti, finanza e cultura. L’Italia era stata il primo e unico Paese del G7 ad aderire alla Belt and Road Initiative (BRI), l’iniziativa lanciata da Xi nel 2013 per creare una rete di infrastrutture che collegasse la Cina con il resto del mondo. Il memorandum aveva una durata di cinque anni, con possibilità di rinnovo, e prevedeva una revisione annuale dei progressi. Il governo guidato da Giorgia Meloni doveva quindi decidere se prorogarlo o meno entro la fine del 2023.

 

Perché l’Italia ha lasciato la Via della Seta

La decisione di non rinnovare il memorandum è stata presa dopo una serie di incontri tra i rappresentanti dei due Paesi, in cui è stata ribadita l’importanza del partenariato strategico tra Italia e Cina, ma anche la necessità di rivedere le modalità di cooperazione. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha spiegato che l’accordo sulla Via della Seta “non era vantaggioso per noi in prospettiva perché Germania e Francia hanno avuto un fatturato superiore al nostro” . Tajani ha aggiunto che “non c’è nulla di negativo nei confronti della Cina” e che “procediamo come abbiamo sempre proceduto, tutto va avanti” . Tra i motivi che hanno spinto l’Italia a uscire dalla BRI ci sono anche le pressioni degli alleati europei e statunitensi, che vedono con preoccupazione l’influenza crescente della Cina nel continente e nel mondo. 

 

Quali saranno le conseguenze della scelta italiana

L’uscita dell’Italia dalla Via della Seta non significa la fine delle relazioni economiche e diplomatiche con la Cina, che resta un partner commerciale fondamentale per il nostro Paese. Tuttavia, la scelta italiana potrebbe avere delle ripercussioni sul piano dei progetti concreti di cooperazione, soprattutto in ambito infrastrutturale. Alcuni accordi già stipulati, come quello tra il porto di Trieste e la China Communications Construction Company, potrebbero essere messi in discussione o rallentati. Altri, come quello tra il porto di Genova e la China Merchants Group, potrebbero essere rivisti in termini più equilibrati e trasparenti. 

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